Note su I demoni di Dostoevskij

di Sandro Marano

 

Fëdor Dostoevskij scrisse I demoni tra il 1870 e il 1872 pubblicandolo a puntate sulla rivista “Il messaggero russo”. Il romanzo non ha solo un valore artistico-letterario ma anche uno straordinario valore filosofico.

Innanzitutto, I demoni è un romanzo corale. I personaggi, sia quelli maggiori sia quelli minori, sono ritratti con grande efficacia, a tutto tondo, sono vivi, palpitanti, autentici. Attraverso le parole del cronista narratore il lettore si immerge nell’atmosfera storica, sociale, culturale della Russia di fine Ottocento e segue, come in un film, i loro dialoghi, le loro azioni, i loro pensieri più riposti.

 

Nietzsche e Dostoevskij

La profondità dell’analisi psicologica di Dostoevskij fu apprezzata dal filosofo Nietzsche al punto che ne Il crepuscolo degli idoli scrisse che Dostoevskij «è l’unico psicologo da cui avrei qualcosa da imparare». Nietzsche, d’altro canto, lo considerava “un suo valido avversario” (Gianlorenzo Pacini). La sua morale aristocratica si contrapponeva alla morale cristiana del romanziere russo. La figura di Cristo, nei cui confronti il filosofo tedesco aveva un rapporto di amore-odio, lo legava però con un filo sottile a Dostoevskij.

Quel che soprattutto gli interessava è il grande tema del nichilismo.  Nietzsche aveva ricopiato su un quaderno vari passi del romanzo, in particolare quelli riguardanti Stavrogin, in cui vedeva rappresentato il perfetto nichilista. In un commento al personaggio di Stavrogin Nietzsche aveva scritto: «La coerenza appartiene al nichilista. Intorno a questo tempo egli si abbandona alla dissolutezza. Non si sottovaluti la logica di ciò, bisogna essere filosofi per capirlo. Le idee sono illusioni, le sensazioni sono la realtà ultima (…). È la suprema fame di verità che consiglia la sregolatezza». È d’altronde famoso il giudizio su Stavrogin che, forse con una lieve nota ironica, dà nel romanzo un altro personaggio, Kirillov: «Stavrogin se crede, non crede di credere. Se invece non crede, non crede di non credere».

 

 Il nichilismo nel romanzo

C’è subito da precisare che nel romanzo Dostoevskij affronta il tema del nichilismo non in astratto, non teoricamente, ma incidendolo, per così dire, nella carne e nel sangue dei personaggi, uomini tormentati e sofferenti, dominati da una loro parziale unilaterale verità. Il nichilismo, per Dostoevskij, è la perdizione di chi ha perso Dio.

Di più, per il romanziere russo, c’è una filiazione diretta tra il pensiero liberale e progressista e il nichilismo. L’essenza che li accomuna è l’individualismo. L’individuo, che non riconosce alcunché sopra di sé, che si arroga il diritto di legiferare sul mondo e non ammette limiti nel modificare il mondo, non è forse il prototipo del perfetto nichilista?

«È la nostra stessa idea – dice nel romanzo il liberale Stepan Trofimovic, padre del nichilista Pëtr Stepanovic – quella che noi per primi abbiamo seminato, coltivato, preparato, e cos’altro potrebbero dire di nuovo questi altri, dopo di noi? Ma, Dio mio, com’è espresso tutto ciò, com’è stato travisato e mutilato!».

 

I tre aspetti del nichilismo

Nel romanzo sono rappresentati tre aspetti del nichilismo. C’è il nichilista “politico”, quello più “filosofico” e quello etico-esistenziale. Il primo è raffigurato da Pëtr Stepanovic, il rivoluzionario privo di scrupoli, che non arretra dinanzi all’omicidio, che antepone a tutto la propria ambizione e la propria volontà di potenza. Pëtr Stepanovic  concorda col dottrinario Sigalëv che l’unica soluzione al problema del futuro assetto sociale, se si vuole garantire l’eguaglianza e impedire agli uomini superiori di emergere, è data da un illimitato dispotismo: «Tutti sono schiavi e sono uguali nella schiavitù. Nei casi estremi si ricorre alla calunnia e all’omicidio, ma l’essenziale è l’uguaglianza. (…) Gli uomini superiori (…) bisogna scacciarli o giustiziarli. A Cicerone si taglia la lingua, a Copernico si cavano gli occhi, Shakespeare viene lapidato». Sembra qua prefigurato il terrore stalinista.

Il nichilista “filosofico” è Kirillov, che tutta la vita è stato tormentato dal problema dell’esistenza di Dio e conclude per la negazione di Dio e per l’affermazione della libertà dell’uomo: «Ci sarà un giorno l’uomo nuovo, felice e superbo. L’uomo nuovo sarà quello a cui risulterà indifferente vivere o non vivere (…) L’uomo non ha fatto altro che inventare Dio per vivere e per non uccidersi, in questo sta tutta la storia dell’umanità fino ad oggi».

Ma la conclusione che ne trae è in un certo qual modo aberrante: solo il suo suicidio “metafisico” può provare la verità della sua negazione di Dio. Notiamo, per inciso, come l’incipit de Il mito di Sisifo del romanziere e filosofo esistenzialista Camus: «Vi è solo un problema filosofico veramente serio: quello del suicidio», è un esplicito tributo al ragionamento di Kirillov.

La figura contraddittoria di Stavrogin rappresenta infine il nichilista etico-esistenziale. È lui l’ispiratore degli altri nichilisti per la sua coerenza di fondo. La sua cifra è l’indifferenza. Non è caldo né freddo. Nulla lo entusiasma. Nella lettera a Dar’ja Pavlovna, poco prima del suicidio scrive: «posso desiderare di compiere una buona azione e ciò mi procura piacere; al tempo stesso desidero compierne una malvagia e anche in questo caso provo piacere. Ma sia l’uno che l’altro sentimento, adesso come prima, sono sempre troppo meschini, e non capita mai che siano forti».

Se nel duello risparmia la vita a Gaganov, che lo odia ferocemente, mancando appositamente i colpi di pistola, non si perita poi di confessare nella lettera confessione che consegna al monaco Tichon le peggiori abiezioni, come lo stupro di una ragazzina indifesa e il suo mancato intervento per impedirne il suicidio. È questa tra le pagine più sconvolgenti del romanzo per la loro crudezza e non per niente furono rifiutate dalla redazione della rivista per timore della censura. A nulla giova perfino il bonario rimprovero del vescovo Tichon che, contrariamente a quanto lui pensa, gli dice: «l’assoluto ateismo è più rispettabile dell’indifferenza mondana».

Stavrogin ha abbandonato da tempo la ricerca di qualcosa di divino o di trascendente nell’uomo. Dostoevskij a questo proposito usa una bella metafora: «la strada maestra è qualcosa di interminabilmente lungo, di cui non si vede la fine, proprio come la vita di un uomo, o come il sogno di un uomo. Nella strada maestra è contenuta un’idea, ma che razza di idea può esserci in una vettura di posta?».

 

La figura di Satov

Un’ultima annotazione riguarda la figura di Satov, lo studente che dopo aver professato idee socialiste e averle rinnegate per abbracciare le teorie del nazionalismo slavo viene per questo assassinato dai suoi compagni capeggiati da Pëtr Stapanovic.

Dostoevskij nel tratteggiare questo personaggio si era ispirato a fatti realmente accaduti, all’affaire Necaev, il rivoluzionario russo che aveva messo su un’associazione clandestina ispirata alle idee di Bakunin con lo scopo dichiarato di sovvertire l’ordine costituito.

Lo scrittore russo guarda con una certa simpatia a questo personaggio. Non è un caso se gli mette in bocca la sua professione di fede in Cristo: «ma non è stato lei a dirmi che, se le fosse stato matematicamente dimostrato che la verità era fuori di Cristo, lei avrebbe preferito restare con Cristo piuttosto che con la verità?». Di più. Satov esprime per certi versi anche il credo politico del romanziere russo: «colui che perde il legame con la sua terra, perde anche i suoi dei, e cioè tutti i suoi scopi». Tuttavia l’onda lunga del nichilismo non risparmia nemmeno Satov. Il suo fervore slavofilo si spinge troppo oltre, fino a fare di Dio (nel quale probabilmente non crede) solo uno strumento di potenza del proprio popolo.

Il tema del nichilismo sarà poi ripreso da Dostoevskij e troverà la sua più compiuta espressione nel suo capolavoro I fratelli Karamazov, cui lavorò dal 1877 al 1881 (anno della sua morte). Stavrogin anticipa potentemente Ivan Karamazov. Da allora il nichilismo ha compiuto passi da gigante: da teoria di piccole èlite è diventato purtroppo la “religione” di massa del nostro tempo.

 

Lascia un commento