Ci sono formiche sperdute? di Bruno Pompili, Di Felice Edizioni, 2025
di Massimo Del Pizzo
Titolo singolare per una singolare, straordinaria raccolta di nuovi racconti di Bruno Pompili; tre testi che sono ora presentati, in una elegante vesta grafica, dalla Di Felice Edizioni, di Martinsicuro, nella Collana “Racconti Zeta”, diretta da Daniele Cavicchia, dedicata al racconto breve, e che conta, con questa, tredici opere. Casa editrice, la Di Felice, ben nota e ben attiva, sempre attenta e squisitamente ospitale verso gli autori di racconti. Così trascurati, in genere, dalla editoria italiana.
Ci sono formiche sperdute? ricorda forse, un po’, ma solo quanto al titolo, Gli androidi sognano pecore elettriche? di Ph. K.Dick. Una calcolata “distorsione”? Una raffinata, mimetizzata “citazione”? Conoscendo la narrativa di Bruno Pompili, sappiamo che è possibile, verosimile. Se non certo: ci sono molte cose raffinatamente mimetizzate nei suoi testi. Sappiamo anche, del resto, che l’autore è stato (e forse è ancora ogni tanto, o magari sarà) lettore di science fiction.
In uno dei tre racconti della raccolta, Gli architetti della memoria, dopo la città, il lettore troverà una personalissima e originale fantascienza della memoria e una memoria della fantascienza. Lo possiamo affermare, al di là di ogni ragionevole dubbio… Quale tipo di fantascienza, lo diremo tra poco.
Torniamo al titolo: sulle prime questo scelto sembra rendere difficile, se non impossibile, la comprensione del suo rapporto col testo. Subito, però, fin dal risvolto di copertina, tutto si fa più chiaro, infatti, l’autore generosamente rivela il gioco, palesando così anche il progetto letterario. Lo citiamo per intero:Questi racconti contengono luoghi e tempi che le persone non riescono a mettere in ordine: la loro percezione è falsata in percorsi senza senso evidente (Il disegno del sole), al confuso limite dell’esistenza (Gli architetti della memoria), o in dubbie memorie storiche (Trittico corinzio). Forse anche le formiche si disorientano, alla sera.
Ecco rivelati così anche i titoli di ciascun racconto. Dove troviamo “non accadimenti”o piuttosto accadimenti distorti, alterati, metamorfizzati: ora dal sogno, ora dalla memoria, ora dal mistero che si cela nel semplice esistere e nella impossibilità di raccontare tutto e di comprendere o svelare la realtà: “e io adesso non so/ se sto entrando/ in un sogno/ o in un pensiero”, o “il vento sfoglia il libro/ perduto/è bene che resti/ bianco”, leggiamo in Gli architetti della memoria, dove si legge anche: “A questo punto dovrei chiedermi chi sono io. Forse sono da inventare i ricordi”.
Un universo narrativo dove le trame sono, per così dire (e per fortuna, diciamo noi), esili, quando non del tutto inesistenti. Lo diceva Federigo Tozzi: “Io dichiaro di ignorare le trame di qualsiasi romanzo; perché a conoscerle, avrei perso tempo e basta. La mia soddisfazione è di poter trovare qualche pezzo dove sul serio lo scrittore sia riuscito ad indicarmi una qualunque parvenza della nostra fuggitiva realtà”.
Nelle “imperfette” trame di questi racconti, si muovono personaggi dai nomi imperscrutabili: ricordiamo, uno fra tutti, in Il disegno del sole, almeno Ergo Walmdeck, che qualcuno, nel corso della narrazione, tanto per complicare le cose, storpia in Ergo Vlaldec. Nomi il cui significato è inaccessibile ai più, ma non ai loro portatori o al loro inventore. Così almeno speriamo noi lettori: ma la scrittura di Pompili è piena di segreti. Lo sa chi ha conosciuto le altre sue opere di narrativa: da L’ordine dello scarabeo (Palomar1995), Il profumo di Dick Moby.Riflessioni di una balena (Priamo 1996), Treni, CRAV – B.A. Graphis 2002), passando necessariamente per Animali della quinta notte (Carabba 2007), Lo sguardo e il velo e L’ospite monco (entrambi da Carabba ed entrambi nel 2008), I racconti del viandante zoppo (Ianieri 2017), fino ai più recenti Il sentiero del sarago (Manni 2020), e Il fratello lontano (Manni 2021). Lo stesso si può dire dei racconti pubblicati su rivista e su blog e dei testi teatrali che qui ci piace ricordare: Tre giochi con teatro (CRAV – B.A. Graphis 2000).
Ma si parlava di lettori attenti e curiosi: resi attenti cioè dalla preziosità della lingua narrata e resi curiosi dalle molte invenzioni che circolano in quello che possiamo definire un mondo narrativo di certo non convenzionale, nel quale appunto le “convenzioni” di un genere letterario sono, ad arte e con consumata perizia narrativa, stravolte, reinventate, o rifiutate.
Abbiamo sempre creduto (e qualche volta c’è stata occasione di affermarlo pubblicamente), che lo scrittore debba essere infedele e inattuale. L’artista deve consumare il proprio necessario “tradimento” nei confronti della tradizione e dunque dei generi. Così deve fare e sa ben fare qui l’Autore, col tesoro di parole di cui riesce a disporre, con l’invenzione di sempre nuovi rapporti.
Questo vale per altri testi di Pompili citati, ma anche, per quanto ci interessa ora, per i racconti qui raccolti, dove la negazione del già detto e del già letto è pienamente realizzata. E, dunque, vale per il fantastico che si nasconde nel primo, per la presunta fantascienza reinventata nel secondo e per il neomitologismo (come chiamarlo? Non sappiamo se l’autore approverà questa definizione, ma lo speriamo) del terzo.
Forse si disorienteranno le formiche: rosse o nere? Rosse, si direbbe, stando a quelle che appaiono nella bellissima copertina dove ammiriamo una Moebius strip-animation di @rosarialenda (frame). Le formiche si disorientano, dunque (attenzione però, come è detto, forse e solo alla sera), ma non i lettori, se riusciranno a seguire i segni, o segnali, disseminati con cura e sapienza, con ironia anche, un po’ occultati o camuffati magari, ma comunque esistenti, lungo questi “percorsi senza senso evidente”. In questi racconti, allora, oltre alle misteriose, forse imprendibili formiche, è la “fuggitiva realtà” quella che il lettore deve inseguire.
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