Il confine della vergogna di Michèle Pedinielli e Valerio Varesi, Edizioni le Assassine, 2025

Redazione

 

 Leonardo Morandi, un contrabbandiere franco-italiano, viene trovato morto in montagna. Il suo viso sfigurato rende inizialmente difficile il riconoscimento: unica traccia lo scontrino di un negozio di Bardonecchia per l’acquisto di un piumino piuttosto costoso, speciale per il freddo intenso. A scoprire il suo corpo è un escursionista francese, Jean Pelissier. Nel frattempo, un giovane burkinabé, che stranamente sta cercando di tornare in Italia quando ormai aveva superato l’agognato confine, viene ritrovato mezzo assiderato in alta quota. Spiegherà che il suo gruppo è stato braccato e catturato dalle forze dell’ordine francesi che lo aspettavano, probabilmente a seguito di una soffiata. L’indagine condotta da un ispettore di polizia di Lione mette in luce un traffico di sigarette su larga scala proveniente dall’Albania, ma non solo: in parallelo ha luogo un vero e proprio traffico di esseri umani. Trovare i collegamenti e la soluzione su quanto succede alla frontiera alpina tra Italia e Francia non è un compito semplice, per cui sarà necessaria la collaborazione delle forze dell’ordine di entrambi i Paesi, anche se non mancheranno sorprese su entrambi i versanti.

 «Non c’è niente di più triste di una stagione agli sgoccioli su in quota. Gli ultimi escursionisti bagnati e frettolosi nelle già brevi giornate di fine settembre, le nuvole basse a nascondere le cime e i preparativi per la chiusura del rifugio immalinconivano la fine dell’estate. La montagna tornava in solitudine dopo aver concesso i suoi sentieri ancora chiazzati di neve fin da maggio. La domenica successiva sarebbe stato il giorno del congedo. Remo Brusotti, il gestore, completava le ultime operazioni con lo stesso stato d’animo di una ritirata. Carmela Cosentino era invece allegra. Giovane e del sud, non vedeva l’ora di scendere da quei monti freddi e ormai senza più nessuno a percorrerli. Passava lo straccio sui tavoli canticchiando mentre dalla cucina arrivava un sottofondo di stoviglie accatastate. Ancora due giorni e sarebbe tornata nel tepore della costa amalfitana, dopo mesi di clausura. “Qui, settembre è come novembre giù a valle” borbottò Brusotti, pensando alla sua Milano e scrutando il salone dove mangiavano in silenzio tre escursionisti, all’apparenza tedeschi, in un arcipelago di tavoli vuoti. La luce era scarsa, l’atmosfera un po’ cupa e fuori la roccia grigia impregnava dello stesso colore il paesaggio. Alla fine anche Brusotti, che pur amava quei monti, si rassegnò a considerare la chiusura come un sollievo. Pensava di nuovo a Milano ancora immersa nella fine dell’estate coi Navigli pieni di gente che, chiusa la parentesi vacanziera di agosto, era tornata a popolare i locali. A settembre ricominciava anche la vita mondana e culturale»

 

 

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