Daniele Giancane: La danza Azzurra nel deserto (Poesie 1969-2024) a cura di Anton Berisha, Edizioni Milella, 2025

di Cosimo Rodia

 

La danza azzurra nel deserto di Daniele Giancane è un’antologia poetica curata dal professor Anton Berisha, che oltre al saggio introduttivo ha avuto l’acume di creare otto sezioni di poesie tematicamente omogenee, trascelte dalle numerose pubblicazioni del poeta barese in più di mezzo secolo.

La prima sezione è “La magia della parola” con ventuno liriche, da cui emerge il significato di poesia per Giancane; ovvero «l’essere e l’essenza del pensiero», quella parola mediante la quale «le cose, i fenomeni assumono significati che vengono utilizzati poi nella vita, nell’azione quotidiana».

Berisha, attingendo anche dalle due splendide autobiografie giancaniane (“Il meglio di me” primo e secondo volume), esplicita la visione del poeta barese per cui «la poesia è una creatura dell’anima e della mente» in un cammino impervio. «Noi siamo di parole e viviamo di parole[…] e le parole le hanno inventate i poeti». In questa sezione troviamo la lirica “Il mio Dio è la poesia”, manifestazione inequivocabile dell’amore smisurato dell’Autore per la poesia, che le attribuisce un altissimo compito, quello d’essere «un tramite/tra universo e immagini/che mi si forma dentro all’improvviso./Io sono il braccio/che sparge l’inchiostro sulla pagina,/la mente che crea la poetica struttura,/il cuore che ascolta i ritmi segreti della vita».

Pensieri che si ripropongono in altre sezioni come in “Ritmi nascosti della vita”, in particolare con le liriche selezionate: “Il bosco cambia colore”, “Gli inventori del mondo”, “Potremmo essere felici”.

Sono momenti in cui Giancane dà sfogo al fuoco inesauribile prodotto dal bisogno di poesia, incasellando messaggi con un «pensiero elaborato» ed essenziale, e con un lavorio da «artigiano dell’anima/un pescatore di perle».

Il secondo macrotema è il sogno, che il poeta barese ha affrontato in diverse sillogi, da cui si dipana anche la tensione verso la dimensione metafisica: il poeta filtra il mondo attraverso il pensiero, le emozioni, i sentimenti, le relazioni umane. Così lo studioso di Prishtina ci guida nel pensiero poetico del Nostro, riconoscendo i caratteri del vero poeta, allorché mediante la sua parola, la sua capacità di penetrare «i profondi strati celati dell’anima umana», riesce ad intrecciare realtà, fantasia e sogno, che fusi nella lingua, si «ricavano dei significati essenziali per la vita».

Insomma, grazie alla poesia c’è la possibilità di unificare il mondo concreto con la fantasia e con il mondo dei sogni; convinzioni che traspaiono da questi incipit: «Sognavo di essere/una sarda/di mare»; «Vivrei nel sogno», «Ho mente di ragno delirante».

La poesia di Giancane «pencola» tra metafisica e sociale, ovvero tra due estremi. Così Berisha ricordando le tre voci eliotiane (quella che parla a se stesso, quella che si rivolge all’altro, quella che crea un personaggio drammatico) scrive che in Giancane prevale la voce che parla agli altri;  e parla mediante la poesia, appunto, il cui linguaggio ha la forza di creare il mondo; i messaggi poetici, infatti, condizionano la comunicazione al punto da influenzare esteticamente i destinatari; allora troviamo la sezione “Scavare nell’anima”, un serto di poesie con tante istantanee (“Coppia anziana”, “Il barista”, “Il giocatore di video-giochi”, “Il pescivendolo”, “Donna del quartiere Libertà”). Per il Nostro, l’Altro diventa il volto del mondo con cui stabilire una reciprocità. E la poesia offre infinite possibilità di esprimere e comunicare con il mondo, aggiungendo l’immaginazione e il sogno alla realtà.

L’altro macrotema è la dimensione dell’interiorità, in cui si cela tutto il patrimonio umano del poeta levantino. La poesia emerge come chiamata, richiamo divino, così scrive “La voce”.

Il poeta vuol dare conto degli aspetti della vita nelle sue varie articolazioni: sofferenza, sventure, tragedie, fallimenti, attraverso una dimensione simbolica, come nel caso della sezione “Il Cantico del mistero”, liriche dedicate alla tartaruga, simbolo del mistero della vita: «La tua corazza è il cielo stellato della sera!/L’universo curvo che circonda/il nostro misterioso andare quotidiano./Tu sei il cielo, ma il corpo tuo è la terra,/legato indissolubilmente alle radici,/agli umori sotterranei, ai segreti di Gea./Sei cielo e terra insieme:/tu sei l’unità del mondo».

Infine, Berisha crea la sezione “Il segreto della luce” in cui raccoglie liriche dalla forte pregnanza semantica, in cui sono evidenti sia la ricerca di verità, sia la continua ricerca di comunicazione con un “tu”: «Vieni/t’insegnerò/il segreto della luce»; «Tu non sai cos’è la luce/che vince ogni anfratto d’ombra»; «Cominci ad amare la luce/quando le tenebre/conquistano i fichi d’India/e il borgo silenzioso/tra gli ulivi muore».

Da attento analista, il professore kosovaro rileva come Giancane sia la risultanza delle sue letture (sia quelle narrative: Dostoevskij, Tolstoj, Cechov, Turgenev…, sia quelle poetiche: Ginsberg, Whitman, Neruda, Baudelaire, Achmatova, Jimenez) proprio secondo l’idea eliottiana che «quando un poeta parla al suo popolo, parlano anche le voci di tutti i poeti di altre lingue che lo hanno influenzato». Un’antologia sapiente, costituita da corpi omogenei, composti da liriche di periodi diversi, dal cui risultato il lettore avrà la possibilità di addentrarsi nei vari temi e macrotemi che hanno interessato il poeta levantino in più di mezzo secolo di scrittura poetica, avendo l’occasione anche di collocare questa voce meravigliosa, nel panorama della poesia contemporanea.

Da La danza azzurra nel deserto si ha la percezione del viaggio umano compiuto, di una vita dedicata interamente alla poesia, della tensione continua dell’Autore a dare voce all’anima, all’essere e che attraverso la parola poetica, attraverso le sue potenzialità semantiche e metriche, riuscire a staccare l’anima dal fluire universale e squarciare, semmai solo per un attimo, il velo di Maya.

È inevitabile iscrivere Giancane nel filone della grande tradizione europea, per cui la poesia è anche una ricerca ontologica; una ricerca di quella parte di noi legata alla radice primigenia, alla tensione verso il Bene, che è dentro di noi e che tende alla ragionevolezza, alla verità, alla giustizia: «Così lo sguardo primigenio/potrà diventare – forse -/diamante puro,/mistica parola, sogno perfetto».

 

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