L’invenzione della Selva di Bruce Bond, I Quaderni del Bardo Edizioni, 2025

Redazione

 

L’Invenzione della Selva è una raccolta di versi in cui l’Autore esplora l’universo della Natura come un regno spirituale, psicologico ed ecologico — un territorio che, a seconda delle nostre percezioni e dei nostri sentimenti, invoca ed evoca ordine, simbiosi, espansione e conservazione.

Sebbene parlare di “inventare” la Natura sembri un paradosso, il libro ambisce a riscattare la radice etimologica di “invenzione” come un “avventurarsi dentro”. Inventare come interpretare, in una nuova ermeneutica, la Natura, significa inoltrarsi nell’essenza attraverso un impegno attento e consapevole verso la natura, affermare e liberare l’espressione immaginativa non come mero riflesso della natura, ma come sua forza vitale. Ora meditativo e malinconico, ora vibrante e colmo di vita, L’Invenzione della Selva propone un modo di essere nel mondo che è al tempo stesso eternamente presente e riflessivo.

La raccolta è divisa in quattro sezioni, ognuna delle quali esplora un aspetto diverso del rapporto tra uomo e natura. La prima sezione, “Eco”, è una meditazione sulla natura come specchio dell’anima umana. La seconda sezione, “Isole dell’Artico”, è una riflessione sulla fragilità dell’ecosistema artico. La terza sezione, “Paradiso”, è una celebrazione della bellezza e della potenza della natura. La quarta sezione, “L’invenzione della selva”, è un invito a riscoprire la natura come fonte di ispirazione e di meraviglia.

Le poesie di Bond sono caratterizzate da un linguaggio ricco e suggestivo, che evoca immagini vivide e potenti. Il poeta utilizza spesso metafore e similitudini per creare un senso di meraviglia e di mistero. La natura è vista come un luogo di bellezza e di pericolo, di ordine e di caos, di vita e di morte.

 

Eco

L’altro membro di questa conversazione

è la foresta in cui siamo, quella che è qui

 

e non del tutto qui, non i boschi a noi noti

della nostra giovinezza, e perduti, e altrove.

 

Io pure ho un volto nuovo, e la piaga senza volto

su cui fluttua, il lungo isolamento per il potere

 

di salvare un oceano, o un amico a pezzi.

Proprio quando credevo d’essere, di nuovo, solo

 

gli arti m’assumono la forma di cieli in fiamme,

come fanno pianeti, e monaci, e ubriachi

 

il cui vago disagio è ardore da esser condiviso.

Persino le più belle fedi sognano il mondo

devastato che dice, lo so, io pure sono afflitto.

L’altra voce fra noi è un cambiamento certo

nel vento. E una volta, da giovane,

la sentii parlare. E nel suo parlare, ascolta.

 

 

 

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