La filosofia del pressappoco. Weininger, Sesso e carattere nella cultura del Novecento di Alberto Cavaglion, Bibliotheka, 2025

Redazione

 

Nell’ottobre 1903 muore suicida a Vienna il ventitreenne Otto Weininger, giovane intellettuale ebreo da poco convertito al protestantesimo. La sua tesi di laurea, pubblicata con il titolo Sesso e Carattere, conosce subito una rapida fortuna in tutta Europa. Enunciati sfacciatamente misogini si intrecciano a stereotipi anti-ebraici in una miscela esplosiva che fanno di Weininger un passaggio obbligato per lo studio dell’antisemitismo.

Pochi mesi prima di uccidersi, il giovane filosofo aveva intrapreso un lungo e solitario viaggio attraverso l’Italia, individuando nella melodrammaticità, nella fertilità e nel “battito del cuore” le costanti del carattere italiano. La cultura nazionale del primo Novecento aveva risposto con attenzione all’opera di Weininger: da Papini a Sibilla Aleramo, a Giacomo De Benedetti fino alla Ferrara dei fratelli De Chirico e alla Trieste di Svevo e Saba. Ricostruisce questa vicenda lo storico dell’ebraismo Alberto Cavaglion nel saggio La filosofia del pressappoco. Weininger, Sesso e carattere nella cultura del Novecento.

 Dalla Premessa di Alberto Cavaglion: Ripropongo, più di vent’anni dopo, la mia storia della «fi­losofia del pressappoco», perché mi sono accorto che le avven­ture italiane di chi ha inventato la fluidità delle forme sessuali intermedie un secolo prima di Judith Butler possano avere una qualche utilità. Vedere ingiallire le pagine scritte tanto tempo fa è come vedere un film in bianco e nero. Trasformare quel film a colori, più che straniante è patetico, una esperienza che si dovrebbe evitare: se mi sono deciso è perché credo utile de­nunciare i pericoli impliciti in ogni metafisica (del sesso o del gender fa lo stesso). Il passo da Weininger (e dal suo imitatore e traduttore italiano Julius Evola) a Judith Butler è breve, ma non fantasioso. Prima se ne prende atto, meglio è.

 

 

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