L’ORDITO DEL TEMPO – Trent’anni di poesia di Cosimo Rodia (1994-2024), Lecce, Edizioni Milella, 2025, a cura di Antonio Rodia. Prefazione di Daniele Giancane.

di Dante Maffia

 

Molto belli e interessanti i saggi di Daniele Giancane e di Pierfranco Bruni che ci accompagnano in questo viaggio ricco di sorprese, nella bellezza di un’anima che è sempre stata misurata pur avendo dato alle stampe mi sembra ventisette opere tutte ben considerate e ben accolte dal pubblico della poesia e dai critici.

Antonio Rodia fa notare, nel suo scritto introduttivo, che il nostro poeta è andato via via crescendo per dimostrare che sicuramente si nasce con il dono e con l’inclinazione dovuta, ma che è necessario lavorare, impegnarsi, confrontarsi per poter ottenere risultati di rilievo.

Infatti la poesia di Cosimo si sviluppa per fasi e trova la sua entità e la sua sostanza vera e necessaria via via che affronta argomenti diversi, quelli che egli sente vicini e che riesce a dominare con un linguaggio sempre più raffinato, sempre più sostanziato da ragioni stilistiche e perfino etiche.

Non è casuale che tra i libri editi troviamo addirittura degli epigrammi.

Quel che mi ha maggiormente interessato di questa preziosa antologia è stata la varietà delle argomentazioni. Rodia si muove a trecento sessanta gradi e comunque sempre con grande intensità. Affronta per esempio il tema dell’Amore, sicuramente trascinandosi echi, come è stato ricordato, di D’Annunzio, Lorca, Neruda e Jimenez, però con qualcosa di magicamente personale che dà ai versi un profumo tutto meridionale.

Insomma, le esperienze del poeta vengono convogliate in un linguaggio sempre terso e cristallino che fa rivivere forti emozioni e ci fa entrare nella dimensione del sogno.

Miracolosamente Cosimo Rodia riesce a scrivere versi civili senza diventare comiziale o retorico come quasi sempre è accaduto anche a poeti consacrati e la ragione è semplice. Lui vive le questioni sociali come ragioni innanzi tutto dello spirito e poi della socialità e dunque il suo grido è atto di fede da compiersi prima o poi per necessità spirituale oltre che sociale.

“L’ordito del tempo”, essendo ovviamente un libro composito, mostra molte facce. Daniele Giancane ce lo ricorda asserendo che Rodia “si muove sinuosamente fra diversi registri e sentimenti” sicuramente per ottenere che il suo verso diventi una sorta di ponte tra il silenzio e la parola, tra il visibile e l’invisibile.

Ha ragione Pierfranco Bruni, anche se le sue parole nascono dalla lettura di “Intreccio di mani”. Quella di Rodia è “Una poesia che resta ascolto. Una poesia che centralizza l’unione di anima-cuore con la fisicità dell’uomo nella sintesi del verso partecipato… un’altura redenzione-rivelazione”.

 

 

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