Libreria LIBERRIMA Lecce. 4 giugno 2025.

Il prof. Carlo Alberto Augieri ha presentato “L’ordito dl tempo – Trent’anni di poesia di Cosimo Rodia 1994-2024”), Milella edizioni 2025, nella cui prolusione critica, attraversando il testo, ha rilevato almeno due direttrici che accompagnano la scrittura di Rodia in trent’anni.

La prima. Partendo dalla considerazione che la poesia è tutto ciò che riguarda l’intensità del sentire tanto condensata da far scaturire un fiume di connessioni, Rodia nel suo percorso usa delle parole archetipiche, come ad esempio “arcobaleno”, parola per significare il sereno dopo la tempesta-dolore (come nelle sacre scritture). Quindi troviamo un linguaggio con rimandi culturali, emotivi, storici, acustico-visivi, gnoseologici.

La seconda. L’andare “oltre” le vessazioni subite dai contadini (ricordando le parole della mamma del poeta) è in realtà non estraneazione da quella realtà; l’invito della madre non è una cacciata, è superare il tempo presente, con tutti i suoi contorni, per poterlo ridefinire; ovvero andare oltre la civiltà contadina già morente, preservarla nella sua dimensione mitico memoriale, per contrastare la modernità. Dice Augieri, la figura della madre è importante perché il Sud che muore come storia, non muore come civiltà.

È intervenuto l’Autore che ha sottolineato come la parola sia la risultanza di tanti aspetti pregressi afferenti alla storia, all’esperienza, alle sensazioni, al territorio; e su questa base, convalidando la tesi del prof. Augieri, ha confermato che la scrittura poetica non può non caricarsi d’identità, di utopia e di rivoluzione.

Dopo le letture di Antonella Zannetti, Gabriella Rodia, Giuseppe Zilli, è seguito un intenso dibattito sul ruolo della poesia nella società virtuale, tanto da portare il prof. Augieri ad invitare tutti per la manifestazione del 19 giugno, a favore dei bambini di Gaza, quale presenza poetica concreta di opposizione all’inumano moderno.

Il prof. Daniele Giancane è stato presente alla serata con la parola, inviata al prof. Augieri e che proponiamo:

«L’ORDITO DEL TEMPO’ DI COSIMO RODIA: UN LIBRO ‘PRISMATICO’

Tra i migliori libri di poesia pubblicati negli ultimi tempi, dobbiamo collocare senz’altro ‘L’ordito del tempo’ di Cosimo Rodia (edizioni Milella, Lecce), che mostra a tutto tondo – nei suoi trent’anni di bilancio poetico – un autore che sa tenere in piedi felicemente – e come in un sottile equilibrio-gli opposti. Da una parte è un libro del/sul Sud, nella dialettica fra il Sud della memoria e il Sud dei nostri giorni, ormai irriconoscibile e ‘perduto’, non tanto perché sia ‘peggiorato’, quanto perché è mutato. Questo è allora il libro del mutamento del Meridione, in cui (come tutti noi) il poeta ancora a volte si riconosce, altre volte ne resta amareggiato per gli sfregi che subisce (ma-ripeto-sono più sfregi della e nella memoria che nella realtà concreta). Quindi, un Sud ‘prismatico’, né nostalgico né ‘modernista’, ma colto in momenti quasi teatrali, in paesaggi anche ‘minimi’, ma evocativi.

Ed è un volume di poesie che si esprimono pienamente anche nella poesia d’amore, centro dell’esistenza, soffio vitale, miracolo che appare improvviso. Tutto si perde quasi nel sogno, direi nella ‘sconcretizzazione’ della realtà, perché Rodia è essenzialmente un poeta ‘lirico’ ed in questo va controtendenza (basta vedere la ‘cinquina’ dei libri selezionati per la finale del premio Strega/Poesia). Il Nostro non ha paura di lasciarsi andare e di dar luogo ad un linguaggio molto musicale, che coinvolge il lettore appunto in una melopea fascinosa.

Raramente un poeta ‘lirico’ è al tempo tesso un poeta ‘civile’: Cosimo Rodia è una rara eccezione, perché nel suo iter ci sono diversi testi indirizzati alle brutture ed alle ingiustizie del mondo odierno. Scrivere poesia ‘civile’- si sa – è molto difficile facilmente si scade nell’ideologismo o nella banalità, ma Rodia evita entrambi i pericoli, anche qui con una rara capacità di equilibrio fra sdegno e costruzione del testo.

Il fatto è – e concludo – che Cosimo Rodia ha individuato il ‘suo’ linguaggio, apparentemente semplice e immediato: non è un linguaggio solo per addetti ai lavori né per lettori troppo ‘ingenui’. È una ‘medietas’ che cerca il lettore che si voglia impegnare in un viaggio nell’esistenza umana e nei sentimenti universali».

 

 

 

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