La chiesa di San Giovanni Crisostomo di Bari

di Sandro Marano

 

La chiesa di San Giovanni Crisostomo, in origine dedicata a San Giovanni Battista, è una chiesa del XII secolo ad unica navata che si trova nel borgo antico di Bari. È qui che il 7 maggio del 1957 con grande ed emozionata partecipazione popolare, fu celebrata per la prima volta la liturgia divina di rito greco-bizantino.

La chiesa, infatti, fu donata dall’allora vescovo di Bari, Enrico Nicodemo, alla numerosa comunità di profughi italiani provenienti dalla Grecia e dalle isole del Dodecaneso, che alla cessazione del secondo conflitto mondiale avevano dovuto far ritorno in patria e in buona parte si erano rifugiati a Bari. Questa comunità che insieme ai profughi istriani e dalmati per dieci anni era vissuta in baracche aveva finalmente ottenuto nel 1956 delle abitazioni decenti che formarono quello ancor oggi viene indicato come il Villaggio Trieste, posto tra lo stadio della Vittoria e la Fiera del Levante.

Finalmente, scrive Paolo Scagliarini nei brevi cenni storici posti in appendice alla sua Guida alla chiesa di San Giovanni Crisostomo in otto passi (Edizioni La Matrice) «quei profughi che nelle terre lontane avevano perso tutto, ora, dopo dieci anni di campi, avevano ritrovato un tetto sotto il quale vivere con le loro famiglie ed un tempio nel quale poter pregare».

La chiesa, come avverte monsignor Nicola Bux nella prefazione al volume, non è un semplice edificio dove incontrarsi, bensì uno spazio sacro, separato da quello profano, «è un luogo privilegiato dove Dio si manifesta». Di più, ha una “funzione mistagogica”, cioè di guida ai misteri divini, primo fra tutti quello che culmina nella salvezza attraverso il sacrifico di Gesù.

Paolo Scagliarini in questo testo ha il merito di prendere quasi mano il lettore per condurlo a cogliere questi misteri attraverso la ricca simbologia presente nella tradizione greco-bizantina, il cui significato al profano, ed anche a chi segue la tradizione latina, spesso sfugge. E lo fa guidandolo in otto passi. Il numero otto non è casuale, ma rappresenta dopo i sette giorni della creazione il giorno in cui il tempo non esiste più e la morte viene vinta.

«Ma quando entri in una chiesa, con che spirito oltrepassi l’uscio? Cosa ti aspetti?», domanda l’autore al lettore. «Il silenzio e la luce fioca dell’ingresso ti introducono in una nuova dimensione, lontana da quella che la società, che hai lasciato fuori, ti propone con le sue luci fatue, con i suoi fascinamenti, con le sue frenesie e con le sue pericolose distrazioni. In questo momento ti è offerto vivere il deserto». Ma già dall’ingresso si intravede l’iconostasi, la meta cui può e deve aspirare ciascun uomo di buona volontà.

L’iconostasi, istoriata di icone e risplendente di luce, rappresenta il velo del tempio richiamato nei Vangeli, che si è squarciato nel mezzo con la morte di Cristo. Ricordiamo che mentre nel tempio ebraico il velo divideva il luogo più sacro dal resto del tempio e vi poteva accedere solo il sommo sacerdote, nella liturgia di rito greco-bizantino c’è nel mezzo una porta che simboleggia la possibilità data a ciascun uomo di salvarsi grazie alla fede in Cristo. È da qui che il sacerdote passa per proclamare il Vangelo e per dare l’eucarestia ai fedeli. Nel rito latino l’iconostasi è stata sostituita da cibori e balaustre che non hanno dunque una funzione meramente decorativa, come spesso si crede. Dietro l’iconostasi c’è l’altare dove vengono preparati dal sacerdote e dal diacono “i sacri doni”, il pane e il vino che si tramuteranno nel corpo e nel sangue di Cristo.

Da notare che nella chiesa di San Giovanni Crisostomo, secondo la tradizione greco-bizantina, sono assenti banchi e sedie presenti di solito nelle altre chiese a significare che «In questa chiesa sei in piedi ed in cammino».

Scagliarini si sofferma a lungo, anche con appropriate citazioni tratte dai Vangeli e dalle sacre scritture, sulla simbologia:  dall’accensione delle candele alla funzione delle icone, che non sono semplicemente dipinti artistici poiché «le icone ti parlano, ti insegnano, ti indicano la via». Perfino i colori delle due icone della Vergine Maria e di Gesù Cristo, poste rispettivamente a sinistra e destra della porta dell’iconostasi, hanno un peculiare significato: «in questo caso le icone manifestano le nature di entrambi con il rosso la natura umana e con l’azzurro quella divina. Dunque, Cristo avente natura divina (tunica azzurra)  ha assunto quella umana (manto rosso)  mentre la  Vergine Maria  avente natura umana (tunica rossa) è stata rivestita di quella divina (manto azzurro)».

L’autore chiarisce infine i vari passaggi della liturgia mistica dell’Oriente cristiano, dall’incenso, che col suo aroma simboleggia la grazia divina che si diffonde ovunque, alla funzione dei “psaltes” o cantori che svolgono un ruolo attivo nelle varie sequenze della liturgia.

Chi scrive ha assistito ad una funzione di rito greco-bizantino nella chiesa di San Giovanni Crisostomo e può testimoniare che questa liturgia ha un che di mistico, di coinvolgente, di appagante che forse si è perso nella tradizione cristiana occidentale. Nella liturgia greco-bizantina si avverte la presenza del sacro. Questa guida è dunque uno strumento prezioso non solo per chi è affascinato dalla tradizione cristiana orientale e vuole conoscerne ed approfondire i significati teologici e simbolici, ma anche per chi si sente a disagio nel mondo moderno, “avido di distruggere, avaro di carità” (Ezra Pound), e non può non sentire dentro di sé la grandezza e la bellezza del cristianesimo.

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