Nel dittongo di un gatto di Šamšad Abdullaev, I Quaderni del Bardo, 2025

Redazione

 

Il volume comprende poesie di autori uzbechi, tagichi, tartari, ebrei, russi, cresciuti e formati in un’epoca in cui l’Asia centrale sovietica conosceva un periodo di ristagno e non disponeva di una intelligencija compatta. Come in tutte le periferie nazionalistiche dell’ex URSS, si tendeva a preferire il russo rispetto alla lingua locale. Passava attraverso questa lingua franca non solo l’istruzione scolastica e universitaria, ma spesso anche la cultura nelle sue varie forme (i libri, il cinema, etc). Per tale motivo questi autori scrivono poesia in russo, che considerano al pari della lingua madre, o, in certi casi, prima lingua.

Questo originale movimento letterario si inserisce nella tradizione dall’avanguardia degli anni Settanta-Ottanta, costituita da letterati, musicisti e pittori.

All’inizio degli Ottanta Šamšad Abdullaev, segretario della filiale di Ferganà dell’Unione degli Scrittori (uzbeco-sovietici), fonda l’associazione letteraria “Soty” [Favo], che organizza regolarmente iniziative varie (incontri, serate di poesia, etc.). Vi partecipano Aleksandr Gutin, Grigorij Kohelet, Daniil Kislov e Chamdam Zakirov. Era l’embrione del futuro gruppo.

La “scuola poetica di Ferganà” nasce ufficialmente con questo nome nel 1991, quando sul numero di maggio di “Zvezda Vostoka” [Stella d’Oriente] (rivista di Taškent in lingua russa) viene pubblicata una breve antologia, che comprende testi di Abdullaev, Kislov e Zakirov. La letteratura della scuola di Ferganà è un fenomeno ragguardevole, che varca i limiti del mondo centro asiatico. I Russi si sono sempre interessati dell’Asia, ma l’hanno descritta dall’esterno.

La scuola di Ferganà è un grandioso esperimento, perché la vita asiatica è descritta dall’interno, in un russo originale. Qui anche i gatti si lavano a loro modo: “Il gatto fa amen, come uno sciita che prega con una sola mano”…

Certo, Ferganà non è solo questa sensazione dell’Asia eterna e pigramente contemplativa, ma in russo nessuno ancora aveva espresso questo nirvana così fedelmente…

Versi non come equilibrismo letterario, ma come metodo per conoscere la vita. La descrizione dell’oggetto è condotta a un naturalismo estremo attraverso stati d’animo irreali. Spiccano un peculiare lirismo depressivo, l’antistoricismo, l’avversione per l’azione e per la narrazione totalizzante. La realtà sociale si dissolve, l’eticità va in secondo piano.

Abdullaev afferma: “La priorità delle immagini visuali, prive di una riflessione complessa, di ricercate astrazioni e meditazioni riguardo ai valori sociali e morali predominanti”.

 

 

Lascia un commento