Fenomenologia del silenzio di Anna Rita Merico, Musicaos editore, 2022

Redazione

 

Una raccolta che mette insieme poesie già edite (“Segnate pietre”, “In the process  of writing”, “Dall’angolo bucato entra memoria”) ed una raccolta inedita (“Una parola si bea, al sole, pulsando infinita”).

Scorrendo i testi si legge il percorso della ricerca negli anni. Evidente la provenienza della scrittura da una lunga pratica filosofica. Esplicativo e denso il saggio di Luciano Pagano che considera la poesia come “luogo della riflessione… luogo per l’apparire del fenomeno che accade”.

Importante la continua attività di cesello dell’Autrice che consente di dire il mondo: “Al centro del livido umore/il Minotauro ronzante/modellava/spargeva le mancanti vocali dell’incompiuto alfabeto”.

Come pregnante è il richiamo al pensiero intriso di mito e di stupore, attraverso il quale, la Merico afferma la necessità di tornare a rammemorare le origini dei processi di umanizzazione. È una poetica che affonda nel Mediterraneo, di cui affiorano simboli come resti di un’antica città: templi, celle, giardini, mercati, offrendo la possibilità di dire di consessi in cui ciò che si scambia è il senso di un arcano sentire che rimanda a gesti essenziali, sacri, fondanti.

“Con le orecchie dell’anima/ascoltarono dalla bocca di Academo/le storie di luoghi nascosti/di umidi anfratti/di sacre cime/Lui narrò del mercato di Xanthè/lì dove spezie e incensi s’ingolfavano dall’Oriente delle acque del Dodecaneso…/lì dove le rotte s’intrecciavano portando i venti/nelle sacche gonfie delle memorie/di Candia ed Herakleion…”.

Per giustificare il titolo, poi, l’Autrice s’impegna a trasformare il silenzio in essere. Il silenzio come entità ontologica che dona peso e spessore. In Dall’Angolo bucato entra memoria sono palpitanti di vita alcune località poste tra Eboli e Gravina: è intorno ad esse che Merico colloca la radice del significato del proprio poetare a Sud.

“Suoni di terre dimenticate/terre accese dalle infinite luci di cangianti cieli/la luce m’insegue/lungo dismesse interpoderali/la pietra inizia a dire di sé/giallo tufaceo/giallo di malarici incanti/giallo di attesi grani/giallo di bruciati lucori”.

Un senso d’antico attraversa le pagine ma, la bellezza di questo “antico” è tutto nella sua particolarità di tornare come domanda di autenticità sull’oggi. “Osservo ciò che è seme” dice la poetessa riempendo con poche parole fatte segno, il bianco di un’intera pagina che è un ripercorrere, con scarni tratti, il farsi dell’umanizzazione nella nostra cultura.

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