Un bimbo fortunato

di Italo Spada

 

Una, due, tre ondate: una montagna di acqua sulla fragile barca.

«Non lasciare il salvagente!» urlò Samin.

“Non ce la farò; non ce la posso fare”, pensò Shakira. E strinse il suo bambino al seno.

 

Si ritrovarono ancora abbracciati. Respiravano, ma Samin non era più con loro. E non c’era più nessuno di tutti quelli che erano partiti.

La Nera Signora aveva avuto pietà di lei e del suo cucciolo, oppure era talmente sazia di carne umana da vomitarli sulla spiaggia deserta.

«Mamma, siamo vivi?» chiese Kiros.

«Sì, tesoro; siamo vivi.»

In lontananza brillò una luce.

«Che cos’è?» chiese Kiros.

«Una stella».

«Ha la coda. Si muove. Dove va?»

«Va a trovare un bambino appena nato».

«Un bambino?! Un bambino che viene da lontano come noi?»

«Sì. Un bambino che viene da lontano».

«Ha una casa?»

«Ha una stalla».

«E il letto? Ce l’ha il letto?»

«Ha un letto di paglia».

«E non ha freddo?»

«Lo riscaldano un bue e un asinello».

«E il papà? Ce l’ha il papà?»

«Sì. Lui ce l’ha il papà» gli disse Shakira trattenendo i singhiozzi.

«Che bimbo fortunato!» esclamò Kiros.

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