Carmi di Odilon-Jean Périer, prefazione e traduzione di Ilaria Guidantoni, Lorenzo de’ Medici Press, 2023

Redazione 

 

Périer “poeta della poesia”, è questa la definizione per presentare al pubblico italiano un poeta dimenticato, vissuto forse troppo poco e in un’epoca così di passaggio nonché sotto un uragano che non è riuscito ad incidere sulla pietra il proprio nome.

Così ci appare questo poeta ragazzino, la cui vena ribelle è leggera e profonda e il suo anticonformismo non è necessariamente contro ma al di là, anche delle mode delle avanguardie e delle rivoluzioni.

Nella sua poesia si sente l’eco di Mallarmé e Rimbaud, e in questo senso Périer, un poeta quasi involontario, offre una poesia che non è né lirica estetica, né costruita, né dissoluzione cercata.

Una raccolta sorprendente per novità e spirito anticonformista, dove alla realtà quotidiana si contrappone un gesto poetico che svela mondi nascosti e accende di fuoco l’immaginazione.

Scrive la prefatrice: «Qualche anno dopo la sua scomparsa viene segnalato tra i migliori scrittori degli Anni Venti, uomo dalle ricerche psicologiche penetranti. Ci appare come una sorta di meteora, dalla forza ascensionale morale che attraversa la cultura belga negli anni in cui si assiste a una polarizzazione fra il Simbolismo da una parte e le avanguardie dall’altra. Périer dal canto suo guarda al Simbolismo non come a un movimento, una scuola ma una disposizione del cuore incarnata da Rimbaud che in qualche modo va al di là della letteratura stessa. Egli è simbolista alla Mallarmé e modernista allo stesso tempo, unendo un lato ironico, senza mai concedersi alle mode del tempo. La sua poesia è la ricerca di un assoluto intimo. Interessante la corrispondenza con Jean Paulhan che si mostra esigente e non manca di ricordare al suo giovane discepolo che “cantare è anche una sorta di imbroglio” e che il soprannaturale “è terribilmente difficile”. La poesia di Périer è immensa nella sua semplicità che a tratti può sembrare banale e che forse è più da ascoltare che da decifrare. Certa poesia contemporanea rispetto a quella classica è l’esatto contrario dell’arte: la si vive non la si spiega

 

 

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