Lewis Carroll

di Antonio e Cosimo Rodia

 

Ha scritto Nobile che Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie, che definisce ‹‹fiaba-sogno››, è ‹‹un prodotto letterario particolarissimo, culturalmente e geograficamente segnato››, e in quanto tale ‹difficilmente esportabile››, rilevando che ‹‹non ha il respiro universale di Pinocchio, né la perennità del suo messaggio››. E dopo averne passato criticamente in rassegna le peculiarità, conclude che non le si può riconoscere particolare valore formativo. É un punto di vista diffuso e merita alcune riflessioni.

L’opera si può certo dividere in più piani. Verrebbe mai in mente di dare una lettura economica a Il mago di Oz, in cui Dorothy incarna i valori tradizionali statunitensi, lo spaventapasseri gli agricoltori, il presidente William McKinley la perfida strega dell’ovest[1]? Ad una prima (e più) lettura emergono gli edificanti temi di amicizia e solidarietà: una chiave interpretativa che vive in modo autonomo. Abbiamo a che fare con una intentio operis[2] (ciò che l’opera dice di per sé, indipendentemente dalle intenzioni dell’autore empirico) che ha vita autonoma rispetto all’intentio auctoris. Umberto Eco risolverebbe la questione dicendo: «Ci sono due modi per passeggiare in un bosco. Nel primo modo ci si muove per tentare una o più strade per uscirne al più presto. Nel secondo modo ci si muove per capire come sia fatto il bosco, e perché certi sentieri siano accessibili e altri no. Ugualmente ci sono due modi per percorrere un testo narrativo»[3]. Ma una lettura superficiale a volte non è meno dignitosa di una sintonia con intenzioni ed enciclopedia dell’autore.

Il contesto vittoriano di Alice non è altro che un accessorio a cui succhiare in modo parassitario il sangue, al fine di perpetuare i propri giochi.

C’è uno schema di fondo, un continuo rovesciamento dei valori, mortificato dal passaggio da una lingua a un’altra[4]. Potrebbe essere lo stesso caso della traduzione di Esercizi di stile[5] di Raymond Queneau (1903-1976), che ha atteso quarant’anni prima di essere letto in Italia.

Perché? Le opere sembravano intraducibili; ma l’arguzia ha fatto giungere Eco ad un compromesso: adottare lo stesso schema e giocare una partita diversa, pur sullo stesso campo. In questo modo la traduzione non è che una riscrittura (ciò può essere una caratteristica generale, anche se nella fattispecie diventava una condizione essenziale ed imprescindibile per le difficoltà dell’opera).

Si può dire che Alice è un capolavoro d’avanguardia e in quanto tale solo superficialmente è un romanzo per fanciulli, in quanto contiene rimandi e approfondimenti specifici (così come I Simpson).

Il filo rosso che nel romanzo tutto intreccia è la dimensione universale del sogno[6], che manipola un contesto di riferimento. Un mondo che, viaggiando al contrario, disorienta continuamente Alice e la sua logica di senso: «Se non ha senso – disse il re – la cosa ci risparmia un bel po’ di fatica, dato che non avremo bisogno di cercarlo»[7].

Afferma Socrate nel Teeteto: «Quando persino si dubita se si è svegli o si dorme; e poiché il tempo in cui dormiamo è uguale a quello in cui siamo svegli, in ciascuno di questi intervalli la nostra anima si batte per sostener che sono vere unicamente quelle opinioni che ella ha di volta in volta come presenti; cosicché per un eguale tempo diciamo che sono vere queste della veglia, per altro eguale tempo quelle del sogno: e sempre, ora per le una ora per le altre battagliamo con pari ardore»; e continuando: «ebbene, per i casi di malattia e di pazzia non si deve fare lo stesso ragionamento pur astraendo dal tempo che non è uguale?»[8]

Quindi le sensazioni nel sogno e nella veglia hanno le stesse caratteristiche di evidenza ed efficacia: le cose sono vere nel momento in cui avvengono; per Carroll il sogno ha il suo mondo ed è spesso realistico quanto l’altro.

Attraverso lo specchio (1871) sarà ancor più attraversato da riferimenti a logica e a filosofia del linguaggio. La società moraleggiante[9] in cui le avventure di Alice hanno luogo, viene continuamente derisa. Ci si burla di Tennyson, Mary Howitt, Isaac Watts e altri autori edificanti, patrimoni nazionali, perni della comune cultura per l’infanzia dell’epoca, allo scopo di divertire le bambine fuggendo dal serioso mondo degli adulti.

Le sgrammaticature, le parole baule, alcune frasi idiomatiche (divenuti proverbi[10]) sono bandiere di letteratura d’avanguardia. L’indovinello posto dal cappellaio matto sembra anticipare inconsueti accostamenti e slanci surrealisti del movimento dada: «Che differenza c’è tra un corvo e una scrivania?»[11].

Una questione così spiazzante ha lo scopo di allenare il pensiero flessibile per compiere acrobazie e incantesimi nella notte della ragione. Chi ci dice infatti di navigare nella direzione giusta guidati dal principio statistico della normalità?

Tematiche che allontanano l’opera dalla letteratura per ragazzi. Walt Disney col suo Alice nel paese delle meraviglie (1951) prova a catturare il testo per dilettare i bambini (anzi, crede di aver trovato un soggetto perfetto), ma si allontana inevitabilmente dall’originale: manca lo squilibrio esistenziale della perdita di identità che, visto dalla sponda del gioco (e qui Alice diventa come Paperino, che comicamente veniva ingigantito e ristretto), perde la sua carica implosiva.

 

 

[1] Eppure era negli intenti di L. F. Baum  raccontare, con simboli fiabeschi, la pesante deflazione statunitense all’inizio del nuovo secolo, con il conseguente crollo dei prezzi. I contadini dell’ovest, infatti, indebitati con le banche dell’est, ne furono pesantemente colpiti; salì il valore reale dei debiti, con conseguente arricchimento delle banche.

[2] Per usare la terminologia di Umberto Eco.

[3]U. Eco, Sei passeggiate nei boschi narrativi, Bompiani, Milano 2000, p. 33.

[4] Nel testo italiano molte freddure non hanno la stessa potenza, per cui si possono cogliere solo con una perifrasi. Ad esempio “Take some more tea” significa sia “prendi ancora tè”, sia “prendi di più tè”.

[5] Il libro è pubblicato dalla casa editrice parigina Gallimard nel 1947; la seconda edizione aggiornata esce nel 1969. In Italia l’opera è pubblicata da Einaudi nel 1983, tradotta e introdotta da Umberto Eco.

[6] Tema che esploderà in Attraverso lo specchio (1871).

[7] L. Carroll, Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie, Mondadori, Milano 2008, p. 114.

[8] Platone, Teeteto, Laterza, Bari-Roma 2006,  158 d.

[9] Alice fa un inchino perfino durante la sua caduta nella tana del Bianconiglio.

[10] Ad esempio: “Pensa al senso e i suoni verranno da soli”.

[11] Logici ed enigmisti dilettanti si sono cimentati nella risoluzione. Ad esempio: “Nessuna: Poe scrisse su entrambi” o un’altra proposta dalla stesso Carroll: “Nessuna. Entrambi producono delle note”. “Note” intese sia come note musicali che come annotazioni.

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