Sangue amaro di Mariaelena Trani, Rossini editore, 2024

di Claudia Zuccarini

 

Docente di filosofia e storia nei licei, la Trani spicca nel panorama della scrittura contemporanea con un’impronta vibrante e originale.

Sangue amaro, suo ultimo romanzo edito da Rossini editore, conferma il talento dell’autrice nell’elaborare intrecci suggestivi e non privi di suspense, ambientati nella sua terra d’origine: Grottaglie.

<<V abbanni a mmari a mmari a quera grotta scura, ddo no ccanta iaddu e ddo no lluci luna, ca no ff aci mali a nnisciuna criatura>>. L’esergo del libro ci immerge sin dal principio in un “tempo senza tempo”.

Siamo nell’anno domini 1674. Il 23 ottobre un anatema si abbatte sulla comunità grottagliese, composta da una galleria di personaggi ottimamente caratterizzati e simbolicamente rappresentanti aspetti interiori dell’animo umano, vecchi come il mondo. Le figure femminili emanano una potenza ancestrale, magica ed anche immaginifica, sono risolutive nelle grandi e piccole ambasce e in grado di aggregare la comunità colpita, al di là degli scarti sociali. L’anatema è un “do ut des”, come spesso accade nella vita ed è proprio il “des” la chiave della risoluzione della sventura occorsa.

La struttura narrativa non è mai lasciata al caso, ne vengono tenute saldamente le redini, evidenziando la capacità di indagare vicende storiche e psicologiche con grande accuratezza. La voce rievocativa, super partes e spettatrice, si palesa nella chiusura e dipana le fila di eventi certo romanzati, ma realmente accaduti e ben documentati in calce all’opera.

Il linguaggio ricercato – frutto di un lavorìo permeato da costrutti fraseologici chirurgici e surreali – funge da contrappunto all’atmosfera locale affrescata e ci catapulta in una dimensione parallela, che pure comprendiamo perché ci appartiene. A tal proposito, splendidi ed anche umoristici sono gli accostamenti allegorici di alcuni passi: quello tra la scorpacciata di lampascioni e l’egocentrismo del principe Cicinelli e quello tra la preparazione della pasta di mandorla e la preparazione alla vita, che la badessa Almudena Della Mancia suggerisce ad Isabella, “Sable de oro” e moglie del sindaco della cittadina.

La chiosa di Sangue amaro ci ricorda che certe emozioni non soffrono lo scorrere dei secoli e sono sempre attuali:

“Ho descritto vicende lontane, storie di sangue amaro, di vendette e maledizioni. Si dice che la rabbia abbia una dimora, è un luogo interno, la bile. Quando però la misura è colma il sangue avvelena tutto il corpo e poi travasa negli spiazzi e per le vie. Credo che l’oblio sia la peggiore tra tutte le maledizioni.”

La vivida personificazione finale invita ad una lettura coinvolgente.

 

Lascia un commento