“Decadrammi” di Elvio Carrieri, Aletti editore

Redazione

La Prefazione è affidata ad Hafez Haidar, scrittore libanese naturalizzato italiano, che parla così dell’autore: «Con uno stile personale, maturo e coinvolgente, traboccante di fertile immaginazione, melodia e profondi sentimenti, Elvio svela al lettore ciò che vive nella profondità del suo cuore, ciò che gli procura sofferenza e gli consente di rinascere più forte e consapevole di prima, senza nascondere il suo attaccamento vitale a madre natura, ma anche alle sue radici, alla sua famiglia».

La sofferenza è il tema che prevale nei versi di Carrieri. «Questa, però – racconta il giovanissimo autore – non basta a creare opere d’arte. Credo che il modello ideale del poeta sia una figura che cerca di esorcizzare il dolore scrivendo versi. Diviene, comunque, evidente che il primo motore di ogni giovane poeta, me compreso, nella stragrande maggioranza dei casi, è stata un’esperienza dolorosa, ma bisogna stare attenti a non cadere nella trappola che verifica l’equazione sofferenza uguale bellezza. Quando Tasso scrive “un non so che di flebile e soave” al lettore giunge lo strazio della situazione, ma le parole suonano come una dose di morfina. È questo l’obiettivo che ogni poeta dovrebbe riuscire a porsi».

È un rapporto quasi metafisico quello che il poeta vive con la scrittura. Un rapporto che nasce, spesso, in situazioni di disagio, quando sente la necessità di comunicare in un modo alternativo.

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