Lori-Budgie & Valentino. Ediz. illustrata
Lori Budgie & Valentino di Carla Dolazza, La Torre dei Venti editore

di Pier Luigi Coda

 

La novella del pappagallo di nome Lori cognome Budgie e del suo strampalato amico gatto Valentino sembra la parafrasi dell’Ulisse di Dante. Come Ulisse molla tutto abbandonando il conforto della reggia, le amorevoli cure della moglie, le premure dei cortigiani, per “seguir virtute e canoscenza”, così il pappagallo Lori di nome e Budgie di cognome, istigato dal mellifluo Valentino, abbandona la sua gabbia dorata, il suo tran-tran quotidiano, i biscottini, le amorevoli cure della padrona Delia e si mette in viaggio per scoprire cosa ci sia al di là dei vetri della finestra dove neppure l’immaginazione sconfina con l’azzurro del cielo.

Si dice che le navi e le barche non siano costruite per restare alla fonda o ancorate alle banchine del porto; devono affrontare il mare aperto e i venti, le tempeste e le follie del tempo; devono affrontare i rischi dell’avventura e dei viaggi. Proprio come il pappagallo Lori Budgie, col suo amico Valentino: l’intrico del bosco, il fruscio delle fronde, gli animali della foresta, il fragore del tuono e, sempre, la fame. I terribili morsi della fame e i pericolosi sotterfugi per potersi procurare un boccone di cibo. Poi le bande selvagge, le porte che si chiudono e quelle che si aprono, le crudeltà efferate dell’uomo e i suoi grandiosi gesti di bontà.

Il viaggio, si sa, è crescita, maturazione e arricchimento, ma quando sei solo nel bosco stanco e affamato, sotto la pioggia battente di un uragano senza trovare uno straccio di riparo, allora nasce qualche dubbio: forse restare nella gabbia dorata e confortevole con pezzettini di biscotti da sbocconcellare non era proprio una vita da cani.  Un detto africano (non ricordo di quale nazione) afferma che bisogna attraversare il mondo per scoprire che il posto più felice dove vivere è proprio fuori dal tuo tucul, quei capanni di forma conica con tetti di paglia. Insomma, in fin dei conti è bello ritornare al proprio tran-tran quotidiano.

Questo in sintesi, a mio avviso, il corpus affabulatorio del racconto, ma in mezzo c’è la scrittrice, il fascino del suo sapere descrivere con semplicità e schiettezza, i suoi improvvisi (bellissimi) squarci di cielo, i suoi abbracci alla natura e al mutare degli elementi; ogni cosa è consequenziale, la frase scorre limpida come la carezza dell’onda sul bagnasciuga quando il mare sonnecchia nella bonaccia.  E la cosa non mi sorprende, conosco Carla Dolazza da molti anni, da quel giorno in cui ci eravamo incontrati al Salone del Libro di Torino allo stand di Marco Solfanelli. Io presentavo la vicenda di Mafalda di Savoia Assia scritta dalla russa Ninel’ Podgornaja, lei il suo libro “La scatola di Eliana”.

“La scatola di Eliana”, uno dei testi più interessanti e sorprendenti che mi è capitato di leggere e che tengo in bella mostra nella mia biblioteca; un racconto che riconcilia con il saper scrivere; un gioco di specchi che riflette vita e memoria, il saper uscire fuori dalla propria adolescenza per scoprire il significato di “diventare adulto”. E, sullo sfondo, spicchi di Roma ma soprattutto dell’Australia, dove Carla Dolazza ha vissuto e ne custodisce sempre il ricordo come  fonte di ispirazione.

“Lori Budgie & Valentino” ha uno sviluppo narrativo più lineare come si addice alle favole da leggere ai figli o ai nipoti a letto prima di addormentarsi; delle favole emergono tutti gli ingredienti canonici: sortilegi, incontri, paure, intrecci e, finalmente, un rassicurante lieto fine. Apprezzabili anche le splendide illustrazioni di Maskera, davvero notevoli, che incorniciano e impreziosiscono  la lettura della favola.

Lascia un commento