Intervistiamo: Angelo Nobile

Redazione di letture.org

 

Prof. Angelo Nobile (docente di letteratura per l’infanzia e l’adolescenza all’Università degli Studi di Parma), Lei è autore del libro Storia della letteratura giovanile dal 1945 ad oggi edito da Scholé. Quello del libro per ragazzi è un settore oggi in piena crescita, con veri e propri casi di successo editoriale: come si sono evoluti il libro per ragazzi e la relativa critica dal secondo dopoguerra ad oggi? 

In effetti, rispetto alla crisi che attanaglia, e non da oggi, l’editoria per adulti, quello per ragazzi è un settore in espansione (come evidenziano le periodiche rilevazioni statistiche), specialmente nella fascia degli albi per la prima età, che coprono un ampio settore della produzione editoriale. Si tratta di albi figurati o picture books sempre più curati nella veste grafica, allettanti nella copertina e corredati/commentati da artistiche illustrazioni. Libricini che trovano ampio mercato in un genitore ancora disponibile, per questa fascia di età, a intrattenersi ludicamente col piccolo in un rapporto di interazione diadica ricco di risonanze affettive: disponibilità che scema progressivamente nelle età successive, in cui il bambino/ragazzo, ormai capace di lettura autonoma, tende a intrattenere un rapporto solitario col libro, spesso prescelto a seguito di passaparola tra coetanei. Comunque, gli albi per la prima età sono incentivati anche dalla loro acquisizione da parte degli asili nido e delle scuole dell’infanzia, dove vengono tenuti, attraverso una collocazione “a canestro”, a disposizione dei piccoli frequentanti. Non mancano, per tutti i livelli di età, libri che hanno avuto una fortuna planetaria, ma sono per lo più di autore straniero, come la saga di Harry Potter, della Rowling, o La schiappa, di Jerry Spinelli. Tuttavia, anche libri di autori italiani sono e sono stati stati tradotti in varie lingue.

Quanto all’evoluzione della scrittura per ragazzi nell’ultimo settantacinquennio, inizialmente, negli anni dell’immediato dopoguerra, è prevalsa sulla scia del Cuore di De Amicis la linea educativo-patriottico-sentimentale, intrisa di valori etici, civici e spesso anche religiosi, incentrata sul trinomio Dio Patria Famiglia. Analogamente nei libri di testo, progressivamente anacronistici nei contenuti e soprattutto nelle illustrazioni, quasi sempre fortemente datate.

Più precisamente: la letteratura per l’infanzia sino agli inizi degli anni Sessanta (ma sarebbe più proprio definirla “per i fanciulli”, perché si rivolgeva prevalentemente alla fascia di età 7-12 anni), si caratterizzava per una frequente preoccupazione educativo-didascalica, comunque non generalizzabile né sempre prevaricante sul piacere della lettura. La trasmissione di valori volti alla formazione del buon cittadino si accompagnava generalmente alla contestuale attenzione alla psicologia del bambino (dalla sfera emotivo-affettiva a quella linguistica, cognitiva ed esperienziale), avendo come obiettivo l’armonico sviluppo della personalità infantile. Donde una certa cautela nel proporre temi e contenuti giudicati non rientranti nella categoria dell'”adatto”, in riferimento all’età di destinazione. Comunque valori, modelli positivi di comportamento e ideali di vita non sempre erano proposti attraverso un fastidioso tono predicatorio, ma per lo più scaturivano direttamente dalla vicenda e dalle condotte dei personaggi, mentre le azioni negative erano immancabilmente sanzionate nella festa del lieto fine. Né la letteratura del periodo è qualificabile come “sconfinato sottobosco”, secondo la nota definizione del Santucci (all’interno del suo saggio storico-critico La letteratura infantile, Fabbri, Milano, 1958). Giacchè accanto ad arbusti, per proseguire nella metafora, si ergevano anche alberi di alto fusto, alcuni dei quali  avrebbero proseguito la loro attività negli anni successivi, come Alberto Manzi, Giana Anguissola, Olga Visentini e Domenico Volpi. Quanto all’orientamento ideologico, se nei primi lustri dalla rinascita democratica della nazione la scrittura per ragazzi si faceva maggioritariamente veicolo di valori cristiani e borghesi, non mancavano altre tendenze, al momento minoritarie, rappresentate ad es. da  Gianni Rodari, Marcello Argilli e da altri scrittori di cultura marxista e comunque su posizioni “progressiste”; tra essi Italo Calvino, i cui romanzi non si possono però propriamente definire per ragazzi. Ma anche nell’opera di questi autori l’intenzionalità pedagogica, la volontà di  propagandazione delle proprie tesi, erano in varia misura presenti.

Orientativamente a partire dalla metà degli anni Sessanta, in coincidenza con l’assurgere del genio rodariano, ma anche per effetto dei rapidi mutamenti di mentalità e di costume che hanno contrassegnato la nostra società, si afferma una scrittura che, nutrendosi delle generose utopie della stagione sessantottesca, si fa veicolo di valori in parte alternativi a quelli consacrati dalla tradizione, individuando nel libro un agente di cambiamento e nell’infanzia l’età privilegiata per una palingenesi umana e sociale.

Con gli anni Ottanta, sotto la spinta e per influsso della traduzione di autori stranieri, che descrivevano una realtà familiare e sociale più disgregata e anticipatoria rispetto alla nostra,  irrompe una scrittura tematicamente innovativa e valorialmente “trasgressiva”, spesso ideologicamente connotata, di cui si era avuta già una anticipazione nel decennio antecedente, con ad es. i libri della «Biblioteca di lavoro» di Mario Lodi, la collana femminista «Dalla parte delle bambine», di Adela Turin, e la collana «Tantibambini» della Einaudi.

È  una letteratura spesso di impronta femminista, incentrata sulla contestazione di famiglia, scuola, mondo adulto, convenzioni e morale tradizionale, avendo come esponenti di spicco Roald Dahl e Christine Nöstlinger all’estero e Bianca Pitzorno e Donatella Ziliotto in Italia, seguiti da una pletora di imitatori ed epigoni.

Accanto a questo consistente filone di scrittura, molto sponsorizzato dalle editrici e dalla nuova critica del libro per ragazzi, proseguono la loro attività autori ora di area cattolica, ora laica, aperti all’innovazione stilistica e contenutistica, ma la cui narrativa si sviluppa in un alveo più tradizionale e comunque più vigilato e misurato quanto a temi e a “messaggi” intenzionalmente o indirettamente  inviati al giovane lettore. Tra essi lo stesso Piumini, Beatrice Solinas Donghi, Mino Milani, Marino Cassini, Rossana Guarnieri, Domenico Volpi, Ermanno Detti…

La medesima trasgressività, accentuata (e salutata da molti critici come “coraggiosa” e liberatoria da ipoteche “pedagogiche”), connota la letteratura giovanile degli anni Novanta, che si caratterizza per la dominanza delle politiche commerciali e per la scarsa se non inesistente attenzione ai bisogni formativi del giovane lettore. Gli editori  intensificano la politica delle traduzioni di autori stranieri, soprattutto anglosassoni e nordici, principalmente perché meno reticenti in materia di tematiche, di linguaggio e di contenuti e quindi garanzia di vendite e di fatturato. Conseguentemente si accentua il fenomeno dell'”esterite”, che penalizza i talenti italiani. Sono anche gli anni dell’esplosione dei libri game, seguiti dai libri horror. Entrambi fenomeni editoriali di moda relativamente effimeri, che hanno comunque venduto milioni di copie, prima della loro inevitabile eclissi.

Degli sviluppi della letteratura “per l’infanzia” nel nuovo millennio dirò successivamente, rispondendo alla specifica domanda.

Quanto alla critica, militante e accademica, a lungo fortemente condizionata dall’ideologia, ha svolto un ruolo non secondario nell’affermazione di opere, “collane”, generi e sottogeneri narrativi e  contestualmente ha contribuito a promuovere e sponsorizzare alcuni autori più consonanti con le proprie convinzioni, amicizie e frequentazioni, a scapito di altri, talora non meno meritevoli.

Ad una critica di orientamento cattolico, o laico-moderato, attenta agli effetti delle letture sulla personalità del soggetto, e particolarmente all’educativo (rappresentata da studiosi come Luigi Volpicelli, Antonio Lugli, Mario Valeri, Enzo Petrini, Anna Maria Bernardinis…),  è progressivamente subentrato a partire dalla fine degli anni Sessanta un indirizzo di critica di segno opposto, presto ampiamente maggioritario, che ha adottato parametri valutativi divergenti rispetto al passato, privilegiando la portata innovativa dell’opera (sul piano estetico-letterario, tematico, grafico e iconografico) e la sua “trasgressività” rispetto ai valori e ai modelli di comportamento consacrati della tradizione, inneggiando al ludico e al libertario e facendo della lotta alla “pedagogia”, equivocamente intesa, la propria bandiera, con conseguente negazione del ruolo educativo di guida, filtro e orientamento dell’adulto anche in materia di letture infantili. E quindi, in positivo, valorizzando gli aspetti estetico-letterari di un testo e richiamando l’attenzione sull’imprescindibile requisito del piacere della lettura, ma mettendo come tra parentesi il lettore con i suoi bisogni formativi, le sue fragilità e vulnerabilità psicologiche (anzitutto emotive e affettive), la sua manipolabilità e suggestionalità, ma anche i requisiti di leggibilità di un testo, a cominciare dai processi di comprensione, e concorrendo a orientare il libro per ragazzi nella direzione di una logica crossover, finendo per fornire legittimazione alle scelte a volte spregiudicate delle editrici più commercialmente intraprendenti.

Se il primo indirizzo di critica ha a lungo ingiustamente ignorato scrittori come Rodari e Argilli, il secondo ha di fatto decretato l’ostracismo, in forma di non menzione e di non considerazione, ad autori di talento, per lo più di area cattolica, non apprezzati a ragione del loro impegno educativo e dei valori veicolati, come Olga Visentini, Rossana Guarnieri, Giovanna Righini Ricci, Domenico Volpi… Una critica monodirezionale, non sempre disponibile al dialogo e ad un confronto aperto di posizioni culturali, e in alcuni suoi rappresentanti intollerante e repressiva nei confronti di obiezioni e tesi contrarie, come dimostrano alcuni episodi di scontro critico e ideologico riportati all’interno del saggio.

Nel nuovo millennio, con l’affermarsi di una nuova generazione di studiosi, col venire meno di alcuni suoi esponenti, con la caduta dei vari “muri”  ideologici e con l’emergere di nuove priorità educative, in un mutato contesto familiare, sociale e culturale, questo indirizzo di critica inneggiante al trasgressivo  e all’antipedagogia ha abbandonato alcune punte massimalistiche e i suoi parametri valutativi, già assunti come criteri di giudizio di un’opera narrativa, sono oggi meno rigidamente applicati e condivisi.

 

Quali sono i generi, gli autori e le opere più rappresentative della letteratura giovanile dal 1945 ad oggi?

Nel periodo considerato, tutti i tradizionali generi letterari sono stati variamente coltivati dai nostri scrittori, anche se nel tempo sono stati interessati da crescenti fenomeni di ibridazione. Alcuni peraltro sono  tramontati o sono meno presenti nell’odierna produzione editoriale, generalmente a causa della concorrenza filmico-televisiva e di internet, o perché non più rispondenti ai nuovi gusti e sensibilità di giovani lettori.

Intramontabile la fiaba, popolare e d’arte (Perrault, Grimm, Afanasiev, Andersen), ininterrottamente proposta in versioni più o meno manipolate o riscritta, spesso richiamandosi alle tecniche rodariane (insalata di fiabe, fiabe alla rovescia, fiabe a ricalco, ecc.), ora in chiave umoristica, per lo più volta alla dissacrazione di stereotipi e pregiudizi, ora in un’ottica femminista, con protagoniste intraprendenti e determinate, e marginalizzazione della figura maschile. Alla fiaba classica si affianca quella moderna, ambientata in un mondo urbano e tecnologico.

Scarsa, invece, la fortuna della favola, poco gradita per il suo tono didascalico e per la crudezza di molte conclusioni.

In crisi, in un mondo globalizzato e iper-esplorato, in cui l’esotico ha smarrito molto del suo fascino, l’avventura pura, sul modello salgariano, già fiorente negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso e ininterrottamente testimoniata da un autore come Mino Milani. Oggi soffre in particolare della concorrenza  di film e telefilm e dell’invadenza del fantasy, del quale è una costante componente.

Sempre coltivato il giallo: inizialmente di importazione, si è successivamente giovato dell’apporto di Pier Mario Fasanotti e di altri specialisti, che hanno tracciato una via nazionale al giallo d’autore.

Non particolarmente in auge il romanzo fantascientifico o di anticipazione (che negli anni Settanta – Ottanta poteva contare su autori come Gianni Padoan, Marino Cassini e Domenico Volpi), forse a ragione dell’inarrestabile progresso tecnologico, che sta trasformando in realtà molti sogni avveniristici. In ogni caso, nelle sue superstiti espressioni tende ad assumere un tono pessimistico e distopico, incarnando le paure per il futuro dell’umanità, gravido di incognite.

Praticamente scomparso, nelle sue forme tradizionali, il rosa classico (comunque non propriamente per ragazzi, anche se da essi ampiamente fruito, a partire dalla preadolescenza), almeno quello cui ci avevano abituato i lettissimi fotoromanzi pubblicati su «Grand Hotel», «Bolero», «Sogno»: patetiche storie di giovani belle e virtuose, che potevano coronare il loro sogno d’amore (che equivaleva anche ad una ascesa sociale) al termine di una travagliata vicenda, tra sofferenze, ingiustizie e contrasti, secondo i consolidati canoni del melodramma. Genere travolto dalla rivoluzione sessuale e dai mutamenti verificatisi nella nostra società, ma anche surrogato da telenovelas e soap opera. Oggi è riproposto in tutt’altre forme e in inequivocabili versioni per adulti da collane come «Harmony», già edita sino al 2015 da Mondadori, riflettendo i cambiamenti di mentalità e di costume.

Tramontato da tempo anche cosiddetto romanzo per giovinette, nel quale, negli anni Cinquanta del secolo scorso, si era particolarmente segnalata Giana Anguissola: oggi sostituito da vicende di ragazzine molto meno “castigate” di quelle, familiarmente protette ma anche represse nelle loro legittime aspirazioni e rivendicazioni, immortalate dall’autrice di Violetta la timida, o delle protagoniste dei romanzi di Annamaria Ferretti (collana «Betty», della Capitol), animate da una tenace volontà di affermazione lavorativa e sociale.

Sempre poco proposta la narrazione in versi, genere di difficile collocazione sul mercato, a ragione dello scarso interesse se non dell’aperta refrattarietà delle giovani generazioni per la musa della poesia. Il genere, dopo grandi maestri come Angiolo Silvio Novaro, Renzo Pezzani, Diego Valeri, Marino Moretti…, è stato portato a esiti artistici da Gianni Rodari, con le sue fresche e spigliate filastrocche, rimate e ritmate, da Roberto Piumini, con i suoi preziosi versi e, in anni più recenti, da Bruno Tognolini e Chiara Carminati.

Anche la divulgazione (storica, geografica, scientifica…), al pari delle enciclopedie, ha progressivamente sofferto della vincente concorrenza di internet, preziosa banca dati immediatamente e gratuitamente disponibile. Da segnalare tuttavia l’ottima produzione dell’Editoriale Scienza, che dal 1993 continua a proporre selezionati testi di divulgazione scientifica, invitando il giovane lettore a prove ed esperimenti.

Sempre vivo l’interesse per la biografia: già incentrata su grandi figure, prevalentemente di sesso maschile (politici, condottieri, navigatori, santi, letterati, inventori, scienziati e altri benefattori dell’umanità…) ha da tempo spostato il suo oggetto, ora celebrante soprattutto personaggi femminili che hanno coraggiosamente rivendicato o rivalutato il ruolo della donna in vari campi, all’interno di una società maschilista.

Un ambito narrativo oggetto di frequente attenzione a partire dagli anni Cinquanta e più intensamente nei due decenni successivi, è quello della seconda guerra mondiale e della Resistenza. Sono libri della memoria, di ispirazione pacifista e per lo più di tono autobiografico, sempre stretti tra i rischi della celebrazione agiografica e di rigide categorizzazioni manichee. Nel tempo queste pubblicazioni si sono diradate, sia per la lontananza temporale da quegli eventi, sia per la progressiva scomparsa di protagonisti e spettatori di quella tragedia nazionale e mondiale, sia per il frequente disinteresse delle giovani generazioni per gli avvenimenti del passato. Negli ultimi decenni sono stati affiancati e in parte sostituiti dai molti libri sul dramma dell’olocausto, incentivati dalla annuale celebrazione del giorno della memoria.

Lo scarso interesse per la storia e per le proprie radici ha investito anche il romanzo storico, già molto coltivato in passato e incentivato anche dalla sua collocazione nelle collane di libri di narrativa per la scuola media, utilizzato in collegamento col programma di storia e a sua integrazione-approfondimento.

Analoga parabola discendente ha condiviso la cosiddetta letteratura meridionale-meridionalistica, che si concentrava sui mali atavici dell’altra Italia (emigrazione verso il nord industriale, mafia, camorra, arretratezza economica, ingiustizia sociale…), trovando collocazione privilegiata nelle collane di lettura per la scuola media. Questa narrativa ha perso di intensità e di mordente, sia per la (praticamente) cessata adozione (a datare dalla fine degli anni Novanta) da parte della scuola secondaria di primo grado, sia per il venire meno delle migrazioni interne dal sud agricolo al nord industriale. Nelle sue superstiti espressioni si concentra soprattutto su mafia, camorra e ‘ndrangheta, assumendo il volto di libro denuncia.

Venendo ad altri filoni letterari, l’allarme per le sorti del pianeta, minacciato da dissennati comportamenti umani, e il rischio di estinzione di varie specie animali, hanno alimentato una ricca letteratura di impegno ecologico-ambientalistico e di denuncia, particolarmente vivace negli anni Settanta: impegno mantenuto vivo anche da alcuni giornalini del settore.

L’incessante flusso migratorio da paesi del terzo mondo ha ispirato negli ultimi decenni una consistente narrativa che partecipa empaticamente dei drammi, delle sofferenze e delle difficoltà di integrazione delle persone che lasciano la loro terra di origine, spesso dilaniata dalla guerra, nella speranza di un’esistenza migliore. Questa narrativa si implementa anche della cosiddetta letteratura migrante, in cui sono gli stessi protagonisti di questo esodo a raccontare della loro vicenda personale e delle loro difficili condizioni di vita in un terra straniera, fornendo anche informazioni sulla loro civiltà, tradizioni, usi e costumi.

Parallelamente la maturata sensibilità per la “diversità” comunque intesa  (compresa quella fisica, psichica e sensoriale), ha alimentato molti racconti dedicati alla disabilità, anch’essi ricchi di empatica partecipazione.

All’inizio del nuovo millennio esplode la fortuna del fantasy, con l’opera di Tolkien e di Lewis e la saga di Harry Potter, successo planetario che conta innumerevoli imitatori ed epigoni anche nel nostro Paese, dove nel genere si sono particolarmente distinte Silvana De Mari e Licia Troisi.

Comunque, almeno a partire dalla fine degli anni Ottanta, è sempre più difficile imbattersi in un genere narrativo puro, essendo le varie proposte narrative (romanzi e racconti) spesso la risultante della contaminazione tra più generi e sottogeneri, all’interno di un vistoso processo di ibridazione. Emblematico proprio il caso del fantasy.

Quanto agli autori emergenti del periodo, procedendo in ordine cronologico, vanno ricordati tra i molti Olga Visentini, Alberto Manzi, Giana Anguissola, Giuseppe Bufalari. E ancora Luciana Martini, con la sua scrittura inquieta, incline al pessimismo, precorritrice di nuove sensibilità; Renée Reggiani, con la sua celebrata trilogia; l’eclettico Gianni Padoan, autore di più di cento romanzi che attaversano i più disparati generi; Mino Milani, indiscusso maestro del romanzo avventuroso; Giovanna Righini Ricci, scrittrice degli adolescenti e per gli adolescenti, dal sempre vivo e coerente impegno educativo, anticipatrice di problematiche interculturali (adottatissima nella scuola media, ha contribuito a formare una generazione di studenti). Nel campo del fantastico, accanto a Gianni Rodari e a Marcello Argilli, si è distinto Pinin Carpi, col suo caratteristico tono affettuoso e colloquiale.

Presto si affaccia l’originale vena creativa di Roberto Piumini, vero artista e giocoliere della parola, capace di spaziare con felici esiti estetici nei più diparati ambiti narrativi, dal racconto fantastico alla poesia al testo teatrale, con i suoi versi ricercati e un po’ barocchi…  Nè vanno sottaciute le scrittrici di svolta” degli anni Ottanta e Novanta: Bianca Pitzorno, Donatella Ziliotto e Angela Nanetti, che hanno affascinato e conquistato alla lettura platee di preadolescenti, soprattutto di genere femminile, anche se con esiti non sempre pedagogicamente condivisibili. Un posto di rilievo merita Beatrice Solinas Donghi, autrice raffinata e colta, con la sua scrittura al femminile, signorilmente vigilata e misurata, e la sua limpidezza di stile, che rivive e riscrive la fiabistica classica secondo un gusto e una sensibilità moderni.

Nell’ambito narrativo della rievocazione del passato, vanno ricordati Teresa Buongiorno, con i suoi molti romanzi storici, poggianti su una rigorosa documentazione, e il geniale Marino Cassini, che ha spaziato dal romanzo storico a quello avventuroso, dal giallo alla fantascienza, senza disdegnare il racconto autobiografico e quello di tono paradossale, sempre sostenuto dalla sua passione per l’enigmistica.

Negli anni Novanta si affacciano nuovi autori che dispiegheranno il loro impegno narrativo anche nel nuovo millennio: scrittori come Angelo Petrosino empatico cantore dell’odierno mondo infantile, con le sue fortunate serie di Jessica e poi di Valentina, eroina della quotidianità, e come Guido Quarzo, originale e creativo rielaboratore di trame fantastico-fiabesche con un agile registro umoristico, tradendo (come molti autori di racconti fantastici) un qualche debito di riconoscenza con la scrittura e la teorizzazione rodariana. Né vanno sottaciuti Stefano Bordiglioni, con la sua sapiente sensibilità didattica all’interno di originali racconti fantastici, anch’essi di prevalente tono umoristico; Beatrice Masini, con la sua scrittura misurata e valorialmente attenta; Fulvia Degl’Innocenti, con il suo sciolto stile giornalistico, capace di affrontare disinvoltamente le più disparate tematiche. E tanti altri che limiti di spazio non consentono di menzionare.

Tra gli autori-illustratori emergenti nel periodo Bruno Munari, Emanuele Luzzati, Pinin Carpi, Cecco Mariniello…, e poi  Altan, Nicoletta  Costa  e Agostino Traini, con le loro popolari creature antropomorfizzate.

Tra le opere più rilevanti del periodo, secondo una valutazione inevitabilmente soggettiva e quindi opinabile, dopo Orzowei e La luna nella baracche di Alberto Manzi, Il colore del vento di Luciana Martini, Il treno del sole di Renée Reggiani e  le imprescindibili Filastrocche in cielo e in terra di Rodari, è d’obbligo menzionare Lo stralisco (1987) di Roberto Piumini, che per giudizio pressoché unanime della critica segna una pietra miliare nella storia della letteratura per ragazzi del nostro Paese, affrontando poeticamente il tema della morte infantile in un’ottica laica (analogo per tema è anche Mio nonno era un ciliegio, di Angela Nanetti, forse l’opera migliore della scrittrice). Negli anni successivi, da segnalare, tra i molti, L’incredibile storia di Lavinia e Ascolta il mio cuore di Bianca Pitzorno, vari racconti/romanzi di Beatrice Solinas Donghi e Clara va al mare, di Guido Quarzo.

Nel nuovo Millennio, accanto ai libri della serie Valentina di Angelo Petrosino, che  seguono lo sviluppo della protagonista dall’infanzia all’età adulta (impresa rilevante I viaggi in Italia di Valentina, in venti volumi), un libro destinato a rimanere nella storia della letteratura per ragazzi del nostro Paese è, dello stesso Petrosino, l’originale Il libro Cuore di Valentina, edito nel 2019, sapiente riscrittura, in un contesto attuale, del capolavoro deamicisiano. Di non trascurabile interesse anche La ragazza dell’Est, di Fulvia Degl’Innocenti, i libri-denuncia di Francesco D’Adamo, i provocatori racconti di Chiara Rapaccini, i molti romanzi storici di Ermanno Detti… Ma con questi elenchi, forzatamente incompleti, si rischia di fare torto ad altri autori, non meno degni di menzione.

 

Qual è l’importanza dell’opera di Gianni Rodari?

Quella di Gianni Rodari è stata una radicale svolta ideologica, stilistica e tematica.

Il “favoloso Gianni”, nella sua vastissima opera, spaziante dalla fiaba moderna alla poesia alla saggistica ha saputo fondere originalmente, in uno stile personalissimo, invenzione fantastica, ideologia, impegno sociale e civile, umorismo e agile ma sicura intenzione pedagogica, segnando una svolta innovativa nella letteratura per l’infanzia del nostro Paese e, di riflesso, anche di altre realtà nazionali e incidendo, in virtù della sua copiosa saggistica e del suo diuturno contatto con la scuola militante, sulla stessa prassi educativa e didattica, in direzione antiautori­taria e liberatrice del potenziale creativo dell’infanzia. A lui si deve, accanto a quella delle facoltà alogiche della psiche, la rivalutazione della fiaba tradizionale, già oggetto di acerbe critiche e talora di aperto ostracismo, sotto la spinta di rivendicatorie tesi femministe.

La sua fantasia inedita e rivoluzionaria, sorretta da una straordinaria ricchezza di invenzione lingui­stica, recupera personaggi, temi, motivi e persino ritmo e musicalità della tradizione popolare, facendosi veicolo di valori come la pace, la giustizia, la libertà, l’uguaglianza sociale e razziale, la laboriosità e la cortesia e esprimendosi in uno stile semplice, schietto, imme­diato, di straordinari nitore e limpidezza. Le sue “tecniche” (binomio fantastico, fiabe alla rovescia, fiabe a ricalco, insalata di fiabe…), volte alla sollecitazione di fantasia, creatività e pensiero divergente, ecletticamente mutuate da altri movimenti di poesia e divulgate attraverso l’insuperata Grammatica della fantasia, hanno significato un rinnovamento anche nella didattica scolastica e avviato una nuova stagione di lavoro didattico con e sulla fiaba.

I successivi sviluppi della letteratura per ragazzi non hanno potuto prescindere dalle indicazioni e  dal percorso tracciato dall’opera narrativa e dalla teorizzazione rodariana, specialmente quando rivolte all’infanzia propriamente detta (0-6anni) e alla prima fanciullezza, mentre la scrittura per la preadolescenza e l’adolescenza, sotto l’influenza e l’impulso di autori stranieri, ha seguito altri percorsi, più “trasgressivi“, che si discostano dalla prospettiva rodariana, declinandosi particolarmente al femminile.

Da rilevare che nel suo percorso evolutivo la scrittura rodariana è passata dall’acceso antiamericanismo degli anni Cinquanta  e dai coevi racconti e poesie  traboccanti di passione ideologica, alla produzione successiva (quella a noi più nota), dove poesia e prosa si spogliano dell’originario nucleo ideologico per farsi veicolo, in una atmosfera ludica e gioiosa, di valori universali e condivisi (pace, fratellanza, giustizia sociale, solidarietà tra gli umili…): testi non più rivolti soltanto ai figli degli iscritti al partito e ai lettori del giornalino comunista «Il pioniere», ma all’universalità dei bambini di qualsiasi appartenenza sociale, colore e latitudine.

 

Quale rivoluzione segna la produzione degli anni Ottanta?

Come già anticipato, quella della scrittura degli anni Ottanta, incoraggiata dalla nascita della collana “Gli istrici” della Salani e dalla traduzione/diffusione di libri di autori come la Lindgren e Dahl e della Nöstlinger, è una rivoluzione soprattutto tematica e valoriale, con l’irruzione di temi sino ad allora sostanzialmente estranei all’orizzonte del libro per ragazzi, a ragione della loro “scabrosità”, quali i disordini alimentari, la droga, la disgregazione familiare, e soprattutto la sessualità (AIDS, esperienze sessuali tra giovani, gravidanze indesiderate, stupri, incesti, pedofilia, e, in seguito, omosessualità maschile e femminile). Nessun aspetto della realtà, per quanto crudo, viene taciuto, in nome della «verità» e del preteso «rispetto» dovuto al giovane lettore.

All’innovazione tematica si accompagna, spesso da ricondurre al vissuto infantile dello scrittore, la negativa rappresentazione della famiglia e della scuola, luogo di oppressione, di ingiustizie, di soprusi e insieme la contestazione dell’educazione e della morale tradizionale, specialmente in materia sessuale, in una contrapposizione conflittuale tra infanzia/adolescenza e mondo adulto. Questa narrativa, incoraggiata dalle editrici più intraprendenti e meno trattenute da remore “pedagogiche”, in un suo consistente filone si configura come scrittura femminista o comunque al femminile, che si dichiara apertamente dalla parte dei bambini (e soprattutto delle bambine) e dei loro diritti, conculcati dall’adulto oppressivo, ipocrita e perbenista, esaltandone e incoraggiandone il ribellismo, a risarcimento degli (enfatizzati) soprusi, ingiustizie e discriminazioni che subirebbero all’interno della famiglia, della società e della scuola. La stessa Pitzorno si dichiara una bambina  «molto arrabbiata […] una bambina che non ha rinnegato la sua patria di origine e che […] usa  la penna come arma d’offesa e di difesa».

Idolo polemico i valori tradizionali, le convenzioni sociali, il costume educativo, in una costante denigrazione della “pedagogia” e dei suoi asseriti esiti condizionanti, accusata di plasmare il bambino contro la sua volontà, secondo le aspettative familiari e sociali. Ma, nonostante i dinieghi dei suoi esponenti (molti gli scrittori che si proclamano puri “tusitala”, che dichiarano di raccontare per il solo piacere di raccontare, senza alcuna altra finalità, e che si affannano a precisare che non intendono trasmettere alcun “messaggio”, tanto meno “morale”), anche questa letteratura fornisce modelli di identificazione ai lettori (e soprattutto alle lettrici) e ne influenza comportamenti, mentalità, scala di valori, ideali e scelte di vita.

Questi tratti connotanti ricorrono variamente soprattutto nella narrativa di celebrate scrittrici come Bianca Pitzorno, Donatella Ziliotto e Angela Nanetti.

Al concetto di educazione si sostituisce quello di autoeducazione: non più un incontro e un percorso comune da intraprendere tra due personalità libere, attività cooperativa e solidale tra adulto e bambino, secondo i migliori dettami della scuola attiva, ma frutto di un itinerario personale e accidentato di formazione. Il bambino trova  comprensione, protezione e sicuro riferimento nei nonni o in adulti stravaganti, eccentrici, “fuori dalle righe”, non fagocitati dal “sistema”, incuranti di norme e convenzioni, sostitutivi della latitanza psicologica e affettiva della famiglia. Sostanzialmente negato il ruolo educativo dell’adulto anche in materia di guida e di orientamento delle letture. È  il bambino che autonomamente si costruisce una sua personale strada nel mondo dei libri. Ma è principio pedagogicamente e psicologicamente consolidato che  l’originario principio di piacere debba lentamente transitare, anche grazie al ruolo umanizzante dell’educazione, verso il principio di realtà, socialmente accettabile. E quest’opera di liberazione delle potenzialità positive del soggetto, e il contestuale superamento degli impulsi egoistici e distruttivi insiti antropologicamente nella natura umana, sono compito e responsabilità dell’educazione diretta e indiretta, e quindi anche del libro per ragazzi.

Nell’insieme, questa letteratura segna una rottura, più che una continuità, non soltanto con molta scrittura del passato, anche con l’antecedente scrittura rodariana, tanto che in questo gruppo di scrittori è difficile individuare continuatori ed epigoni del maestro di Omegna, se non forse, parzialmente, nell’astro nascente di Roberto Piumini, che peraltro non rientra propriamente nel filone della letteratura “trasgressiva”, così come delineata.

Questo indirizzo di scrittura nelle sue varie espressioni, che vantano anche testi di elevata qualità estetico-letteraria, ha avuto il merito, al pari della critica che l’ha sostenuto, di rinnovare la nostra letteratura per l’infanzia, immettendola nel circuito di quella europea e internazionale, di avere rimosso stereotipi e convinzioni obsolete e di avere proclamato l’imprescindibile priorità del piacere del testo nelle letture infantili e giovanili. Ma sortendo esiti formativi non sempre condivisibili e comunque privi della universalità del messaggio rodariano, tra l’altro con una non sempre presente attenzione agli effetti dei contenuti narrativi su una personalità “in fieri” negli anni cruciali dello sviluppo (in riferimento soprattutto a vari  libri “di paura” della Ziliotto). Né si possono sottacere le non positive conseguenze psicologiche e relazionali dello svilimento delle figure adulte di riferimento e della continua contrapposizione tra il bambino e il mondo dei “grandi”, non escluse le stesse figure parentali. Al tempo stesso, con le sue anticipazioni tematiche e la frequente scabrosità delle situazioni, presenti soprattutto nella narrativa di importazione, questa letteratura  ha concorso, di concerto col ben più incisivo apporto dei media, ai processi di adultizzazione in atto e alla parallela accelerazione delle varie fasi dell’età evolutiva, orientando costumi e comportamenti dei giovanissimi e alimentando il deprecato fenomeno della “scomparsa dell’infanzia”; contemporaneamente, al di là delle intenzioni, ha contribuito a indirizzare la produzione editoriale per ragazzi verso una crescente commercializzazione.

 

Quali elementi caratterizzano la letteratura giovanile del terzo millennio? 

L’odierna produzione editoriale per le varie fasi dell’età evolutiva, con la sua ricchezza di proposte, rappresenta un universo narrativo estremamente composito, sul piano della qualità estetico-letteraria e della rispondenza ai gusti, agli interessi, alla realtà psicologica e ai bisogni formativi dei giovani destinatari. Nell’insieme presenta vistosi caratteri di omogeneizzazione, ibridazione, crossmedialità e compartecipazione al fenomeno crossover proprio dell’emittenza massmediatica.

Accanto ad opere di elevato livello estetico-letterario, affollano il mercato testi dozzinali, banali e ripetitivi nelle trame e nell’intreccio, piatti e sciatti nell’espressione, ipersemplificati nel linguaggio, spesso legati a fenomeni di moda e destinati a vita effimera. Libri quindi non sempre congrui sotto una molteplicita di profili, che non regalano grandi emozioni né conducono il lettore in fascinosi mondi narrativi in compagnia dell’autore.

Sul piano delle modalità stilistiche, la letteratura giovanile del nuovo secolo, fortemente condizionata dai modi della comunicazione massmediatica, si caratterizza  per la velocizzazione dei ritmi della narrazione, per la ridotta presenza di pause descrittive, per la fittezza dei dialoghi e per lo stile tendenzialmente paratattico. Frequenti le frasi brevi e il ricorso al punto fermo. Sono modalità di scrittura imposte dall’impoverimento linguistico delle giovani generazioni, nel tentativo di  rispondere alla loro frequente richiesta di libri non troppo impegnativi, da consumare in fretta.

L’intero settore risente di una esasperata commercializzazione e di conseguenti scelte editoriali, nell’ossessiva preoccupazione per le vendite e il fatturato e nell’illusoria rincorsa del best seller. All’interno di questa complessiva mediocrità emergono però opere di alto livello di letterarietà, capaci di coinvolgere emotivamente i giovanissimi e di conquistarli o riconquistarli alla lettura, schiudendo ulteriori interessi narrativi: tendenza che si è positivamente rafforzata negli ultimi anni. Molta di questa produzione di qualità, quanto meno estetica, è anche merito di piccole editrici di nicchia.

Contemporaneamente, si assiste al fenomeno dell’ibridazione vale a dire ad una marcata contaminazione tra i tradizionali generi, con incroci, sconfinamenti prestiti di personaggi, topoi e situazioni narrative. Emblematico il caso del fantasy, nel quale si ritrovano mitologia, fiaba, favola, poema eroico-cavalleresco, avventura, giallo, fantascienza, horror, mistero…

Altro fenomeno emergente oggi è quello della crossmedialità o del libro nella catena multimediale, per cui un prodotto narrativo di successo, non necessariamente letterario, può essere contemporaneamente – o in tempi successivi – libro, fumetto, magazine, cartoon, videogioco o viceversa, transitando disinvoltamente da un formato ad un altro. Rientrano in quest’ambito i libri definibili di fonte massmediale, che nascono a posteriori di un prodotto audiovisivo, come sua trascrizione o “novellizzazione” su supporto cartaceo.

All’interno dell’odierna letteratura per ragazzi si coglie anche una proliferante serialità, sulla scia del successo di un libro o di un personaggio (manierismo di Dahl, filone escrementizio, il cosiddetto potterume: termine riferito alla spregiudicata commercializzazione del maghetto attraverso libri, film, gadgets, ecc.). Ma serialità non è sempre sinonimo di mediocrità, come attestano i libri della serie “Valentina” di Angelo Petrosino; la stessa discussa serie di Geronimo Stilton non è priva di meriti, anche se non raggiunge elevati livelli artistici.

Inoltre la nuova letteratura partecipa crescentemente della logica crossover, a imitazione dell’emittenza massmediatica: un medesimo libro, spesso studiato a tavolino, si rivolge  contemporaneamente e indiscriminatamente a un pubblico indifferenziato, prescindendo dal dato anagrafico, e quindi contraddicendo ai principi di una narrazione “su misura”, in ordine alle esigenze, alle caratteristiche di personalità e alla complessiva maturità (linguistica, cognitiva, esperienziale, emotiva…) del fruitore. La tendenza trova riscontro nella proposta, avanzata da più parti, di una letteratura “senza aggettivi”, vale a dire priva delle sue specificazioni (“infantile”, “per l’infanzia”, “giovanile”…), con ulteriore contributo ai processi di adultizzazione in atto. Ovviamente, al di là dei tentativi di giustificazione teorica, questa letteratura crossover risponde a evidenti finalità commerciali, mirando ad aumentare a dismisura il potenziale pubblico di lettori (e di acquirenti).

La copiosissima produzione di albi e libriccini per la prima età, sino alla seconda infanzia, si  caratterizza generalmente per l’elevata qualità iconografica, avendo spesso come protagonisti animali antropomorfizzati. Consistente la produzione dei cosiddetti silent book, in cui l’immagine funge da guida narrativa, in assenza del testo verbale. Peraltro, nell’incessante ricerca di novità e originalità, molte pubblicazioni rivolte al bambino non ancora capace di lettura autonoma, o nelle prime fasi dell’apprendimento della lettura e della scrittura, si segnalano per un esasperato lettering, che si avvale di caratteri di stampa nelle più svariate fogge e dimensioni, spesso disposti disordinatamente all’interno della pagina, disorientanti per il piccolo destinatario. Elementi che solleciterebbero più di una riserva sul piano estetico e soprattutto didattico, ma spesso discutibilmente gratificati dai proliferanti premi letterari.

Incessante la riscrittura di racconti fantastici che recuperano personaggi, motivi, trame e topoi della tradizione fiabica, ora in chiave umoristica e parodistica, ora femminista, o miranti a trasmettere un qualche lieve “messaggio”, spesso in forma di fiaba moderna. Le fiabe classiche sono per lo più riproposte in eleganti edizioni, commentate da illustrazioni generalmente artistiche ma  inclini all’ansiogeno e all’orrorifico: non  di rado si caricano di oscuri significati simbolici e allegorici, risultando più adatte a un pubblico di amatori adulti che ad un’utenza infantile.

Altro filone narrativo molto coltivato dai nostri scrittori, accanto alle biografie femminili, è quello interculturale, peraltro un po’ meno percorso negli ultimi anni, forse a ragione dei mutati sentimenti e umori di larga parte dell’opinione pubblica nei confronti dell’incessante flusso migratorio, che si accompagnano a preoccupanti fenomeni di intolleranza e di rifiuto.

Sempre viva l’attenzione alla “diversità”, non soltanto in riferimento alla disabilità, oggetto di narrazioni ricche di sentimenti empatici. Vicende di ragazzi problematici, fragili, timidi, inadeguati rispetto alle richieste di una società efficientista e competitiva e alle aspettative familiari e sociali, ma ricchi di qualità umane e di doti empatiche, alimentano un consistente filone narrativo, sulla scia de La schiappa di Jerry Spinelli, avendo come antecedente il Charlie Brown di Schulz.

Genere narrativo emergente e trionfante è comunque il fantasy, che risponde alla sentita ansia/bisogno di evasione dalla banalità del quotidiano, di fuga liberatoria in un mondo altro e parallelo, dove vivono ancora nobili ideali, si compiono azioni grandiose e nel quale trovano realizzazione nella sfera dell’irreale, attraverso un’intensa partecipazione emotiva favorita dai processi di identificazione, sogni, speranze, aspirazioni, ansia di giustizia e valori oggi sempre meno testimoniati.

In crisi invece la stampa periodica per ragazzi – con la parziale eccezione di quella per la prima e la seconda infanzia –, e con essa e il fumetto, che ha assunto il prevalente volto e i caratteri del graphic novel e che ormai, dopo la straordinaria fioritura degli anni del dopoguerra, è sempre più prodotto amatoriale per adulti.

Ulteriore elemento caratterizzante l’odierna letteratura giovanile i libri a finale aperto, privi cioè di una conclusione definitiva, che è più spesso assente o ambigua, e quindi non risolutiva (in presenza di racconti a carattere drammatico-conflittuale o orrorifici) della tensione emotiva accumulata nel corso della narrazione. Spesso sono dettati dalla necessità di giustificare il prosieguo della storia, come già il tradizionale fumetto, che alla sua conclusione rimandava sul più bello al numero successivo.

Si è attenuata l’ondata di libri “trasgressivi”, insistenti soprattutto sulla sessualità e sulle sue degenerazioni o patologie, forse per il fatto che queste tematiche esercitano un richiamo minore rispetto a ieri, dal momento che oggi il bambino/ragazzo ha modo di soddisfare ogni sua curiosità in materia su internet, purtroppo anche accedendo, attraverso una navigazione non protetta, a siti pornografici, mentre la letteratura per l’adolescenza, nella quale si concentrava questa tipologia di narrazioni, va ormai transitando verso la letteratura adulta. Meno ricorrente anche la rappresentazione negativa e conflittuale della famiglia e della scuola: mutata tendenza forse da attribuire anche alle tante emergenze educative che attraversano il nostro come altri Paesi e che rendono meno opportune e giustificate proposte narrative incentrate su una ormai logora e ripetitiva “trasgressività” (già Pasolini richiamava il rischio del conformismo dell’anticonformismo). D’altra parte da tempo gli scrittori hanno modo e occasione di esercitare la loro creatività su nuovi temi alla moda: famiglie allargate, arcobaleno, omogenitoriali, omosessualità maschile e femminile, teoria gender…

Non di rado, nell’attuale situazione di frammentazione valoriale, nella società dell’incertezza, che è anche società anomica, il libro viene utilizzato e piegato per trasmettere e propagandare tesi comunque di parte, per esempio da associazioni che radunano una particolare tipologia di persone, come LGBT, Famiglie arcobaleno e simili. Con ciò, proseguendo il libro nella sua storica funzione di mezzo e strumento (oggi meno incisivo di ieri) di conformazione e di cattura del consenso, specie quando si rivolge a soggetti recettivi e suggestionabili come i bambini nell’età della prima e della seconda infanzia.

Il futuro del libro e della lettura alfabetica è incerto, e non tanto a causa  degli e-book e della possibilità/opportunità di leggere un romanzo sullo schermo di un computer o di un smartphone, ma per la crescente disaffezione della popolazione giovanile e adulta  – assorbita da molteplici occupazioni e contesa da una miriade di opportunità di ricreazione e di di svago – per la pagina scritta. Decisiva si rivelerà una scrittura per ragazzi che sappia empaticamente interpretare gusti, interessi, bisogni dei giovani lettori e innamorarli alla narrativa, rispondendo al mai venuto meno bisogno di storie del piccolo dell’uomo (e per la verità anche dell’adulto), non soddisfacibile né surrogabile dai cartoon, film e telefilm ininterrottamente trasmessi dal piccolo schermo.

 

(Intervista già apparsa su info@letture.org)

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