Francesco Petrarca preferisce le bionde. Il Primo Piano di Laura    

di Italo Spada

 

La maggior parte delle rime che Francesco Petrarca1 scrive in volgare e che sono contenute nel Canzoniere, ha come protagonista Laura, la donna che il poeta vede per la prima volta nella chiesa di Santa Chiara di Avignone durante i riti della Settimana Santa e della quale resterà innamorato per sempre. Leggendo i sonetti a lei dedicati è possibile ripercorrere questa infatuazione nelle varie fasi, come se si sfogliasse un diario segreto del poeta. La descrizione del primo incontro (6 aprile del 1327), dei turbamenti, dei pensieri, dei luoghi e delle persone è talmente dettagliata da poter facilmente immaginare questo “diario” come se fosse completato con illustrazioni, o se si vuole, arricchito da fotografie. Spesso, infatti, il poeta si comporta come un innamorato che inquadra e immortala momenti magici. La serie di scatti, talvolta, è a raffica  e le inquadrature fotografiche si trasformano in fotogrammi, sequenze, scene da rivedere in seguito nell’intimità della propria stanza per rivivere l’emozione provata.

Il sonetto XC si presta a esemplificare questo concetto.

Con i primi 6 versi  Petrarca riprende Laura in Primo Piano, soffermandosi su alcuni particolari, quasi a volere anticipare quello che alcuni teorici del cinema diranno in seguito, e cioè la possibilità di rivelare ciò che l’occhio non vede.2  L’inquadratura parte dai capelli, biondi come l’oro e a boccoli. Sono scompigliati dal vento, ma ciò non incide minimamente sulla loro bellezza. Tra i capelli di Laura e l’aura si svolge una sorta di gioco infantile paragonabile all’inseguimento, al nascondino, all’incastro. Da un particolare all’altro; dai capelli agli occhi. Occhi belli e luminosi, risplendenti di una luce che va al di là dell’immaginabile. Una luce che appare ancora più viva nel ricordo  se paragonata all’inevitabile invecchiamento.3

Ultimo passaggio, “a scoprire”, ecco finalmente l’intero volto di Laura che, in realtà o solo per finta, ricambia l’amore del poeta.4 Per rendere bene questo concetto, Petrarca cambia pellicola e passa dal bianco e nero al colore ed è così che, senza volerlo, adotta quella particolarità filmica che Bèla Balàzs chiama “colore in movimento” e che, a suo avviso, distingue il cinema a colori dalla pittura. Sei secoli dopo, infatti, Balàzs scriverà: “Il pittore può dipingere il rossore di un viso, ma non può dipingere un viso che da pallido improvvisamente s’imporpora; può mostrarci il pallore di un viso, ma non il drammatico processo dell’impallidimento. Perché la bellezza di un tramonto dipinto riesce così spesso banale, nonostante che la natura sia sempre interessante e viva? La ragione è questa: nella realtà noi assistiamo allo svolgersi di un avvenimento e non ci troviamo dinanzi ad uno stato di fatto; avviene una trasmutazione di colori e noi assistiamo al passaggio da un colore all’altro, mentre nel quadro tutto ciò risulta spesso schematizzato in una rigida astrazione. Nel primo film a colori del regista russo Nicolaj Ekk, si assiste alla persecuzione di un brutale sorvegliante ai danni di una giovane operaia. Il delicato azzurro degli occhi della ragazza si colora improvvisamente d’una luce minacciosa. In questo caso le trasmutazioni cromatiche esprimono sentimenti e sensazioni che la mimica senza il colore non potrebbe esprimere. Non solo, ma con le variazioni cromatiche si sono accresciute e perfezionate le sfumature della mimica. Un mutamento di colore (come l’impallidire) diviene importante sul piano dell’espressione mimica anche quando non si sia mosso nemmeno un muscolo del viso. La microfisionomia acquista, con l’aiuto del colore, possibilità espressive”.5

Il “montaggio delle attrazioni”[6] dei versi 7 e 8 – il cuore del poeta paragonato a materiale facilmente infiammabile che prende fuoco allo scoccare della scintilla (esca) dell’amore – serve da espediente per un passaggio tecnico tra il Primo Piano e la Figura Intera di Laura.

Finita l’esplosione di fuoco e di luce, la donna appare nella sua interezza. Petrarca la inquadra di spalle con una carrellata a seguire che si sofferma sulle sue movenze. Laura incede con un’eleganza che non ha pari sulla terra; è più angelo che femmina. Caratteristica che viene ribadita con un’altra metafora (la piaga inferta dall’arco dell’amore non rimargina nemmeno con il passare degli anni) e con il missaggio visivo-sonoro dei versi 10 e 11.

Sull’esplosione di luce del verso 12 (un vivo sole) molti registi farebbero partire i titoli di coda..

 

Canzoniere XC

 

Erano i capei d’oro a l’aura sparsi

che ‘n mille dolci nodi gli avolgea,

e ‘l vago lume oltra misura ardea

di quei begli occhi, ch’or ne son sì scarsi;

 

e ‘l viso di pietosi color’ farsi,

non so se vero o falso, mi parea:

i’ che l’esca amorosa al petto avea,

qual meraviglia se di subito arsi?

 

Non era l’andar suo cosa mortale,

ma d’angelica forma; et le parole

sonavan altro, che pur voce humana.

 

Uno spirto celeste, un vivo sole

fu quel ch’i’ vidi: et se non fosse or tale,

piaga per allentar d’arco non sana.

 
 

 

particolare

 

particolare

 

Primo Piano – Uso del colore

 

“montaggio delle attrazioni”

 

 

carrellata a seguire

sonoro

 

 

effetto luce

“montaggio delle attrazioni”
1 Francesco Petrarca (Arezzo, 1304 – Arquà, 1374). Figlio di un notaio fiorentino esiliato da Firenze, passa la sua infanzia a Carpentras, presso Avignone, che da alcuni anni era diventata la nuova sede della corte pontificia. Dopo avere studiato retorica, grammatica e dialettica, viene mandato dal padre a Bologna per studiare legge. Tornato in Provenza, prima frequenta la vita elegante della città e poi decide di intraprendere la carriera ecclesiastica, prendendo soltanto gli ordini minori. Assunto dal Cardinale Colonna come segretario e cappellano di famiglia, ha la possibilità di compiere molti viaggi in Europa. Nel 1337 visita per la prima volta Roma e rimane affascinato dai resti dell’antichità classica e cristiana. Tornato ad Avignone si ritira a pochi chilometri dalla città, a Valchiusa, dove aveva acquistato una casa. Le sue opere gli procurano prestigio politico e culturale e nel 1340 riceve sia da Parigi che da Roma l’offerta dell’incoronazione poetica. Sceglie Roma e, dopo essere stato esaminato per tre giorni a Napoli dal  re Roberto d’Angiò, l’8 aprile del 1341 viene solennemente incoronato in Campidoglio. Dopo altri viaggi in Italia e all’estero, nel 1347 sostiene il tentativo di riforma politica di Cola di Rienzo. Il fallimento dell’impresa del tribuno romano e la notizia della morte di Laura, vittima della peste del 1348, lo inducono a peregrinare per l’Italia (Ferrara, Padova, Mantova, Firenze, Milano, Venezia) fino a quando non si ritira definitivamente in Arquà, un solitario paese sui colli euganei.

Tra le sue numerose opere, in latino e in volgare, vanno citate: Africa, De viris illustribus, De otio religioso, Secretum, Canzoniere, Trionfi.

2 “Attraverso il Primo Piano il cinema ha scoperto il volto umano: la macchina rivela quello che l’occhio stesso non vede”. (Luigi Chiarini, Arte e tecnica del film, Laterza, Bari, 1975, pag. 15)

3 ch’or ne son sì scarsi: “Può alludere a un atteggiamento mutato di Laura che non rivolge più al poeta il suo sguardo luminoso, oppure all’invecchiamento che fa sfiorire la luce degli occhi.” (Cfr. G. Armellini, A. Colombo, La letteratura italiana, Vol. 1, Zanichelli, Bologna 2003, pag. 417, in nota)

4la pietà, nel linguaggio della tradizione cortese, indica l’amore ricambiato”. (Ib.)

5 Béla Balàzs, Il film, Cap. XIX: Osservazioni sul colore e sul rilievo. Einaudi, Torino, 1952,  pagg. 259-260

[6] Cfr. a tal proposito  nota n. 5 de “Le riprese di D’Annunzio nel viaggio de  I pastori”

 

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