Un caffè in due di Nicola Vacca, A&B Editrice, 2022

di Anna Rita Merico

 

È un andare nella passione amorosa inciampando in un quotidiano cucito tra margini e possibilità dettate da abbracci e fusioni del sentimento amoroso. È amore vissuto tra pareti del privato e un bar giù all’angolo, ciò a dire che la gioia emotiva rende imperdibile qualsiasi attimo senza necessità di atmosfere eccezionali o di momenti eccelsi staccati dalla quotidianità. I versi di Vacca si aggirano tra movimenti lineari e pieni. La densità è data da scoperte continue di dimensioni dell’essere attivate dal sentimento d’amore. È linearità senza abbandoni, è densità senza conflitti, è maturità di fusione possibile perché non impastata di richieste con ciò che di sé non è risolto. È fusione nata da maturità smagata su sé, sulle possibilità autentiche del morire nell’altra/o per poi ritrovarsi nella dualità centrata e forte del cercarsi. È, dunque, amore vissuto anche nella circolarità del darsi, fondersi, staccarsi, viversi, sentirsi cercarsi ancora, sempre con una nuova vitalità, sempre con una pregna energia.

È amore descritto, scandagliato, scanicato come si fa nell’impastare la pasta del pane quando mani sapienti impastano acqua, farina, lievito insieme ad antichi saperi del mondo.

Lievito madre, L’amore con i piedi per terra, Queste nostre parole d’amore, Fuori dall’oblio ritorneranno i baci: queste le quattro stanze della silloge. Un andare intorno a ritualità e scoperte rese forti dalla temperanza del sentimento, dalla parola conquistata attraverso lo sguardo dell’altra e con l’altra. L’Autore è capace di mostrare il verso dell’intimità indicando bella capacità di attraversamento dei corpi senza maschere. Sono corpi che levitano nel semprenuovo del sentimento amoroso, sono corpi che mostrano uno stato di grazia dinanzi agli occhi di un dio distratto ad indicare che la contemporaneità s’accoccola nel realismo delle pieghe della quotidianità. Non è più l’ascetismo, la trascendentalità a dir d’amore ma una camera, l’angolo di una strada sotto casa, il tavolino d’un bar, lenzuola sfatte e ancora abitate dagli odori di viaggi vissuti nel dentro del cuore.

L’amore, in Vacca, si tiene all’interno di una fine capacità d’ascolto di sé e dell’altra/o. E’ pennino di sismografo in grado di registrare fuga, certezza, assedio della vita, baci come fossero snodi cartografie del sentire. E’ la riconquista della vicinanza dopo l’esodo dalle carezze dettato dalla fase acuta della pandemia. E’ domanda sul senso, oggi, dei “comizi d’amore” cui Pasolini ci aveva condotto in epoca altra. Ciò che Vacca ci indica è l’amore come atto di conoscenza immanente. E’ il colloquio a renderci possibili nella nostra umanità, umanità della carne priva di oltrepassamenti, carne condivisa con il mondo e con gli arcobaleni del percepire.

E’ uno stato all’interno del quale il sentimento si palesa come presenza in grado di leggere i moti dell’anima, una presenza che si svela nelle nudità del proprio essere e del proprio andare. Ma è anche amore per la nostalgia, per quell’amarcord che ci tiene fuori dall’oblio donandoci sostanza di esistenza. È lungo il dipanarsi di ciò che resta indicando l’essenzialità del vivere, è ciò che portiamo come imprescindibile per le nostre evoluzioni.

L’amore, in Vacca, è anche il gesto di resistenza dinanzi all’abitare un mondo che si mostra senza amore, è forma di resistenza nel desiderio di sostare nell’umanità. Sembra gesto e vita in due, in realtà richiama e chiama una universalità dialogante oltre il vuoto d’ogni solitudine.

Un libro sulla poltrona, tu in giardino con le tue piante mentre io mi concedo la creazione di un mondo fatto di gesti, respiri, nutrimenti perché l’amore ci concede sguardo e possibilità di essere. Non è donna angelicata, è luce, è incantamento, è nome che scende nell’intimità d’ogni cosa a me svelatasi, non è donna se non involtolata nelle spire d’amore in grado di svelare. È dimensione che mi consente di guardare il mio cuore, è dimensione che mi rende possibile il mondo, un mondo divenuto arido a causa del male che lo abita. È lo spazio che consente la verità ad ognuno e per ognuno.

C’è un chiodo storto nel cuore

per tutti i piani inclinati della vita

è sufficiente un minuto di lucidità

per abbracciarsi in un inferno terrestre

si barcolla ma prima di cadere

l’amore può donarci un colpo di fulmine[1].

Vacca torna più volte sull’esperienza del bacio come soglia dell’incontro. Corpo che brama conoscersi e conoscere. Corpo che torna a fusionalità accesa. Corpo che danza nell’incontro, separazione, nuovo incontro. È la danza del dirsi nella dimensione magica situata fuori da ogni possibile oscurità, è danza che consente il vorticare oltre sino a togliere il fiato è danza derviscia che consente, contemporaneamente, oltrepassamento e stasi nel desiderio. Ciò di cui l’Autore dice, ancora, è la dimensione del sogno. Dimensione abitata, nello stesso istante, da amore e vita in grado di limitate e contenere le frane del giorno, in grado di rendere eterno il mondo perché ne è essenza e latte sempre neonato.

Il miele, la bellezza, l’universo, la meraviglia, nuove semenze… di cosa si sostanzia l’amore?

Amore possibilità di stare al mondo, amore nel desiderio di cercarsi, amore forma di conoscenza, amore come ricerca della luce, amore come fragilità della caduta e possibilità di rialzarsi, amore di letti sfatti che dicono il miracolo dell’esserci, amore come ritorno alla relazione primaria che ha insegnato la divina incompletezza cui inchinarsi nella ricerca dell’altra metà… incredibili le gamme tratteggiate con leggera puntualità dall’Autore nel viandare intorno e dentro il tema dell’amore che è tema dell’incontro e del nodo esistenziale di ognuno.

E… il caffè? È nelle sincerità crude fatte di abissi, addii, fedeltà che si cela questo fuoco alimento d’ogni cosa, fuoco da alimentare perché custode della vita. Ognuno vestale dei propri Lari. Ognuno abbarbicato nel giardino della propria ricerca di senso e significato dell’esistere, ognuno volto a raccogliere le gocce di una pioggia che va stanata e ci circonda perché l’amore ogni giorno cade

Si, è intorno ad una tazzina di caffè gustata in due, dallo stesso bordo, nello stesso rito vissuto in un corpo a corpo che attende il giorno, un rito che vince ogni deriva. Si: giorno al giorno, vita alla vita in Un caffè in due…

 

 

 [1] Nicola Vacca, Un caffè in due, A&B Editrice, 2022, p. 42.

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