Tommaso Fiore di Daniele Giancane, Solfanelli, 2023

di Cosimo Rodia

 

Daniele Giancane compie un gesto d’amore verso un amico, un segno di riconoscenza verso un grande intellettuale, dal quale ha avuto il privilegio di stargli a fianco: Giancane aveva vent’anni e Tommaso Fiore un ottuagenario, s’incontrano al bar e il giovane ascolta dalla viva voce le esperienze formidabili del vecchio pensatore, intrecciate a quelle di altri grandi uomini che hanno fatto la storia dell’Italia del Novecento.

Queste esperienze sono formative e fondative per Giancane, tanto che nel corso degli anni non solo non dimentica il maestro ma gli presta spesso la sua attenzione critica.

In Tommaso Fiore, Giancane mette insieme tre saggi già apparsi qua e là in momenti diversi, sui temi che Fiore aveva sviluppato nel corso della sua vita: Sulla politica, sulla civiltà meridionale, sulla poesia.

Il primo approfondimento tratta del Fiore educatore. E Giancane, ripercorrendo la ricerca antropologica fatta dall’intellettuale pugliese sulle tradizioni del popolo “di formiche”, rileva come gli scritti di Fiore siano a mezza strada tra il romanzo e la cronaca, e che anticipano sia il “Cristo si è fermato a Eboli” di Levi, sia il fondamentale studio etnografico di De Martino; Fiore intuisce (come pochi), che il mondo contadino è segnato da una vera e propria civiltà, dalla forte compresenza di pedagogia ed etica. “In ogni grande educatore, v’è la critica alla società presente e il progetto di un sistema (scolastico, sociale, politico, economico) proiettato nel futuro. C’è l’utopia di un mondo migliore”.

Inoltre, Giancane manifesta l’altra intuizione di Fiore, ovvero che l’educazione non può che essere democratica, apertamente in contrasto con i sistemi autoritari, poggiata di converso sull’uguaglianza, sull’amore e sulla giustizia.

Nel secondo saggio si dà conto dei tre anni del bimensile di letteratura “Il Risveglio del Mezzogiorno” con i suoi articoli sia di politica, sia di letteratura; nell’ambito di quest’ultima Fiore parla, con una grande intuizione, di peculiarità della poesia meridionale ed inoltre, coraggiosamente, afferma che ci possa essere una poesia non politica, proprio quando tutto era condizionato dalle idee del ’68, in cui la poesia non poteva essere che civile e politica; scrive Giancane: “Tommaso Fiore anche stavolta anticipava i tempi, comprendendo un concetto base della poesia degli ultimissimi anni, che cioè, come si usa dire, ‘il privato è politico’, nel senso che anche i problemi e le angosce dell’individuo isolato… riflettono evidentemente una più vasta problematica generale”.

L’ultimo saggio breve è riferito a nove poesie di Fiore, che Giancane non considera dei capolavori se analizzate sotto i riflettori estetici, perché “troppo dense di richiami eruditi, quasi carducciane nello svolgimento linguistico, legate alla schiavitù della rima e degli schemi metrici e strofici”, ma costituiscono un documento formidabile di “un intellettuale acerrimo avversario della tirannia”, che considerava la poesia come dono e comunicazione… una testimonianza concreta delle parole “di un uomo tra gli uomini”.

Tommaso Fiore è evidentemente un atto di riconoscenza (oggi valore raro) verso un Maestro che all’Autore ha trasmesso, a lui ancora giovane e in cerca della sua strada: idealità, coordinate di lettura della società, temi di approfondimento, che oltre ad essere paradigmatici di per sé, sono stati i principi guida per lo stesso Giancane nel suo lungo percorso di docente universitario e di animatore culturale.

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