La poesia come dialogo

di Sandro Marano

 

Vorrei fare due brevi considerazioni su che cos’è la poesia e sul ruolo del poeta oggi. Due temi talmente vasti e impegnativi da far tremare i polsi e le vene. Scuserete quindi la sommarietà e l’approssimazione del mio dire. Comincerei da un lontano ricordo che risale ai miei vent’anni: notte d’estate, il falò sulla spiaggia, un gruppo di ragazzi e ragazze, qualcuno che suona la chitarra e noi tutti che cantiamo “La canzone del sole” di Battisti/Mogol, ricordate? quella che inizia «Le bionde trecce, gli occhi azzurri e poi», e conclude in crescendo con questi splendidi versi:

«Il sole quando sorge, sorge piano

La luce si diffonde tutt’intorno a noi

Le ombre e i fantasmi della notte

Sono alberi e cespugli ancora in fiore

Sono gli occhi di una donna

Ancora pieni d’amore».

In quel momento facevamo poesia tutti insieme. Perché, tenetelo presente, la poesia non è qualcosa che si legge o si ascolta semplicemente, ma è qualcosa che si sente dentro di sé, vorrei dire che si vive, sono le emozioni che proviamo grazie agli strumenti dell’arte, che sono il ritmo, la metrica, l’assonanza, la rima, l’allitterazione, ecc.

Ecco, la poesia ci dona dei momenti di magia, dei momenti di estasi in cui fuoriusciamo dal quotidiano, ci allontaniamo dal mondo dei commerci e dei consumi e tocchiamo una dimensione altra del vivere. La poesia, come tutte la arti, aggiunge un po’ di bellezza alla bellezza originaria del mondo che dobbiamo preservare e difendere. Apro e chiudo una parentesi: il ponte sullo stretto sarà pure utile, tecnicamente mirabile, ma se toglie bellezza al mondo non va fatto.

Dicevo della bellezza che la poesia aggiunge al mondo. Prendiamo una poesia di Leopardi, il Bruto minore (che è davvero minore sotto tutti gli aspetti, tant’è che pochi la ricordano), eppure in questa composizione c’è un verso, un endecasillabo straordinario, di grande forza e bellezza, che ci dice l’indifferenza della natura per le opere degli uomini e in un certo senso riassume quello che Leopardi scriverà dopo e per cui lo conosciamo, da A Silvia a La ginestra:

«né scolorò le stelle umana cura».

Chi potrebbe dire meglio?

E passo all’altra considerazione. Il poeta oggi corre il rischio di chiudersi nel suo narcisismo, di essere banale (come Catalano o Arminio) o astruso (come Zanzotto), di ridurre la poesia a giochi linguistici. Oggi viviamo sotto un’opprimente cappa di conformismo che censura pure le parole e il pensiero. E di fronte alla potenza enorme dei mercati e dei social l’unica possibilità che il poeta ha veramente per far sentire la sua voce contro il monadismo dei social e di sperare di poter incidere sia pure in piccolissima misura sulla realtà che lo circonda è di stare in gruppi di poesia, come ha fatto lodevolmente Maria Pia raccogliendo attorno ad un progetto i poeti dell’Isola di Gary  – e come ha fatto prima di lei Daniele Giancane con i poeti della Vallisa.

Nei gruppi di poesia ci sono ovviamente differenze di temperamento, di idee politiche, di modi di scrivere la poesia, ma quel che poi accomuna i poeti è più forte delle differenze. Nel gruppo ci si educa al dialogo, alla tolleranza, al rispetto reciproco, soprattutto a tenere a bada il fanatismo, che non è solo la pretesa di possedere la verità, ma la volontà perversa di imporla agli altri.

Concludo con un breve aneddoto. Nell’ambito dei poeti della Vallisa ho conosciuto due scrittori  – di uno, che non è più tra noi e scriveva delicate fiabe per i bambini, voglio ricordare il nome: Francesco Tecce. Ebbene, questi due poeti la pensavano politicamente in modo opposto, tant’è che l’uno aderiva a Rifondazione comunista e l’altro aderiva alla Fiamma tricolore di Pino Rauti. Questi due uomini, apparentemente così diversi, stando nello stesso gruppo di poesia dialogavano, ascoltavano uno le ragioni dell’altro, e piano piano hanno scoperto di amare e di odiare le stesse cose: volevano entrambi cambiare lo stato delle cose, coltivavano entrambi la speranza e la grazia e detestavano entrambi il fanatismo, il conformismo  e i luoghi comuni.

Lascia un commento