Parla Vivian Lamarque

di Barbara Gortan

 

Il 26 maggio 2023, Vivian Lamarque è stata ospite al festival “Maria Corti” di Otranto (Le). Nel corso della serata la poetessa ha parlato della sua poesia e della sua ultima raccolta poetica “L’amore da Vecchia”, Mondadori, 2023.

Con un atteggiamento di bonario, sguardo pieno di ironia, dolore e malinconia, ha raccontato la sua unione profonda con la vita.

 

I nomi degli amanti

Confondere i bei nomi

degli amanti? Pronunciarli al momento

giusto con il nome sbagliato?

Chiedo perdono all’Olmo

quando lo chiamo Faggio

e al Frassino quando lo chiamo

Acacia, quanto si offese il Carpino

quando non lo riconobbi

a voltarsi di là umiliato l’aiutò il vento.

Mi perdoni il Larice che l’ho chiamato Abete

e l’Abete che l’ho chiamato

Pino, alle conifere tutte chiedo scusa

e perdono chiedo ai fidanzati.

Tutti dimenticati?

No, i loro nomi ho ancora dentro bene

incisi, ma come per nebbia

confondo un poco rami e mani, colore

delle foglie e dei capelli.

Oh presto saremo boschi tutti quanti insieme?

Avremo cuori d’erba? di radici?

Orfei ed Euridici indietro vôlti

non ti vedremo mai più luce di sole?

Saremo presto boschi tutti quanti insieme?

da una vita passeremo a un’altra, dove? come?

privi dell’azzurro della neve?

privi dell’amore nelle vene?

 

Ha detto la poetessa che i poeti sanno dare il nome preciso ad ogni cosa. Oggi siamo diventati, forse complice la televisione, generici. Bisogna sforzarsi ad imparare a dare il nome preciso ad ogni cosa. Quel singolo albero che si chiama carpino, leccio, quercia.

Noi usiamo al massimo duemila per la comunicazione quotidiana. E il resto?

Poi ha spiegato perché il titolo della sua ultima raccolta: “L’amore da vecchia”.

Ha detto che “Vecchia” è una bella parola, lo si dice alla quercia, come complimento. “Vecchia”, come il rumore delle foglie, ma anche come le nostre ossa che scricchiolano.

 

I am an Orphan!

Catturata dalla poesia dove Frank O’Hara bambino scontroso da dietro un albero grida forte agli altri bambini che stanno giocando beati

lam an orphan! I am an orphan!

Ma, sorpresa, orfano lui non era affatto.

Come io non lo sono come voi non lo siete come tutti – lo siamo.

 

Ha precisato, poi, che lei ha una passione per gli orfani, nel computer ho un file intitolato ‘scrittori orfani’. A dieci anni ho scoperto di avere due madri. Passo come un’illegittima di nascita. Ringrazio per i generosi scritti delle recensioni perché se nessuno crede in noi poeti, viene il dubbio di aver scritto per tutta la vita chilometri e chilometri di niente.

A cosa servono i premi? Un po’ a questo, perché non si hanno molti incoraggiamenti. I poeti chi sono? Cosa ci sarebbe di meglio del mezzo poetico? Usiamo parole che sono state coniate da poeti.

Se pensiamo a tanti grandi poeti del 900 che hanno lavorato nella pubblicità, Paul Valéry diceva siamo circondati dalla poesia. La poesia è un mezzo di una velocità e di una modernità impressionante. D’Annunzio ha dato il nome al grande magazzino di Milano: la Rinascente. A chi spegne gli incendi gli ha dato il nome di vigili del fuoco, ha dato il nome al tramezzino e forse molti tifosi di calcio non sanno che il termine scudetto è stato inventato lui. Fortini ha dato il nome alla macchina da scrivere. Viviamo di questa comunicazione velocissima, pensate a Instagram. Cosa ci sarebbe di meglio del mezzo poetico?

Una volta un ragazzo mi disse che nella mia poesia si capiva tutto. Molti ragazzi sono intimoriti dalla grande poesia italiana. Oggettivamente quella di Montale non è immediata, non arriva subito. A scuola si legge meno Saba e Penna, ci si fa un’idea, che la poesia se non è difficile e complicata, non è poesia. Questa cosa della semplicità è importante e per ottenerla ci vuole un grandissimo lavoro dietro. Come i quadri di Picasso, quando uno dice e che vi vuole? Ma sì, li faccio anch’io. Ma no calma, per fare il Guernica non è facile.

Nei temi l’ho insegnato anch’io la difficoltà maggiore tra gli alunni era ottenere dei temi chiari. È un po’ colpa della scuola che ci ha insegnato che alle elementari si scrivono frasi brevi, alle medie frasi medie, al liceo frasi lunghe, all’università lunghissime. Non è così non abbiate paura di utilizzare frasi brevi. In quinta elementare mi hanno rimandata in italiano, perché in un tema bisognava parlare di un amico e io ho parlato di un neonato. Mia madre non poteva rassegnarsi e andò a parlare con la maestra che le disse che il mio tema era puerile. Parla di un tuo amico e io avevo parlato di un neonato, questo deve averli spiazzati. Sono puerile adesso che ho ottant’anni figurati a nove. Sono uscita fuori tema.

 

Il primo mio amore

Il primo mio amore
erano due.
Perché lui aveva un gemello
e io amavo anche quello.
Il primo mio amore erano due uguali
ma uno più allegro dell’altro
e laltro più serio a guardarmi
vicina al fratello.
Alla finestra di sera stavo sempre con quello
ma il primo mio amore il primo mio amore
erano due: lui e suo fratello gemello.

 

Inizia una poesia semplicissima, quasi una cantilena e poi negli ultimi versi arriva la coltellata. Di me hanno scritto così nelle recensioni Sereni e Cordelli. Lo dice uno, poi l’altro è poi l’altro ancora che mi sono intitolata l’accoltellatrice.

 

 La cicatrice

Che anche lei la cicatrice

persino lei

la cicatrice

possa

un giorno

diventare

quasi

felice?

 

Provocatoriamente l’autrice invita di mettere in banca i giorni. Quanti giorni pensate vi restino?

 

Baobab

Perché non sono un baobab e questa è l’infanzia?

Numero d’anni avere davanti quante le stelle sulle teste degli alberi. E giorni ancora di più.

Agli anni preferisce i giorni e ai giorni i mattini, fosse lui quante ancora albe quante ore 11 che manca ancora un’ora alle campane di mezzogiorno quanti voli sulla testa, milioni di cip cip da diventar matti quanti nidi di madri di figli, che svolare intorno, quanti mattin

Metterli in banca metterli in banca i giorni risparmiarlo il Tempo. Si alzava presto ma alzarsi ancora prima di un mattino farne due, quasi due, invece che dalle 8 alle 13, dalle 7 alle 13, o dalle 6 alle 13 e 30. Oppure prolungare le sere oltre le campane della mezzanotte, oltre la una o le dueросло соне п пот на пос со с то тонов

teso anche vecchiaia è bellezza, capelli color ella neve, pelle rigata come belle cortecce alcuni che ti vogliono bene e alcuni che ti cedono il posto in tram. E se sul conto voi grete tot di ricordi, noi mille volte di più, una cineteca come Cinecittà, un ammontare salito piano piano, quasi come i Musei del Vaticano.

Ma a vecchiaia il lieto fine manca? Non è detto!

E se ci fosse davvero il paradiso?

Come ci meraviglieremmo.

(PS. Ma perché non avete tutti 80 anni come me?)

 

Vivian ringrazia tutti i suoi maestri, anche quelli più lontani nel tempo e nello spazio, fino a Ereso la patria di Saffo e Amherst la patria di Emily Dickinson. Per il patrimonio di poesie con cui l’hanno nutrita. È anche loro l’inchiostro suo. Sento proprio un travaso, e poi i poeti che ho amato li copiavo, e pensavo che qualche goccia d’inchiostro nero è rimasta nel mio pennino

 

Finito, già finito l’incantato tempo dei rami in fiore?

Come quando sul più bello del ricamo finisce il filo da ricamo?

 

Continua a parlare e dice che siamo immersi nella poesia, se ci pensate anche le canzoni fatte bene, sono poesia. Abbiamo un contatto costante con la poesia. Se ascoltate una canzone che ci piace, oltre il suono poi scoprirete che sono quelle parole che vi colpiscono. Alcuni critici non sono d’accordo, perché dicono che le canzoni e le poesie sono due cose diverse, ma si dimentica che la poesia è anche nella quotidianità. Racconta, che lavava un bicchiere, è arrivato un raggio di sole nel bicchiere che sembrava diventato la luna. La poesia è da pertutto, se la vedete. È anche nelle canzoni, voi non lo sapete ma siete colpiti perché c’è un poco di poesia.

Infine termina con i seguenti versi: ‘Siamo poeti voletevi bene, da vivi di più, da morti di meno  che tanto non lo sapremo’.

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