Il maestro Ernesto Gennaro Solferino in “Sopra le nuvole o tra le fiamme”

di Cosimo Rodia

 

Il catalogo “Sopra le nuvole o tra le fiamme” di Ernesto Gennaro Solferino, oltre ai versi di Silvana Carlucci, contiene trentatré dipinti dai quali emergono almeno tre aspetti che vale la pena richiamare.

L’iperrealismo. Le opere sono un esempio straordinario della capacità esecutiva di Solferino nel rappresentare la realtà, nella fattispecie le figure di donne, che per plasticità e realismo somigliano ad una foto (bisogna avvicinarsi e toccare la tela per notare che non si tratta di una fotografia!); le immagini di copertina o del frontespizio o il dipinto “Il suono della vita” sono esempi non solo di una minuziosità figurativa rara, ma anche di una peculiarità del maestro di sondare nella
profondità degli occhi il mistero dell’universo femminile, trasmettendo allo spettatore, attraverso le espressioni lascive del soggetto, le labbra turgide, i corpi sensuali…, la potenza della donna, la forza naturale che “tutto move”.

La sensualità. Tutte le tavole contengono il soggetto femminile impastato ad elementi allegorici.
“Come donna bambina”, “I miei sospiri”, “Segreti” sono esempi straordinari di opere in cui traspare un eros cerebrale, pur nella sua carnalità, tanto che si potrebbe dire che i desideri evanescenti sono misteriosamente traslati in una dimensione intelligibile, cosicché il tangibile sfiora il mondo dell’Altrove (o dell’Assoluto).

L’uso dei colori. Sarebbe una diminutio dire che il maestro Solferino abbia un’ascendenza caravaggesca, come se fosse uno dei tanti manieristi. No, l’artista di Francavilla Fontana è qualcos’altro. Basterà guardare “Il risveglio”, “La nostra storia”, “Bocca nella bocca”, “Sei bella” per notare i forti chiaroscuri, struggenti e paradossalmente pieni di luce, in cui brillano i corpi delle donne che contengono aspetti umani, legati ai bisogni naturali del corpo, ai desideri, e contestualmente una dimensione archetipica; due aspetti che dialogano e che stordiscono l’osservatore.

Nei dipinti del maestro Solferino troviamo, dunque, l’esistenza con le sue componenti di oscurità, aspettative, erotismo, ricordi…; e contestualmente troviamo una luce rischiarante, ovvero quella che permette di mettere a fuoco particolari che altrimenti sfuggirebbero.
Fasci di luce che sono epifanie interpretative del buio (o del mistero) che avvolge il nostro stare Qui.

I particolari transeunti originano uno spaesamento; in una realtà negletta e velata, fatta di volizioni e concupiscenze, i fasci di luce costituiscono una verità che si staglia su tanta provvisorietà, esaltando la forza tetragona della bellezza.
Un insieme pittorico, dunque, che contiene disomogeneità e unità, originando, in questo equilibrio misterioso, un sentimento di caducità e una consapevolezza della grande vis della vita, allocata in particolare nella figura della donna.

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