Intervistiamo: Cosimo RODIA

di Ilaria Solazzo

 

Durante la tua infanzia e adolescenza era già evidente il tuo amore per i libri e per la scrittura?

– No; nella casa paterna c’era un via vai di cose pratiche da fare, per mandare avanti una famiglia numerosa e un po’ di ettari da coltivare.

Tra i tuoi familiari chi ti ha spinto maggiormente verso la sfera artistico/culturale?

– Mia madre nella sua semplicità, che conosceva le opere liriche a memoria, vedevamo i film gialli a enigma insieme e si faceva a gare per chi individuasse prima l’assassino; poi, è stata la mia lettrice alla quale consegnavo la prima copia dei titoli che andavo pubblicando.

Quando hai capito che la scrittura avrebbe rappresentato il tuo mondo nella quotidianità?

– Dopo che ho iniziato ad insegnare. Facevo piccole dispense e sperimentazione di scrittura creativa; ho capito che la poesia si poteva insegnare e che su di lei bisognava puntare, così ho tirato dal cassetto due raccolte intere delle mie poesie giovanili (Pensieri in penombra e Stati d’animo)…

Quando hai pubblicato il tuo primo libro quali emozioni hanno avuto il sopravvento?

– Era uno studio svolto all’università per l’esame di Storia del Teatro e dello spettacolo; così pubblicai “Teatro: variazione sul tema” che era un tentativo di spiegare, partendo dal teatro locale, quello di Carosino (Ta), di cui mio nonno materno ne era stato uno degli artefici negli anni ’30, la caratteristica del teatro di Regime. In quell’operazione, ricordo ancora, provai la gioia di mettere lo studio individuale al servizio delle ragioni sociali ed identitarie.

Quale scrittore è stato per te un mentore?

– Leopardi. I Canti, indiscutibilmente un vangelo d’iniziazione poetica.

Dovendoti descrivere usando solo tre aggettivi?

– Appassionato, preciso, emotivo.

Quali i due tuoi hobby preferiti?

-Più di due. Sport acquatici, tennis, calcio, chitarra

Se tu potessi fare un regalo all’umanità per cosa opteresti?

– Un dono di bellezza, certo che essa possa compiere il miracolo di trasformare l’uomo più buono e disponibile.

Cosa si annovera tra i tuoi progetti dopo l’estate 2023?

– C’è una ricerca scientifica in atto di Letteratura Giovanile; poi in ambito letterario penso, dopo una ventina di raccolte, ad un’antologia, per presentare il meglio della mia produzione.

Tra i tanti libri di poesie, mi piacerebbe soffermarmi sugli “Epigrammi”; una tipologia testuale intesa come un componimento poetico di vario carattere che si contraddistingue per la sua brevità ed efficacia. Cosa ti senti di aggiungere?

– È stato un bisogno di rendere fulmineo una visione di bellezza. Alla base c’è l’idea che la vera poesia sia quella lirica (naturalmente per me), che si racconta per immagini e per la grande potenza della parola.

Quale rapporto può avere oggi la poesia in modo poetica?

– Oggi più nessun rapporto. Una poetica presuppone un progetto che combini temi, stili, riflessione teorica sull’interazione della poesia con le altre forme d’arti; nella società della comunicazione totale e della globalizzazione, non possono più esistere poetiche, per cui, per me esistono le poesie, ognuna con le sue peculiarità, col suo dettato, con le sue finalità…

Qual è l’utilità della poesia nel 2023?

– Rispondo parafrasando quanto Quasimodo ha espresso nel suo “Discorso sulla poesia”; ovvero la poesia grazie alle sue caratteristiche e al suo lavoro sulla parola, può non farci perdere i caratteri che sono propri dell’uomo e nel contempo può essere utile alla società perché essa potrebbe modificare il mondo, per la sua resa di bellezza.

Che ruolo gioca la poesia nel comporre gli elementi soggettivi oggettivi e l’assoluto?

– Con l’assoluto, non so. Ma la composizione degli elementi soggettivi e oggettivi credo sia naturale, perché se soggettivamente con la poesia è possibile trasmettere passioni, emozioni, incendi dell’animo, non possono non avere anche effetti interrelati con la realtà. Quindi la poesia è la strada per opporci alla disumanizzazione dei rapporti umani, favorendo invece un modo di stare nel mondo meno omologati.

La poesia ha un proprio vestito?

– Propendo per la poesia lirica, nella quale entrano in azione necessariamente sia le figure retoriche sia quelle metriche.

“La poesia non serve a nulla eppure non se ne può fare a meno”, sei d’accordo con questa affermazione?

– È un’affermazione parafrasata da Donatella Bisutti, cui credo fortemente nel senso che la poesia costituisce una resistenza al mondo dei linguaggi omologati e bassamente comunicativi.

Quali sono i due epigrammi che ti rappresentano maggiormente?

Il primo, lirico ed epigrammatico appunto (Nascondi/negli occhi/socchiusi/un oceano/che sovrasta/i deserti), e l’ultimo, con versi più distesi, ma sempre essenziali da costituire una sorta di chiarimento esistenziale di chi scrive (Ho fretta; non ferma/non v’è fermata/bisogna saltare in corsa/sul predellino/non chiedetemi altro/ho fretta/manca il tempo/vi prego/non trattenetemi, né parlatemi/ ho fretta/mi alleno, appena, a saltare/non c’è fermata/non salirò comodo dagli scalini/e nessuno mi aprirà la porta/salterò…/perché ho fretta/nessuno me ne voglia/non c’è più tempo/devo andare!/Ho fretta).

Il poeta contemporaneo che senti più affine alla tua anima è…?

– Tutti i lirici: iniziando da Leopardi, D’Annunzio della “Pioggia nel pineto”, al primo Ungaretti, Montale, il secondo Quasimodo, per arrivare a Milo De Angelis, a Mario Benedetti (per non parlare degli spagnoli).

Quanti e quali sogni ci sono nei tuoi cassetti?

– Ogni volta che lavoro a un sogno, mi dico che sarà l’ultimo; poi quando l’ho realizzato ne insorge sempre un altro: è la maledizione di credere, di rendere il mondo delle tue esperienze in immagine poetiche! Una scrittura sofferenza, nel senso che quando hai un’idea da trasformare in versi, pensi all’immagine, poi cerchi di capire quanto essa sia efficace e quando non sei soddisfatto, continui nella ricerca, con un certo affanno, direi, e con struggimento fino a quando non consideri la stesura quella definitiva. Ecco, questa è la maledizione di chi scrive, per cui, così ammalato, è impossibile pensare di fermarsi e quanto ai progetti, verranno come la casualità e la passione li disporranno all’attenzione di uno spirito appassionato (sic!).

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