La grande meraviglia di Viola Ardone, Einaudi, 2023

di Fulvia Degl’Innocenti

 

Dopo il successo di Il treno dei bambini e Olivia Denaro, nel suo terzo romanzo Viola  Ardone, docente napoletana di lettere, inserisce una vicenda immaginaria in un altro momento storico cruciale italiano: l’abolizione dei manicomi, istituita dalla legge Basaglia nel 1978. Ma ci vollero altri venti anni perché i 96 istituti italiani fossero effettivamente dismessi.

Nell’immaginario manicomio napoletano di inizio anni Ottanta chiamato il Fascione, la voce narrante è una ragazza di quindici anni, Elba. Nel manicomio ci è nata, da una madre tedesca fatta internare dal marito dopo che era rimasta incinta di un altro uomo. Della sua Mutti Elba conserva un ricordo dolcissimo: le ha insegnato le canzoni tedesche, ha inventato per lei giochi fantasiosi per colorare quello che Elba chiama il “mezzomondo”. Poi quando aveva nove anni, un giudice ha disposto che fosse mandata a studiare dalle suore, e al suo ritorno le hanno detto che la madre era morta. Ma lei non ci crede, perché dalla torre dove sono internati i casi più gravi, la sente cantare. Per questo finge una pazzia che non ha: perché lì dentro, tra schizofreniche, depresse, alienate, anoressiche, tra cui la giovane Aldina che declama poesie (chiaro riferimento ad Alda Merini), c’è l’unica speranza di avere una famiglia. Fino a quando ad affiancare il primario, psichiatra vecchio stampo che ricorre all’elettroshock, la cinghia e la camicia di forza, arriva Fausto Meraviglia, che lei chiama il dottorino, un seguace di Basaglia che comincia a trattare umanamente le pazienti, le fa uscire, giocare, parla con loro. E capisce subito che Elba non è pazza, anzi è una ragazza molto intelligente. E lo dimostra il suo Diario delle malattie mentali, dove con lucida ironia fa le diagnosi delle pazienti, i nomignoli che affibbia a ogni inserviente o malato, il linguaggio disincantato eppure pieno della meraviglia dell’infanzia reso benissimo dalla prosa mimetica della Ardone.

Il racconto di Elba si alterna a quello del dottor Meraviglia ormai anziano e solo, che fa i bilanci di una vita in cui inseguendo le donne e il suo lavoro ha trascurato la famiglia, e che ricorda con rimpianto quella che ha considerato la figlia da lui scelta, Elba, che voleva far laureare in psicologia, che aveva portato a vivere a casa sua ma che poi se ne era andata. C’è rabbia, impotenza, ingiusta, ma anche dolcezza, compassione e speranza in questa storia dolorosa dove le strade si incrociano, poi si dividono, ma lasciano tracce indelebili nel cuore.

 

(Già pubblicata su FC 39/2023)

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