“Racconti di vita e d’avventura” di Cosimo Rodia, Adda editore

di Gabriella Armenise

(Università del Salento)

 

Cosimo Rodia è autore di una raccolta di nove racconti, differenti per forma e stile, che potrebbe essere intitolata Le favole moderne, in quanto risultano ancorati ad episodi di attualità dove sono protagonisti gli “attori” dell’inquietudine moderna. Tuttavia, la cifra della narrazione richiama lo stile antico della favola che evocando elementi ancorati alla realtà vuole educare a principi morali dal valore universale. Partendo da una narrazione quasi giornalistica degli eventi, dove l’autore sembra non partecipare ai fatti, lo svilupparsi del racconto conduce ad una conclusione che dovrebbe più che fornire delle risposte, porre delle domande. Vi sono facili risposte ai problemi sociali? La realtà o la “verità”, come alcuni vorrebbero sostenere, non è legata ad un’unica visione, ma ha infinite sfaccettature.

Sin dal primo racconto (Giovanni e il bullo) si evidenzia la difficoltà delle Istituzioni e degli esperti ad intervenire con efficacia sui problemi di un ragazzo.  Non vi è del facile moralismo, ma una constatazione del rischio di banalizzazione delle realtà e della risoluzione dei problemi sociali ed esistenziali. Quindi, ogni lettore arriva alle proprie conclusioni, come se fosse egli stesso autore del testo. Infatti, la successione degli eventi lo rende protagonista dell’interpretazione di quei contenuti considerati rilevanti secondo una scelta personale. Molti sono gli spunti di riflessione proposti dall’autore e tra questi il lettore può scegliere quelli più consoni alla propria sensibilità. Il quarto racconto (Valentino) appare come una continuazione del primo, con la sottesa riflessione “nessuno può salvarsi se non lo sceglie da solo”.

Protagonista, nella seconda vicenda (L’avventura di Amal), è l’odissea di chi affronta la vita in un Paese straniero, quindi, è chiaro il riferimento al problema dell’accoglienza, sempre attuale, che richiama, in realtà, l’attenzione sul quesito esistenziale “di chi possiamo fidarci?”. L’ “orco” è nascosto in volti benevoli, come in una favola antica, mentre la mano viene tesa da un’inaspettata persona, possibile superamento di un superficiale pessimismo sulla struttura della società e sull’egoismo che la contraddistingue. Infatti, vi sono tante persone che si impegnano nel sociale, non soltanto Don Raffaele, protagonista del terzo racconto (L’oratorio di don Raffaele), che toglie i ragazzi dalla strada attraverso attività sociali. Esso inizia con la metafora del sasso lanciato nello stagno che indica la possibilità, comunque, di poter compiere delle azioni con effetti più ampi ed efficaci di quelli che si possano prevedere. Il protagonista impegna i ragazzi del suo paese in attività agricole al fine di recuperare terreni incolti, ma i prodotti di questi terreni risultano contaminati dall’acqua utilizzata in cui sono presenti gli scarti tossici dell’industria del Signor Lampiù. Tutto il racconto inizialmente si sviluppa sul tentativo di contattare l’industriale attraverso il segretario, poi mediante un politico, ed in seguito con un’azione che coinvolge il Vescovo, ma tutto ciò sembra vano. Così con azioni compiute dai ragazzi dell’Oratorio, atte a sabotare le attività inquinanti dell’industria, si riesce a raggiungere l’obiettivo, anche con l’ausilio dei mezzi di informazione finalmente sensibili alla questione. La riflessione finale, che tutto questo si sarebbe potuto evitare se il segretario avesse fatto parlare il Sacerdote direttamente con il Signor Lampiù, è ovviamente una storia fatta con i se, come sottolinea Rodia. Questo è il lieto fine di ciò che potrebbe essere la Società se tutti non fossero mossi da interessi egoistici.

La raccolta di storie si sviluppa con un alternarsi di messaggi morali e di intrattenimento. L’avventura di Isabella e Una “incredibile” avventura di guerra hanno come protagonisti i sentimenti, le paure più profonde e l’avventura feuilleton; mentre I sogni di Leonardo esalta il valore della conquista scientifica. Francesco e Ismail propone il valore della pace come conseguenza del rispetto dei diritti dei fanciulli di tutte le nazionalità; infine, Tra leggenda e realtà presenta uno scenario dal sapore antico che intreccia slanci infantili e ancestralità del mondo preindustriale.

Nel complesso la lettura del volume risulta gradevole tanto per la varietà delle tematiche affrontate quanto per la profondità dei contenuti. Questa è la naturale e involontaria conseguenza di una cultura della favola, in questo caso moderna, che mescola il terrificante “reale” con il fantastico “verosimile”, dandole la veste di immediatezza narrativa.

Nell’ideazione del testo si nota come Rodia abbia saputo conciliare la propria esperienza di vita e sensibilità con una intuitiva percezione delle capacità di comprensione dei lettori. La sua evidente competenza didattica, unitamente alla compresenza di spiccate doti narrative, danno lustro a questo agile volumetto ispirato da precise categorie valoriali, che riescono a conciliare appieno le finalità formative con il piacere della lettura. Egli riesce a individuare sapientemente tutte quelle caratteristiche strutturali della narrazione che rendono le storie narrate adeguate alle differenti sensibilità dei lettori, contribuendo fattivamente alla rispettiva crescita culturale ed emotiva, nel pieno rispetto della loro personalità.

Rodia nel proporre un approccio di lettura “moderno” al racconto tra “avventura” e “formazione valoriale” riesce a “farsi leggere”, per i suoi incipit che affascinano il lettore fin dalle prime pagine o i finali non improvvisati o banali, ma, soprattutto, stimola sapientemente lo spirito critico del lettore, che, immedesimandosi nei protagonisti o negli eventi narrati, finisce con il dar vita alle differenti situazioni aprendo la strada al dialogo e al confronto costruttivo su questioni esistenziali condivise o condivisibili.

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