Nietzsche, un profilo intellettuale (parte seconda)

di Sandro Marano

 

Spirito romantico ed inquieto, Nietzsche non ha inteso proporre un nuovo sistema filosofico. Se esaminiamo i concetti cardine del suo pensiero, ci accorgeremo che essi provengono da luoghi disparati. L’eterno ritorno non è che una credenza stoica e rinascimentale; la volontà di potenza è la volontà di vivere senza il dolente pessimismo di Schopenhauer; il superuomo una figura a metà strada tra il principe di Machiavelli e l’illuminato dell’insegnamento buddista. Da questo punto di vista possiamo fare nostra l’osservazione di Evola  secondo cui Nietzsche ripercorre col suo pensiero le tappe fondamentali della filosofia occidentale. (1)  D’altro canto ci sono in lui intuizioni filosofiche di grande pregio: in campo etico la proposta d’una nuova tavola di valori, i valori vitali, che secondo Abbagnano rappresentano «il contributo maggiore della sua dottrina alla problematica della filosofia contemporanea» (2); in campo estetico le figure del dionisiaco e dell’apollineo; in campo psicologico la scoperta dell’importanza dell’inconscio.

Quel che a lui premeva in fondo era altro. Quando scriveva che «tutto ciò che si fa per amore è sempre al di là del bene e del male» (3), non soltanto poneva in risalto il carattere irrazionale dell’esistenza, ma delineava un metodo, indicando all’uomo uno stile di vita che gli consentisse di accettare ed amare il proprio destino. Nasce dall’amore entusiastico e senza riserve per la vita il suo progetto di «rovesciare le prospettive», il suo processo alla morale borghese e cristiana,  il suo intento di considerare le cause in base alle quali si moralizza e si idealizza e di regolare conseguentemente una volta per tutte i conti con la morale cristiana, che «è stata finora la maga Circe di tutti i pensatori» (3).

Certamente l’opera di Nietzsche presenta ambiguità e contraddizioni. Si professava spirito libero, ma lui stesso non era esente da pregiudizi, come quando nello Zarathustra affermava che «l’uomo deve venir educato per la guerra e la donna per il sollievo del guerriero; tutto il resto è follia». (4) Dichiarò guerra alla metafisica, ma sostenere che la vita è nient’altro che volontà di potenza non è fare della metafisica? Affermò insieme l’eterno ritorno e la volontà di potenza. E la stessa nozione di volontà, come già notava Evola, è intesa ora come volontà del mondo ora come volontà propria dell’uomo. (5) Disprezzava le masse, ma proponeva una grande politica, che, com’è noto, non può prescindere dalle masse. Non aveva tutti i torti Spengler quando osservava che «Nietzsche ha fatto l’essenziale, ha compiuto il primo decisivo passo per raggiungere il nuovo punto di vista. Ma l’esortazione da lui fatta di porsi al di là del bene e del male , fu il primo a non seguirla. Egli volle essere ad un tempo scettico e profeta, critico della morale e annunciatore d’una nuova morale. Il che non si accorda». (6)

In ogni caso, al di là di quelle che sono le sue contraddizioni di uomo e di pensatore, Nietzsche ebbe il coraggio di trarre tutte le conseguenze logiche ed esistenziali implicite nella sua posizione senza nulla concedere ai pregiudizi e alle speranze umane. Anzi, ad ascoltare Evola, secondo cui «non bisogna dimenticare che in Nietzsche la dottrina fu vita» (7), fu proprio questa coerenza a spiegare l’esito finale della sua vita.

Come è stato posto in rilievo sia da Evola  sia da Abbagnano, Nietzsche intese e realizzò l’esistenzialità della filosofia, cercò in altri termini di far coincidere il pensare col sentire e col fare, ponendosi in rapporto personale con i suoi problemi: «in cielo e in terra il disinteresse non vale un bel nulla: i grandi problemi esigono tutti il grande amore». (8) Ogni sua parola è dunque vissuta profondamente, intimamente, esistenzialmente.

Professandosi immoralista, Nietzsche intendeva negare non solo una data morale, ma anche un tipo d’uomo ritenuto fino ad allora il più alto, non dissimulando la sua antipatia per chiunque disprezzasse la sessualità e il corpo; combattendo le filosofie pacifiste e qualunque etica avesse della felicità una nozione negativa, intesa cioè alla maniera di Leopardi come cessazione di uno stato di dolore o di bisogno; ritenendo che la passione e l’essere schietti sia cosa migliore dell’ipocrisia e dell’ossequio passivo alle regole sociali; prediligendo Napoleone e gli uomini del Rinascimento, in quanto spiriti forti, compiuti, sicuri, che diedero o cercarono di dare una direzione all’epoca nella quale vissero. Nietzsche era perfettamente consapevole della situazione di precarietà e di crisi dei suoi tempi, dove le vecchie concezioni del mondo erano ancora in parte esistenti e le nuove non avevano compattezza e coerenza, e per questo si poneva il grande quesito sul valore dell’esistenza. «Esiste un pessimismo della forza?» (9) vuol dire: in un mondo che ha  voltato le spalle al Dio cristiano può sorgere un nuovo impulso a vivere, una nuova spiritualità, una filosofia del mattino?  Racchiuse il senso e la portata della sua ricerca filosofica nella frase enigmatica: «Un solo sì, un solo no, una linea retta, una meta» (10), che può intendersi: sì alla vita, no a tutto ciò che la falsifica e la mistifica con la conseguente proposta d’una nuova tavola di valori che consentano all’uomo di «restare fedele alla terra». (11) Dietro quella che Evola giudica «la falsa svolta biologista di Nietzsche» (12) c’è invece, a nostro avviso, l’esigenza, posta in rilievo da Karl Löwith, di riannodare il filo spezzato tra uomo e mondo, c’è quello che noi riteniamo sia il possibile motivo di fondo del filosofare di Nietzsche, vale a dire la filosofia del mattino.

Non a caso nel primo discorso dello Zarathustra Nietzsche traccia sotto forma di parabola un itinerario insieme filosofico ed esistenziale: inizialmente lo spirito può paragonarsi ad un cammello, perché porta su di sé il peso di valori millenari. Si tratta di uno spirito vincolato dalle tradizioni, dalle credenze, dai pregiudizi. A questa fase segue quella in cui lo spirito si fa leone, si oppone cioè ai valori fino ad allora creduti e dominanti ed afferma la propria libertà. Infine lo spirito si trasforma in fanciullo, poiché il fanciullo «è innocenza, oblio, un ricominciare, un gioco, una ruota che gira da sé, un primo movimento, una santa affermazione». (13) Tutti e tre i momenti sono per il filosofo del superuomo dialetticamente necessari: «Chi deve essere un creatore nel bene e nel male in verità deve essere prima di tutto un distruttore di valori». (14) Chiunque voglia creare qualcosa di nuovo non può non infrangere i valori stabiliti, non può non rovesciare le antiche pietre di confine e i vecchi culti. Ma l’educazione alla libertà della ragione non è mai, per Nietzsche, fine a se stessa alla stregua delle tesi illuministiche e relativiste. La libertà “da” esige la libertà “per”. Lo spirito, una volta che si fa libero, non può fermarsi  al momento della negazione, ha invece una meta da raggiungere, rappresentata da una nuova affermazione, da un diverso modo di porsi di fronte al mondo. Se è vero che noi neghiamo, è «perché qualcosa in noi vuole vivere d affermarsi». (15)

 

 

 

  • J. Evola, Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo, Edizioni mediterranee, 2008, p. 143-148;
  • N. Abbagnano, Storia della filosofia, vol III, UTET, 2017, pp. 383-4;
  • Nietzsche, Ecce homo, Newton Compton, 1984, p.124;
  • Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Mursia, 1972, p. 64;
  • Evola, op. cit;
  • Spengler, Il tramonto dell’Occidente, Longanesi 1981, p.517;
  • Evola, op.cit., p.147;
  • Nietzsche, La gaia scienza, Adelphi 1977, af. 345;
  • Nietzsche, Saggio di un’autocritica in La nascita della tragedia, Laterza, 1971, p.28;
  • Nietzsche, L’anticristo, Newton Compton, 1977, p. 25;
  • Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Mursia, 1972, p. 19;
  • Evola, op.cit;
  • Nietzsche, op. cit., 105;
  • Nietzsche, op. cit., p. 31_32;
  • Nietzsche, La gaia scienza, af. 307.

Lascia un commento