Amore cannibale di Elena Diomede, Il grillo Edizioni, 2014.

di Claudia Zuccarini 

 

Elena Diomede è una eccellente poetessa, con un percorso segnato da raccolte che tracciano la sua scrittura, sempre più meditata e accurata (da Tristezza azzurra, Spezzare il cerchio, Amore cannibale, sino a E Dedalo è in me). Con questa silloge la Diomede diffonde luce e amore per la sua terra, la Puglia. Il paesaggio barese e pugliese ricorre nei suoi versi e s’interseca profondamente con la manifestazione degli affetti e con un composto struggimento malinconico, mai gridato. La delicatezza e la varietà tematica delle liriche sono ben commentate nella prefazione del professor Bonifacino e nella coinvolgente postfazione della professoressa Lucente. La Diomede affresca le innumerevoli sfaccettature della realtà con un linguaggio danzante, sonoro ed immaginifico che conduce il lettore ad una immedesimazione sensoriale ed emotiva, partecipe della scalfitura poetica dell’autrice. Sì, scalfitura, perché si tratta di versi leggiadri e terrigni al tempo stesso, che scavano le inquietudini e le restituiscono vivide e discrete. L’uso parco della parola ha come contraltare la precisione della ricerca semantica, accostando campi di significato lontani eppure quanto mai ben sposati. Una scrittura elaborata dunque ma chiara, non autoreferenziale.

Bisognerebbe ristampare questo testo prezioso dal quale ho estrapolato la seguente lirica, intensa.

 

Il ricordo, all’improvviso

 

Tu che sai dei rovesci del tempo

e di un tramonto

che colma il cielo

qui da me

tra gli sparsi uliveti ed i ciliegi

su sentieri ondulati

si consuma la mia diaspora.

Qui nulla sa di mondo

la terra brulla

ricorda il freddo del pascolo

poiché il sole all’imbrunire

è rosso fuoco di foglia

e smunte di calce viva

le case contadine:

turgida l’acqua

ha sapore di malinconia.

 

Tra le calde pareti

un affanno di candela

sbiadisce il dolore

 

ma il ricordo

irrompe all’improvviso

e buca l’assenza.

 

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