L’amore che resistePoesie della vertigine di Pietro Santagada, Campi di Carta, 2024
di Claudia Zuccarini

 

Ci sono autori che si esprimono al meglio con un preciso genere a loro congeniale e nel quale convogliano credenze e speranze, intensificate da accenti visionari e romantici. Pietro Santagada rientra nel novero di questi autori e con questa sua quinta silloge traccia una nuova ricerca, una tenace esplorazione nel topos più trattato in letteratura: l’Amore. Cosa c’è di rivoluzionario nella sua scrittura così immediata e sentita? In tempi che non risparmiano l’usura di qualsivoglia rapporto, la fedeltà nell’amore diviene il fulcro di un desiderio sempre nuovo. È una necessità nutrita nel tempo, una conferma di autenticità, sempre scaturita da un unico essere e contornata da tutte le malinconie e complicità che legano due amanti negli anni. Con “L’amore che resiste” l’autore segna un ritorno al centro della vita, dirompente e sfumato al contempo. Rispetto alla precedente pubblicazione (Il tempo che resta, Campi di Carta) sembra essersi ridotto il panorama sociale e interpersonale a favore di un maggiore slancio emotivo. Il lettore scivola in un “magma ghiacciato”, costruito con primissimi piani e campi lunghi in esterno, se volessimo usare il linguaggio cinematografico caro a Santagada (che è anche sceneggiatore e regista). Dall’intimità dell’abitazione si corre verso il mare, su battigie testimoni di un uomo che contempla la bellezza solitaria della propria compagna e che talvolta riesce a sussurrarle sogni di perseveranza.
La sensibilità spiccatamente femminile dell’autore si evince nell’aver cura di descrivere con delicato erotismo una donna senza età, una donna che induce a rimettersi costantemente in gioco.
Il linguaggio si semplifica in questa raccolta, i versi sono “rotti” e ancor più snelliti dalla punteggiatura, qui quasi inesistente, dando l’occasione al lettore di stabilire un proprio ritmo nell’andirivieni del sentimento. La complessità del tema viene dunque equilibrata dall’immediatezza dei versi, forse perché è insito nel legame amoroso il tuffarsi in acque torbide e dalle correnti perigliose per riemergere poi, trattenendo il fiato, in acque limpide. L’Amore che si cerca di acciuffare è, in fondo, un alternarsi tra tristi fondi di caffè e onde marine, nelle quali rigenerarsi in ogni stagione della vita.

Destino oscuro

Colmare l’ignoranza del luogo
Pregare santi sconosciuti venuti in sogno
Al mattino il ristoro di un caffè caldo
risvegliava il desiderio di fuggire mentre restavo
intorpidito a guardare
il fondo scuro della tazzina
rivelatore di un destino oscuro
Cercavo la tua mano ritratta a nascondere
lo sbadiglio di dolore che ci univa

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