Parte II

Interzona news presenta in due parti quanto è stato letto nel reading del 22 marzo 2024 a Carosino (Ta), in occasione di VERSI TRA ANTICHE MURA, III EDIZIONE, dopo la lunga e articolata intervista al prof. Carlo A. Augieri.

Di seguito, gli ultimi quattro autore ospiti a Carosino (Barbara Gortan, Clara Russo, Alessandro Zaffarano, Giuseppe Zilli).

Si vuol ricordare che la Parte I e la Parte II, qui pubblicate, costituiscono il contenuto del libretto della serata stampato dall’Amministrazione Comunale, per interessamento diretto dell’Assessore alla Cultura, Maria Teresa Laneve.

Infine, INTERZONA NEWS esprime un ringraziamento sentito alla titolare delle Tenute Tocci, Giusy Albano, per la degustazione offerta a fine serata, dei suoi pregiati vini.

 

BARBARA GORTAN

è nata a Livorno e vive a Taranto. Scrive per Interzona News ed è presente in molte raccolte di prosa e di poesia. Dirige, della casa editrice Mandese Casa del libro, la collana di poesia “Duemari”.

 

Si solleva una pioggia di piume,

dal curvo tetto scende,

dalle pareti aperte mi rincorre

di sentiero in sentiero trasporta a un vano passaggio

ombreggiante.

Si affina una limpida lancia di vetro,

attraversa grappoli di fiori rifulsi di seta.

Colpi sul confine del sogno.

S’incurva una buganvillee e allude a una strada di aria

e luce.

Visioni che s’inseguono, immagini che scorrono sotto una pioggia di piume (che siano le carezze, leggere come piume?), capace di aprire orizzonti di senso, quasi al limite della realizzazione del sogno.

(Cosimo Rodia)

 

Via Cavour di Giacinto SPAGNOLETTI  (1920-2003)

Ricordo le grondaie cinerine da cui cadeva lieta

nei tramonti d’estate qualche goccia di pioggia dimenticata:

io fanciullo curvo sull’inferriata l’accoglievo nel palmo della mano.

Mi parevano così lunghi quei tramonti soffocati dal gorgo delle rondini e dagli addii delle campane.

Tardi s’accendevano i fanali, le acetilene scoprivano i meloni e le cozze all’occhio dei passanti.

Ma s’udivano intanto roche canzoni di marinai chiusi nelle taverne

e risa di ragazze

traboccanti dai balconi.

Talvolta a un fievole richiamo di chitarra il cuore vagabondo

fermava il suo cammino;

mia madre ancora china

sul biancore del lino

non trovava più l’ago…

Oh non posso più ricordare, voltati e parlami, mia strada,

se ancora esiste

quel lieto mormorio

tra le facciate sbigottite e quella luce soave

che risaliva a notte il buio delle navi.

In via Cavour a Taranto, in un caseggiato dove ha vissuto lo storico della letteratura, poeta e romanziere Giacinto Spagnoletti, sulla targa affissa accanto al portone ci sono dei versi della sua poesia dal titola  “Via Cavour”, dove descrive una tipica estate in città.

Quella di Spagnoletti è una decantazione poetica e malinconica, un ritorno al passato, percepito come ancora di speranza, di salvezza, il suo rifugio, il riparo. Questo componimento lirico, canzoniere esistenziale, è un viaggio fra i luoghi di un’infanzia e di una giovinezza trascorsa in Via Cavour n° 36,  l’immagine  della madre intenta a ricamare, quando, ancora bambino, osserva l’acqua della pioggia cadere dalle grondaie cinerine, “ la goccia di pioggia dimenticata”. Versi struggenti descrivono il paesaggio dei tramonti d’estate, mentre le rondini volteggiano nell’aria al rintocco delle campane della Chiesa del Carmine, in un Borgo umbertino, in Via Cavour.

(Barbara Gortan)

 

 

 CLARA RUSSO

vive a San Cesario di Lecce; è allieva dell’Università della poesia “J. R. JIMENEZ” fondata  da Daniele Giancane.

Le sue poesie compaiono nella rivista LA VALLISA.

 

 Si fa sera

Qualcuno ha acceso il cielo.

Brucia il gelo dell’inverno

che matura la brevità dei giorni.

 

Allarga l’arco a ponente

e si distrae al canto dei pettirossi e ai saltelli dei passeri

lì dove gemmano le briciole della tovaglia aperta

nel gesto quotidiano.

Un’immagine dolce di un tramonto vinato, benchè l’inverno ‘bruci’ le poche ore del dì. Qui l’immagine bucolica di uccellini che beccano briciole di pane come se gemmassero.

(Cosimo Rodia)

 

Il mestiere del poeta di Daniele GIANCANE (1948)

Qual è il tuo mestiere?

Chiese il passante incuriosito

 

Lavoro per l’anima risposi, incerto.

 

Non per l’intelligenza:

per quella ci sono i filosofi.

 

Non per il sapere:

per quello ci sono gli scienziati.

 

Né per la teologia:

è roba per poeti.

 

Io sono un artigiano dell’anima, un pescatore di perle.

(da Il meglio di me“, 2023)

“Scrivere poesia vuol dire ascoltare le voci ‘di dentro’. L’anima parla col suo linguaggio e la sua verità, che è assai più profonda e immediata della verità della mente” (Giancane). Chi è il poeta, allora? Il Poeta è colui che cerca l’indecifrabile, l’indicibile e frantuma la parola al fine di evocare emozioni profonde e dare concretezza e voce ai turbamenti della sua anima trovando significato nei dettagli più insignificanti.

(Clara Russo)

 

 

ALESSANDRO ZAFFARANO

risiede in provincia di Lecce. Medico, Psichiatra, Psicoterapeuta. Fondatore ed animatore – con Daniele Giancane, Raffaele Nigro – del Gruppo “Interventi Culturali” con il quale pubblica i suoi primi volumi di poesie. Trasferitosi a Lecce, entra in contatto con Antonio Verri che lo ospita a più riprese sulla sua rivista Pensionante dei Saraceni. A novembre 2023 ha pubblicato Diario di un Commosso Viaggiatore, il suo nuovo libro di poesie, per i tipi di Edizioni Milella di Lecce.

 

L’officina degli affetti

Sono stato

guardiano di confini

di vite costellate di senza;

ho provato a ricostruire

storie di macerie,

a ridare un senso

a tempeste imbrigliate

di pensieri ellittici

e scompagnati

di cui non si trovava più

il bandolo;

ho navigato inconsci

di anime accidentate

su rotte imprevedibili

su onde alte, lunghe, profonde.

 

Ho provato,

a tenere insieme

anime e parole.

(da Diario di un Commosso Viaggiatore, Milella, Lecce, 2023)

Una poesia condizionata dalla professione di psichiatra del poeta; lavoro che non poteva non lasciare tracce nella personale dimensione esistenziale, nella sua attenta analisi della vita.

(Cosimo Rodia)

 

Io non ho bisogno di denaro di Alda MERINI (1931-2009)

Io non ho bisogno di denaro.
Ho bisogno di sentimenti.


Di parole, di parole scelte sapientemente,
di fiori detti pensieri,
di rose dette presenze,
di sogni che abitino gli alberi,
di canzoni che facciano danzare le statue,
di stelle che mormorino all’orecchio degli amanti…


Ho bisogno di poesia,
questa magia che brucia la pesantezza delle parole,

che risveglia le emozioni e dà colori nuovi.

(da Terra d’Amore, Acquaviva 2003).

Ho scelto questa poesia perché ritengo che, in maniera semplice, ma non per questo meno densa, vi sia racchiuso tutto il mondo della Merini. Un mondo in cui ritrovano posto i sentimenti che possono essere detti, finalmente, con parole scelte ed appropriate, parole che smuovono le pietre (le statue), che suscitano emozioni e che diano colori ai giorni come solo la poesia può e sa fare.

(Alessandro Zaffarano)

 

 

GIUSEPPE ZILLI

È nato e vive a San Donato di Lecce.  Coltiva da sempre la passione per la pittura, la scultura e la poesia.

“Cercatore di pietre “, ama definirsi, dopo aver usato negli ultimi anni marmi pregiati insieme alle sabbie colorate – nei suoi attuali lavori utilizza pietra leccese, pietre di campagna “cuti” e pigmenti naturali, anche le parole creano immagini connotate da un linguaggio arcano ed allo stesso tempo moderno e affascinante.

 

ora,

ora pensa che il colore del sale scolpisce

le stanze, confonde le trame che sminuzzano i

 

residui dello scalpello. ora pensa allo sciabordìo

del mare racchiuso tra le pareti, zolle

di città tra rigagnoli di strade dove il mormorio

 

diventa colonna sonora e il profumo di

melanzane fritte l’inchiostro per nuove storie.

ora,

 

ora pensa all’incantesimo che sorvola le cime dei

pensieri e come l’incanto inatteso ciondola tra

pareti di cattedrali vuote e il canto di vecchi scalpellini

 

copre la bellezza di un rimpianto.

Zilli ci legge dei versi dai quali si respira il Sud di terre sferzate dal vento di mare, di lavori sapienti dello scalpellino, di strade che conservano vissuti umani.

(Cosimo Rodia)

 

Iniziale di Rainer Maria RILKE (1875-1926)

Offri la tua bellezza sempre

senza calcolare, senza parlare.

Resta in silenzio. Lei dice per te: io sono.

E giunge mille volte in mille modi,

giunge infine per ciascuno.

“Offri la bellezza sempre”, credo che non ci siano incipit più belli. Offrire la bellezza, è un atto di generosità che genera sia in chi la offre sia in chi la riceve uno scambio di emozioni, che fanno splendere il proprio animo. Già Socrate lo diceva 400 anni circa prima di Cristo: “non rispondere agli oltraggi con altri ostaggi altrimenti macchi la tua Anima”. Offrendo bellezza, la tua Anima splende e cerca in qualche modo di contagiare chi riceve questo dono, come un virus che diventa pandemia. Dare bellezza senza chiedere niente in cambio: questa è la rivoluzione. Il restare in silenzio, raccogliere le emozioni e come il vento portarla fino agli angoli più sperduti. Ecco Rilke ancora una volta ci mostra come la semplicità del dono possa trasformarsi nella bellezza eterna, quella bellezza che ognuno di noi anela.

(Giuseppe Zilli)

Lascia un commento