Io capitano 

Regia: Matteo Garrone

Con: S. Sarr, M, Fall, I. Sawagodo, H. Yacoubi

Italia, Belgio, 2023. Durata: 121’

 

di Italo Spada

 

Primo piano del “capitano” Seydou. Sta guardando in alto trattenendo una lacrima di commozione; fuori campo si sente il motore di un elicottero. È fatta. L’Odissea dei due adolescenti senegalesi che hanno lasciato paese, parenti e amici per sfuggire alla miseria si conclude e, con essa, si conclude anche Io capitano di Matteo Garrone, ennesimo capitolo di un  filone filmico iniziato nel 1917 con The Immigrant di Charlie Chaplin. Cambiano nomi, luoghi, situazioni, ma non il miraggio di una vita migliore. Si lascia il proprio paese, si affronta l’ignoto, si approda. E poi?

Non è facile, dopo aver tagliato le radici con la propria terra, trapiantarsi tra gente e in luoghi sconosciuti. Il pericolo di smarrirsi del tutto pende come una spada di Damocle e la sfida al destino è pericolosa, perché può diventare l’inizio della disfatta.  Anche la convivenza presenta serie difficoltà. Chi ha partecipato almeno una volta a una riunione di condominio lo sa bene. Eppure, accogliere lo straniero dovrebbe essere la norma nei paesi cattolici. Lo ricorda l’insegnamento evangelico con l’elogio che (in Mt. 25, 35-36) viene fatto ai giusti: «Ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere; fui straniero e mi accoglieste; fui nudo e mi vestiste; fui ammalato e mi visitaste; fui in prigione e veniste a trovarmi». Non sappiamo ancora se, dopo la pioggia di premi e riconoscimenti, Io capitano avrà un sequel. Sappiamo, però, che al rifiuto dello straniero motivato da egoismo, convenienza, razzismo si contrappongono in molti e che, senza attendere disposizioni governative, lezioni di fratellanza ci vengono spontaneamente impartite da organismi e da singoli.

Nessuna difficoltà, pertanto, a proseguire il film di Garrone stendendo un soggetto che vede come protagonista un bambino egiziano di nome Amed. Senza dire niente a sua madre è riuscito a trovare un posticino in una carretta del mare ed è sbarcato a Lampedusa. Una famiglia di pescatori lo ha ospitato per mesi, poi è andato a Milano dove ha studiato e ha imparato i primi elementi della lingua italiana. Da Milano a Roma e da Roma a Civitavecchia.      Un lavoro stabile da giardiniere, il matrimonio, l’integrazione.

Film? Se vi fa piacere, inserite pure la sua avventura nel filone neoneorealista; ma se volete altri particolari cercatelo a Santa Marinella, là dove l’ho conosciuto io quando, tra una sforbiciata alla siepe e lo sradicamento di qualche erbaccia, mi ha raccontato brani della sua vita.

 

 

 

 

 

 

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