Magna Capitana  di Luigi Pizzuto, editrice Lampo, 2024

di Maria Pia Latorre

 

Appena data alle stampe per la casa editrice Lampo (Cb), “Magna Capitana”, ultima opera poetica di Luigi Pizzuto, poeta tra i più interessanti nel panorama molisano, capace di scrutare la vita fin nelle sue più intricate e recondite profondità.

Pizzuto è un uomo di cultura a tutto tondo, impegnato da sempre a promuovere e valorizzare il Molise e la sua taciturna bellezza. Docente di lungo corso, le sue esperienze didattiche sono apparse su varie riviste nazionali.

Con l’attuale raccolta lo studioso colletortese consolida la sua cifra stilistica. Si tratta di un viaggio nella terra, attraversando zolle odorose d’erba e di vita che continuamente si rigenerano e in cui l’autore si identifica: «Gli ulivi rigonfi/ scendono a valle/ sulle dolci colline ondulate/ I rami s’inchinano/ alle mani rugose dell’uomo/ tra incerti pensieri/ sospesi nel vuoto». Evidentissima qui la simbiosi tra anima e terra.

“Magna Capitana” traccia un initus senza soluzione di continuità con la precedente raccolta “Poesie a pezzi “, pubblicata nel 2022, fedele non solo al timbro dell’autore, ma ai valori sottesi di cui si fa carico, insieme al paradigma ecologico di riferimento che ne rappresenta il sostrato di scrittura.

Sempre la terra di appartenenza il leitmotiv della nuova raccolta, quella Capitanata  dai tondeggianti spazi di vastità policroma che vanno dalla Puglia settentrionale al Molise (l’origine del nome probabilmente deriva dai Catapani, suoi antichi amministratori bizantini), una terra dal poeta continuamente accolta, amata e cantata.

Le poesie qui contenute hanno estensione descrittiva tale da apparire come un susseguirsi di ambientazioni e paesaggi a ben più largo respiro, pertanto è facile e gradevole perdersi nei luoghi suggeriti dall’autore, immaginarli per percorrerli idealmente e re-immaginarli arricchiti del carico di vita che l’autore ci suggerisce.

interiore e svolge pienamente la sua funzione eternatrice. Natura come estensione del corpo nell’universo, quello vicino della foglia e del rigagnolo, e quello distante, metafisico.

Un fulgido esempio dell’intimo dialogo del poeta con la natura la seguente lirica intitolata Rocce: «Da sempre/ felici nell’oscurità/ Germogli di vita/ in equilibrio/  contro le atrocità/ Ogni tanto/ si spezzano/ Creano un vuoto profondo/ per farsi giustizia da sole/ come la natura vuole». Nulla da aggiungere alla potenza dei versi.

Come un aedo o un menestrello medievale il poeta travalica il tempo e ci dona immagini delicate come lacche cinesi. In questo caso una struggente lirica nel solco del francescanesimo più puro: «…Apro il balcone/ disturbo due cardellini/ gomitolo di colori/ sul filo in equilibrio/ Quattro passeri/ in punta di piedi/ saltellando beccano/ le molliche sul marciapiede/ Una Tortorella solitaria/ prega ai piedi/ del monumento/ Un pezzo di natura fugace/ Il cuore del paese…».

L’acqua, la terra, il cielo, le stelle gli stilemi del colletortese, trattati con reverenziale profondità, e sempre rimandi ad un’idea originale, una rielaborazione, una concezione inedita che hanno la capacità di generare un’opera compatta, con tratti ben definiti.

Sobria la scelta stilistica del linguaggio adottato nei versi, senza accesi ed eccessivi lirismi né toni da forti esternazioni. E proprio la misura sembra essere la traccia fondamentale che seguono tutte le liriche, sia che si tratti di temi ambientali e di pacifismo, sia che si parli del mondo degli affetti.

 

 

 

 

 

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