LUNANA – ll villaggio alla fine del mondo 

Regia: Pawo Choyning Dorji

Con: S. Dorji, U. N. Lhendup, K. Lhamo Gurung, Pem Zam, S. Lham

Bhutan, 2019. Durata: 110’

 

di Italo Spada

 

Arriva dal Bhutan una delle più belle definizioni dell’insegnamento: “Un maestro è in grado di toccare con mano il futuro”. A pronunciarla è un personaggio di “Lunana”, candidato ai Premi Oscar 2022 come miglior film straniero e firmato dal regista esordiente Pawo Choynung Dorji.

Riassumiamo la vicenda.

Ugyen è un giovane orfano di entrambi i genitori, vive con la nonna e non ama svolgere il compito di insegnante assegnatogli dal governo. Il suo desiderio di diventare un cantante famoso e di emigrare in Australia si infrange quando, per punizione, gli viene assegnata una cattedra a Lunana, un paesino di 56 anime a 4.800 metri di altezza dal mare. Per raggiungerlo è costretto a lasciare casa, percorrere una parte in corriera e proseguire per ben 8 giorni a piedi. La festosa e cordiale accoglienza degli abitanti e la comprensione del capo villaggio non sono sufficienti a fargli cambiare l’idea di rinunciare subito all’incarico.  Passi pure per la squallida capanna dove è costretto a vivere, per l’assenza totale della tecnologia, per la solitudine, ma trova impossibile svolgere il suo lavoro di maestro in una classe sporca come una stalla, senza elettricità e lavagna, composta da 9 alunni sprovvisti di libri, quaderni, penne. Sarà la dolcezza dei bambini che vedono in lui una solida base per costruire il loro futuro a fargli prendere la decisione di rimanere in quel posto isolato dal resto del mondo fino alle prime avvisaglie dell’inverno. È così che, a poco a poco, scopre un modo diverso di vivere e il segreto della felicità: stare con gli altri, amare la natura, cantare e credere nei valori spirituali.

Apprendere che “Lunana” è una storia vera, che questo sperduto villaggio esiste veramente, che si trova lungo la catena dell’Himalaya tra Bhutan e Tibet e che i suoi abitanti sono stati realmente coinvolti nella realizzazione del film, inserisce la vicenda narrata nel filone neo-neorealista sul quale si è da tempo indirizzata la cinematografia asiatica.

Una parte della critica, soffermandosi sulla conclusione della storia – Ugyen che, dopo i mesi passati a Lunana, lascia il paese, realizza il suo sogno di cantare in un bar a Sydney, ma perde la gioia e la serenità che aveva acquistate –  ha letto questo film come una denuncia nei confronti di quei giovani che, ammaliati dalle sirene del successo, si tuffano nel consumismo sacrificando la felicità. Lettura accettabile senz’altro, ma non esclusiva. Non è esclusiva nemmeno la lettura intimistica di un inno alla natura suggerita dalla bellezza delle immagini, dal fascino della montagna, dai riti, dai miti, dalla sacralità degli yak, dal canto antico che parla di spiriti e di amore.

Tutto lecito, come si addice a un film che si presta a più interpretazioni, ma non c’è dubbio che l’interesse maggiore va indirizzato sull’importanza della scuola e dell’insegnamento nella formazione dei bambini. Il viaggio di Ugyen subisce un’inversione di rotta la mattina in cui, svegliato dalla piccola “capitana” Pem Zam che gli comunica che i bambini lo stanno aspettando, fa il suo ingresso in classe e viene conquistato dal loro affetto. È solo l’inizio di un cambiamento radicale. Fare il maestro non significa impartire nozioni, ma entrare in simbiosi con gli alunni. Matematica, inglese e lingua locale possono e devono andare di passo con i giochi all’aperto, il suono della chitarra, i sorrisi, le tradizioni, la vita. Oltre la laurea, nel Bhutan come nel resto del mondo, bisognerebbe “pretendere” come dote indispensabile per l’insegnamento la “condivisione” dei problemi degli alunni. Chi non intende scendere dalla cattedra se ne stia alla larga dalla scuola.

Ugyen, quando sta per lasciare definitivamente il villaggio, cerca di ammorbidire il dispiacere del distacco dicendo che in primavera arriverà di certo a Lunana un insegnante migliore di lui. Gli risponde Saldon, la bella figlia del capo che gli aveva fatto gli occhi dolci: “Solo i bambini possono essere giudici del maestro.”

Appunto.

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