12. Commentiamo: NAZIM HIKMET

di Cosimo Rodia

 

Sono dentro un raggio di luce che avanza

 

Sono dentro un raggio di luce che avanza

Colme di desiderio le mie mani, il mondo è meraviglioso.

 

I miei occhi non si saziano di alberi,

sono così pieni di speranza, così verdi.

 

Un viottolo soleggiato attraversa il gelseto

Sono alla finestra, nell’infermeria della prigione.

 

Non avverto l’odore delle medicine,

da qualche parte devono esser sbocciati i garofani.

 

Ecco, moglie mia, vedi,

il problema non è essere fatto prigioniero,

il problema è non arrendersi.

Prigione di Bursa, maggio 1948

(Da Poesia, Crocetti editore)

 

Nazim Hikmet  (1902-1963) ha trascorso più di tre lustri in prigione per le sue idee politiche, accusato di tramare contro la patria (la solita accusa dei regimi!). Nonostante egli vivesse con la spada di Damocle dell’impiccagione, mai ha perso l’amore per la vita.

Infatti, Hikmet è in prigione, guarda il mondo da una finestra e si sente in uno stato di grazia perché può notare una stradina e macchie di gelso. Il sole, che illumina la sua stanza, è come se attraversasse il suo stesso corpo. Il poeta turco è nella luce e la luce è vita.

Hikmet è in infermeria ed è malato, ma la forza che sprigiona la natura lo solleva dal dolore e dalla sofferenza; così confessa alla moglie, che pur in condizione di afflizione, dalla prigione, appunto, si può sperimentare la felicità, e ciò è possibile a condizione di non arrendersi, di conservare, fanciullescamente, la capacità di meravigliarsi, gustando il mondo.

Nonostante tutto, nonostante la strada sia accidentata, la vita è bella e va vissuta con slancio.

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