Poesie di Marina Cvetaeva, Feltrinelli, 2014

di Claudia Zuccarini

 

La Cvetaeva è stata notoriamente tra i più grandi poeti, non solo della Russia ma di tutto il ‘900. Solo leggendola si può comprendere la potenza della sua voce visionaria, complessa ed erudita nel panorama storico dei primi decenni del secolo scorso. Una vita difficile e raminga la condusse a soggiornare a Parigi, poi a Praga, per ritornare infine nella sua irriconoscibile patria. Gli stenti, lo scollamento con un presente non condiviso e la perdita del marito e della figlia portarono la poetessa verso il baratro del suicidio. Pasternak comprese appieno la valenza e la forza della sua scrittura, qualità che l’hanno tardivamente inserita nell’Olimpo dei vati.
Non è semplice la lettura della sua sterminata produzione, sebbene l’eccellente introduzione e traduzione di Pietro Zveteremich vengano in aiuto nell’interpretazione. Donna estremamente colta, la Cvetaeva era consapevole della qualità e dell’altezza dei suoi scritti e il suo linguaggio denso di allegorie e riferimenti storico-letterari ermetici testimonia la ricchezza ideativa di una mente fervida e appassionata. Bisogna leggere lentamente i suoi versi, richiedono attenzione e sedimentazione sia per i temi che per il criptico dipanarsi delle strofe.
Una cosa emerge lampante: la grandezza di una letterata fuori dal comune.
Propongo di seguito una meravigliosa lirica, non breve ma di più immediata comprensione.

Tentativo di gelosia

Come state con quell’altra –
più semplice, vero? – Un colpo di remo!
Lungo la linea della costa
se n’è andato presto il ricordo

di me, isola flottante?
(nel cielo – non sulle acque!)
Anime, anime! – sorelle dovete essere,
non amanti – voi!

Come state con una donna
semplice? Senza divinità?
Deposta dal trono la sovrana
(e da esso disceso),

come state – vi date da fare –
vi raggrinzite? Vi alzate – come?
Con il dazio dell’immortale mediocrità
come ve la cavate, poveretto?

Spasimi e intermittenze,
basta! Mi prenderò una casa.

Come state con una qualsiasi –
voi, eletto mio?

V’è più connaturato e commestibile
il cibo? – Non nascondere il successo!
Come state con un simulacro –
voi che avete calpestato il Sinai?

Come state con un’estranea,
una terrestre? Per la costola – v’è cara?
La vergogna con le briglie di Zeus
non vi frusta la fronte?

Come state – come vi sentite –
cosa potete? Cantate – come?
Con la piaga dell’immortale coscienza
come ve la cavate, poveretto?

Come state con un articolo
da mercato? La servitù è dura?
Dopo i marmi di Carrara
come state con la polvere

di gesso?. (Dio scolpito,
in una gleba – e frantumato!)
Come state con una centomillesima –
voi, che avete conosciuto Lilith?!

Dell’ultima novità di mercato
siete sazio? Stanco delle maghe,
come state con una donna
terrestre, senza i sesti
sensi?
Via, per la testa: siete felice?
No? Nella frana senza profondità –
come state, mio caro? È più pesante?
È forse così – come per me con un altro?

 

 

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