Come vento cucito alla terra di Ilaria Tuti, Longanesi, 2022

di Fulvia Degl’Innocenti

 

Dopo aver raccontato in Fiore di roccia la storia delle portatrici della Carnia durante la prima guerra mondiale, che caricavano le loro gerle di viveri per i soldati al fronte, Ilaria Tuti torna a occuparsi della condizione femminile durante la Grande Guerra. Stavolta racconta la straordinaria vicenda delle donne chirurgo inglesi, che gestirono prima un ospedale in Francia e poi uno a Londra.

La protagonista della storia è una ragazza madre di origine italiana, Cate, che ha potuto studiare medicina grazie al padre medico, ma che nel momento in cui è rimasta incinta è stata bandita dalla famiglia e per sopravvivere con la sua bambina fa la dottoressa nei quartieri malfamati di Londra, soprattutto per le prostitute. È lì che la vanno a cercare due donne chirurgo, Flora Murray e Louisa Garret Anderson, leader delle suffragette, per proporle di unirsi all’impresa. Da un lato il desiderio di fare sul serio la professione dall’altro lo strazio di dover lasciare la piccola Anna, affidata a una anziana coppia di amici: l’eterno dilemma per le donne spesso valido ancora oggi tra la carriera e la maternità.

Convinta di stare lontana da casa solo poche settimane, si decide a partire. La sua vicenda si incrocia con quella parallela di un ufficiale inglese, Alexander, di origini borghesi ma dalla dolente umanità che nello strazio delle trincee si trasforma in un atteggiamento quasi paterno verso i suoi soldati, in particolare uno di loro, giovanissimo e fragile che cerca in tutti i modi di proteggere. Ferito e immobilizzato, lontano dal resto della sua squadra, viene recuperato proprio da Cate che si è avventurata sul fronte a cavallo. I due si ritroveranno qualche mese dopo in sala operatoria a Londra quando Cate dovrà decidere se amputargli una gamba per salvargli la vita.

E la Tuti intreccia la vicenda con un altro episodio storico: l’introduzione del ricamo negli ospedali per reduci come attività utile per superare i traumi. E anche in questo caso si dovettero superare tanti pregiudizi e stereotipi di genere. C’è tutto l’orrore e l’insensatezza di una guerra che fu una carneficina per i soldati unita agli sforzi dei medici per salvare vite e ridare speranza. A maggior ragione quando a occuparsi dei soldati erano donne, in una società che le relegava a ruoli di madre e compagne, e che non le riteneva in grado di esercitare la professione se non come ginecologhe.

Il cammino dei diritti delle donne ha avuto bisogno di testimoni coraggiose in grado di infrangere assurdi tabù con le loro azioni rivoluzionarie.

 

(Recensione già pubblicata su FC 24/2022)

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