Pubblichiamo di seguito, per la sua attualità e per la profondità dei pensieri espressi in una prospettiva poco coltivata dalla critica del settore, l’intervista che lo scrittore Marino Cassini, storico direttore della biblioteca De Amicis di Genova, ha fatto al prof. Angelo Nobile in occasione dell’uscita del saggio Letteratura per l’infanzia e l’adolescenza, La Scuola.

 

Intervistiamo: Angelo Nobile sul tema “La prospettiva psico-pedagogica nella LG”

di Marino Cassini

 

La pubblicazione del saggio di Angelo Nobile, Daniele Giancane, Carlo Marini, Letteratura per l’infanzia e l’adolescenza, La Scuola, 2011, rappresenta un evento rilevante all’interno della critica del libro per ragazzi, in quanto riprende con ampiezza di prospettive quel filone di studi di indirizzo pedagogico e psicologico che ha avuto come antesignani studiosi della statura di Luigi Volpicelli, Mario Valeri, Rita D’Amelio, Enzo Petrini e Marc Soriano. Proprio in virtù del taglio pedagogico e dell’attenzione alla psicologia del giovane lettore, il saggio risulta particolarmente utile e orientante per quanti intrattengono rapporti con i giovani in una dimensione educativa:  genitori, insegnanti, bibliotecari…, ed essenziale nel curriculum formativo degli studenti delle Facoltà di Lettere e di Scienze della Formazione.

Il volume si muove in una prospettiva interdisciplinare: storica, pedagogica, sociologica, psicologica e didattica. Affrontate preliminarmente alcune questioni di fondo, quali il problema della denominazione della disciplina, i suoi ambiti di competenza, i suoi rapporti con le scienze dell’educazione e l’approccio critico più funzionale al libro per ragazzi, il testo ripercorre le tappe più significative della letteratura giovanile dalle origini ai giorni nostri. Delinea poi gli itinerari educativi e didattici più funzionali alla formazione del lettore, per poi  puntualizzare i requisiti linguistici e contenutistici del libro per l’infanzia e l’adolescenza e delle relative illustrazioni, approfondendo in particolare il problema della comprensione. Sottopone infine a critica pedagogica alcuni sottogeneri narrativi ed altri indirizzi di scrittura emergenti, dai libri horror al fantasy, dalle pubblicazioni per l’adolescenza ai libri “ideologizzati”, per concludersi con una ricca bibliografia ragionata.

Nell’insieme è un manuale-saggio innovativo, che nell’affrontare questioni centrali della disciplina, si pone ad un tempo in posizione dialettica e integrativa rispetto ad altre pubblicazioni saggistiche del settore, privilegiando una trattazione della materia per problemi. In merito, ho ritenuto di porre alcune domande ad Angelo Nobile, ideatore e coautore del testo.

 

Prof. Nobile, intanto perché questo titolo al manuale: Letteratura per l’infanzia e l’adolescenza? Solitamente la disciplina viene designata come Letteratura per l’infanzia, senza ulteriori specificazioni. Non è questa la denominazione prevalsa anche a livello universitario per indicare lo specifico insegnamento?

In effetti ci si è adagiati su questa denominazione, che tuttavia in un’ottica psicologica è riduttiva, in quanto l’infanzia abbraccia un segmento dello sviluppo troppo limitato per esaurire l’intera produzione editoriale per la gioventù e la relativa riflessione critica. A rigore questa denominazione, benché ormai di uso comune, esclude la letteratura scritta per l’adolescenza, che oggi costituisce un settore non trascurabile dell’editoria per l’età evolutiva. Di qui il titolo prescelto per il manuale, che coincide con l’espressione che ho scelto per designare il mio insegnamento all’università degli studi di Parma.

 

Ma perché questo manuale-saggio? Quale la sua filosofia di fondo?

Abbiamo inteso comporre un saggio di taglio psico-pedagogico, oltre che storico, che fosse di primo ma non superficiale orientamento per quanti – anzitutto studenti delle Facoltà di Scienze della formazione e di Lettere e Filosofia, dove si formano i futuri insegnanti – si inoltrano nel fascinoso mondo del libro per l’età evolutiva. E se, nell’affrontare vari problemi di natura educativa e didattica posti dalle letture infantili e giovanili abbiamo tenuto presenti i genitori e gli insegnanti, con la critica psico-pedagogica cui abbiamo sottoposto l’attuale scrittura per l’infanzia e l’adolescenza abbiamo inteso rivolgerci soprattutto a scrittori, illustratori ed editori, nella convinzione che la mancata familiarità con saggi di taglio psico-pedagogico e didattico (e, più in generale, l’inadeguata conoscenza del bambino reale, con le sue caratteristiche psicologiche e i suoi bisogni), è all’origine di tante manchevolezze che è dato di riscontrare nell’odierna produzione editoriale per la gioventù.

Tesi di fondo del saggio è che il libro per ragazzi ha una sua intrinseca vocazione educativo/formativa, da conciliarsi con l’altrettanto imprescindibile dimensione del piacere. Coerentemente, abbiamo sostenuto, sulle orme del compianto Alessandro Celidoni, l’esigenza e l’urgenza di una sorta di rivoluzione copernicana all’interno della critica del libro per ragazzi, che ponga al centro dell’attenzione non soltanto il libro, ma anche il suo destinatario, il soggetto in formazione, con i suoi tratti di personalità, i suoi gusti, i suoi interessi, le sue curiosità, le sue fragilità e vulnerabilità, i suoi bisogni e le sue aspettative. Con ciò rivendicando il ruolo dell’adulto di guida, filtro e orientamento nelle letture infantili e giovanili, nell’esercizio della sua responsabilità educativa, stante la presenza sul mercato di libri che per le più svariate ragioni non rientrano nella categoria dell’adatto rispetto ai loro destinatari. E contestualmente abbiamo cercato di acuire sensibilità e maturare consapevolezze pedagogiche e psicologiche sugli effetti delle letture sul soggetto in formazione: effetti che investono vari aspetti e dimensioni della personalità.

 

Nel volume si colgono anche varie notazioni sulla critica del libro per ragazzi…

All’interno della critica del libro per ragazzi esistono tante anime, diverse tra loro per storia personale, percorsi individuali, formazione culturale,  ideologia. Il che, lungi dal rappresentare un inconveniente,  può risolversi in un arricchimento e in una crescita per la disciplina (una disciplina di confine, che si pone al crocevia di più saperi), a condizione che tra le varie parti in causa vi sia una disposizione all’ascolto e al dialogo, a un confronto aperto di posizioni culturali, e non già preclusioni e chiusure nei confronti di  approcci critici differenti dal proprio. Il che comporta anche il riconoscimento della legittimità e dell’imprescindibilità di una attenzione alla psicologia e alle esigenze formative del destinatario della comunicazione letteraria, imposta da quel “giovanile” o “per l’infanzia” che completa il sostantivo “letteratura”.  Ma questo purtroppo non sempre avviene. In particolare, risulta difficile  il dialogo tra studiosi di formazione storico-letteraria (oggi maggioritari) e i rari studiosi di formazione psico-pedagogica, così come  tra chi rivendica un ruolo e una funzione educativo-formativa al libro per ragazzi e chi la nega, anteponendogli il piacere del testo e spesso assolutizzandolo. 

Va anche segnalato il diffuso rischio, tra gli studiosi, dell’acritico adeguamento all’opinione dei più, a tesi dominanti o maggioritarie date ormai per acquisite. Sono invece convinto che occorra mantenere viva una tensione dialettica e ricercare tenacemente, nei limiti del possibile col supporto di indagini empirico-sperimentali, una risposta non superficiale ai tanti problemi di ordine educativo, psicologico, pedagogico e didattico posti dalle letture giovanili. A cominciare al loro rientrare nella categoria dell’”adatto” in rapporto all’età e possibilmente dei tratti di personalità dei bisogni, del vissuto, della maturità complessiva di quel singolo soggetto.

  

Veniamo ad alcuni dei filoni o sottogeneri narrativi esaminati. Ai libri horror, per esempio.

A proposito di trascuratezza della dimensione empirico-sperimentale e del sempre presente rischio dell’acritico adeguamento ad opinioni correnti ma non scientificamente verificate… Da più parti si sostiene che i libri horror esorcizzano preesistenti ansie e paure. E’ divenuto un luogo comune. Ma questa tesi non è suffragata da rigorose indagini sperimentali, scientificamente condotte. Credo che non si possa assolutizzare né generalizzare, ma piuttosto che si debba tenere conto della imprevedibilità delle reazioni individuali di fronte ad un medesimo stimolo o provocazione a carico della sfera emotiva. All’Università di Parma stiamo conducendo una ricerca sulle paure di fonte narrativa e iconografica, che ha raccolto una ricca casistica di traumi emotivi conseguenti all’ascolto e alla lettura personale di contenuti narrativi, o dall’impatto con illustrazioni e immagini in movimento. Del resto, siamo in possesso di numerose testimonianze autobiografiche in tal senso, non ultima quella di Edmondo De Amicis, terrorizzato nella sua infanzia, con effetti protrattisi anche in età adulta, da un racconto di paura avente per protagonisti un ragazzo e la morte, imprudentemente narratogli dalla fantesca Maddalena. Proprio i racconti popolati da esseri soprannaturali o da creature dell’oltretomba sembrerebbero particolarmente impressivi per l’emotività infantile, giungendo talora a tradursi in stati d’ansia non risolti e in disturbi del sonno.

 

Ma allora dobbiamo proscrivere i libri horror e in generale le narrazioni a tinte gotiche dalle letture infantili?

Certamente no. Sono racconti per definizione ricchi di tensione emotiva, solitamente graditi al bambino/ragazzo, che ama giocare a fare e ad avere paura. È però auspicabile, richiamando le avvertenze del Valeri, che la narrazione potenzialmente terrifica sia percorsa da un’agile vena umoristica, che attenui la tensione ansiogena della vicenda senza depauperarla del suo fascino. Personalmente ho anche segnalato come del tutto innocui, anzi come narrazioni atte, queste sì, a liquidare ansie e paure, quei racconti, generalmente rivolti all’infanzia e alla fanciullezza, in cui il personaggio inquietante (fantasma, zombie, vampiro…) viene presentato nella sua fragilità psicologica, nel suo bisogno di affetto e di amicizia, di considerazione e di significazione, nelle sue problematiche relazionali provocate dal suo aspetto fisico, dalla sua “diversità” e dalla cattiva stampa di cui gode… Personaggi che il bambino avverta come affettivamente e psicologicamente vicini, nei cui confronti sia portato a nutrire sentimenti di simpatia e ad assumere atteggiamenti di protezione e, da ultimo, ad attivare processi di identificazione. Né va sottaciuto che questi racconti sono spesso utili per superare la barriera del pregiudizio nei confronti di quanti percepiamo diversi da noi e che, spesso – anche a livello più o meno inconscio – tendiamo a caricare di attributi e di  caratteristiche negative.

 

A proposito del fantasy, hai presentato, com’è tua consuetudine argomentativa, le ragioni della critica pro e contro. Hai lodato il fantasy di qualità (estetica e letteraria), ma hai anche segnalato alcuni limiti e  rischi di questo particolare sottogenere o filone narrativo, specie quando proposto al bambino…

Soprattutto ho rilevato – attraverso un raffronto con la narrativa fiabesca – come questo tipo di racconto, per le sue peculiarità e per la sua relativa complessità, non sia sempre adatto all’infanzia e alla fanciullezza, e talora neppure alla prima adolescenza. Ho inoltre segnalato alcuni rischi insiti nella ripetuta fruizione di saghe fantasy, non ultimo l’instaurarsi di una fede acritica nei poteri della magia, l’immersione del bambino in un mondo magico e superstizioso, sostanzialmente a-religioso, e il possibile approdo ad esiti di confusione tra fantasia e realtà. Né sfugge il negativo contributo che queste narrazioni possono apportare alla monopolizzazione/colonizzazione da parte del mondo anglosassone della lingua, della cultura, delle tradizioni, del folclore di altri paesi, in un’ottica di globalizzazione irrispettosa di identità e differenze.

 

All’interno delle proposte narrative per l’adolescenza, si ritrovano anche i molti libri definiti o che si autodefiniscono “coraggiosamente trasgressivi”. Tu ne hai colto molte caratteristiche negative, denunciando le logiche commerciali che li sottendono…

 Intanto, bisogna intendersi sul concetto di trasgressione: un libro, un film, uno spettacolo di intrattenimento che aspira a caratterizzarsi come  trasgressivo può risultare piattamente conformistico in altro contesto o momento storico, a seconda del rapporto (di sintonia o di contrasto-opposizione) rispetto ai valori (o disvalori) condivisi, ai sentimenti comuni e alla mentalità dominante. Il libro per ragazzi trabocca di scritture che, innovative e trasgressive con i loro iniziatori (pensiamo soltanto alla Lindgren, a Dahl e alla nostra Pitzorno), si sono poi rivelate in molti casi pedissequamente conformistiche con i loro epigoni seriali e con l’inflazione dei temi e dei motivi propri del genere, finendo per rispondere a mere finalità commerciali.

Ciò premesso, ho denunciato la ricorrente e ormai quasi stereotipa rappresentazione negativa,  in questa letteratura, della famiglia, della scuola e del mondo adulto in genere,  rilevando – sulla scia della lezione rodariana ma anche di un Makarenko – come il giovane lettore, spesso già deluso da tanta realtà umana e sociale che lo circonda e con la quale si rapporta quotidianamente,

disorientato e investito dal continuo bombardamento di notizie negative o catastrofiche dilatate dai media, frustrato nel suo bisogno di rapportarsi con figure significative, privo di sicuri punti di riferimento, abbia bisogno di fare provvista di fiducia e di ottimismo per affrontare le molte prove che lo attendono nella vita. Il dipingere monocordemente genitori e altre figure della costellazione familiare come nevrotiche, inaffidabili,  inadeguate e spesso indegne, talora affette dalle più svariate patologie sessuali, rischia di alterare una corretta dinamica intrafamiliare e di indurre un atteggiamento di sospetto del giovane lettore nei confronti delle persone adulte con cui si relaziona. Analogo discorso si impone per la monotona rappresentazione negativa della scuola e della figura dell’insegnante e di altri operatori scolastici (particolarmente bersagliati i bidelli). Queste narrazioni, specie quando ripetute e non bilanciate da romanzi di formazione più sereni e positivi, rischiano di minare la fiducia del ragazzo nelle figure adulte di riferimento, con le quali il giovane dovrebbe attivare processi di identificazione, essenziali nel suo processo di crescita e di maturazione personale. E dall’identificazione scaturiscono l’introiezione di norme e valori e l’atteggiamento nei confronti della vita e dei nostri simili.

Anche il porre continuamente al centro della narrazione situazioni estreme, all’interno di vicende cupe e angoscianti, spesso neppure riscattate dal lieto fine a scioglimento della tensione emotiva accumulata, magari giustificandole con la pretesa di descrivere la realtà “a tinte forti”, non è operazione pedagogicamente e psicologicamente raccomandabile, così come l’insistenza sui temi del sesso, con tutte le sue patologie e deviazioni, come si trattasse dell’unica dimensione della personalità e dell’esistenza. Evidente che queste operazioni rispondono a mirate strategie commerciali, non sempre adeguatamente denunciate dalla critica.

 

Hai anche stigmatizzato il frequente utilizzo del libro per trasmettere messaggi ideologici di parte …

 Da sempre il libro per ragazzi (ora affiancato e superato in termini di incisività e di pervasività dai media) è stato uno strumento di conformazione, di veicolo di valori e di proposizione di modelli di comportamento omogenei rispetto a quelli condivisi dalle classi sociali dominanti e dalla conseguente ideologia. Di qui l’interminabile teoria della letteratura didascalica e moraleggiante, esemplaristica e precettistica, che, come scrive Hazard, ha afflitto generazioni di fanciulli. A questo tipo di libri, che con poche e parziali eccezioni hanno monopolizzato la scrittura per fanciulli e l’editoria dell’Ottocento, fino almeno al secondo conflitto mondiale, hanno poi fatto riscontro e contrasto, quale reazione legittima, ma spesso eccessiva, opere di rottura, che peraltro, lungi dal non trasmettere modelli e valori, ne veicolavano altri di segno opposto, anche se in forma più accattivante e non ostentatamente precettistica.

Ma se in tanta letteratura del passato – emblematico il caso di Cuore – l’intento didascalico era apertamente e – oserei dire – onestamente dichiarato, oggi messaggi occulti, più o meno ideologici e comunque di parte, vengono veicolati molto più subdolamente, anche  attraverso racconti insospettabili, che finiscono per manipolare il giovanissimo lettore, a ragione della sua ingenuità e della sua mancanza di adeguati strumenti di difesa critica. Per conseguire i propri scopi di indottrinamento è sufficiente porre i nemici tra i cattivi, fare incarnare agli avversari comportamenti che suscitino sdegno e riprovazione, abbandonarsi a qualche commento o giudizio negativo e, nel riferire di vicende storiche di un recente passato, tacere interessatamente alcuni fatti ed enfatizzarne altri, mistificando così ad arte la verità. Talora ci si avvale di racconti, anche gradevoli, per divulgare tesi di parte, e comunque non da tutti condivise, come il diritto della coppia omosessuale ad avere figli (vedasi il racconto E con Tango siamo in tre, Edizioni Junior, 2010). Il bambino è bombardato da tutti questi messaggi contraddittori, senza avere, per la sua complessiva immaturità, la possibilità di addivenire ad una propria autonoma e consapevole valutazione.

 

Hai segnalato anche un recente racconto per i 5-7 anni in cui al personaggio negativo della vicenda (un re manipolatore, megalomane e guerrafondaio) è stato dato (dall’illustratore) il volto di un noto personaggio politico… Però la cosa è sfuggita alla critica o forse è stata considerata normale…

Già, e il libro è stato pure premiato come miglior racconto satirico. Mi chiedo cosa succederebbe se a tutte le segreterie di partito venisse in mente di rifarsi a questo precedente. Avremmo una pletora di racconti, albi, fumetti popolati dagli esponenti di ogni partito politico, nel ruolo di buoni o di cattivi,  a seconda degli interessi di parte. Una bella prospettiva!

 

Certo che questa vostra critica pedagogica non sarà gradita a molta editoria…

E, aggiungi pure, a più di uno scrittore e illustratore. E’ comprensibile che gli editori meno attenti agli aspetti formativi delle letture  vorrebbero semaforo verde e giustificazione scientifica  alle loro scelte e politiche commerciali, e quindi  ai libri che pubblicano col solo intento di accrescere il fatturato. Deontologia, rispetto del giovane lettore e  senso di responsabilità educativa ci impongono però di esercitare una critica costruttiva, non preconcetta ma ferma, sulla produzione editoriale in commercio, a tutela della frangia della popolazione più debole e indifesa: quell’infanzia che Postman vedeva a rischio di scomparsa e che il sociologo Seldin, in riferimento alla pubblicità, definiva “preda legittima e selvaggina lecita”. Ma anche con l’intento di apportare un contributo migliorativo ai libri per ragazzi sotto il profilo estetico-letterario, grafico, linguistico, contenutistico e didattico, segnalando nodi critici, scelte e soluzioni incongrue. Certo, torno a ribadire, occorrerebbe che non solo gli scrittori e gli illustratori, ma anche i responsabili editoriali, oltre che colti e informati, fossero dotati di sensibilità pedagogica e psicologica, nonché di competenze didattiche e non ignorassero la saggistica del settore, specie quella che si pone in un’ottica di attenzione al giovane lettore.

 

Il testo è arricchito da una copiosa bibliografia ragionata, curata da te. A che scopo inserire a completamento di un saggio già ponderoso queste indicazioni bibliografiche?

Confidando di avere destato qualche interesse in chi ha avuto la pazienza e la costanza di seguire le nostre argomentazioni, abbiamo pensato di fornirgli uno strumento per auspicabili approfondimenti sulle tante tematiche trattate nel saggio. E al tempo stesso abbiamo ritenuto utile delineare per nuclei tematici, a scopo informativo, una panoramica critica delle più significative pubblicazioni saggistiche del settore apparse negli ultimi decenni. Se siamo riusciti nell’intento, giudicherà il lettore.

 

Auguri per il saggio. Da parte mia, mi associo all’auspicio di un incontro aperto al dialogo costruttivo, senza pregiudizi né pregiudiziali, tra tutti gli studiosi che si occupano del libro per ragazzi. Quando dirigevo la Biblioteca “De Amicis”, erano frequenti i convegni, i seminari e le tavole rotonde (seguite dagli Atti), spesso promossi da enti locali, provincie e regioni. Anche la nostra biblioteca ne organizzò molti, che videro la partecipazione di grandi nomi della letteratura giovanile, da Valeri a Soriano, da Genovesi alla Bernardinis alla Escarpit. Erano un’importante occasione di dialogo, di confronto, di scambi di idee. Nonostante la difficile congiuntura economica, è bene che questa tradizione venga massicciamente ripresa. È un auspicio e una speranza.

 

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