Dopo l’ultima campanella

di Italo Spada

 

Suona per tutti l’ultima campanella. La maturità e il conseguimen­to del diploma chiudono un ciclo importante nella vita dei giova­ni; la pensione, nella vita degli adulti, prelude alla fine dei cicli. Per i primi ci sarà la verifica dei sogni, delle speranze e dei progetti; per i secondi l’inizio dei ricordi.

 

Il giovane Dadi, in Basta! ci faccio un film (1990), ha concluso la sua esperienza scolastica portandosi dietro tutto quello che ognuno di noi si è sempre portato dopo gli esami di maturità: ricordi, promesse, speranze. Dopo pochi mesi, però, perde di vista i suoi amici della III A. Gli resta solo Andrea, ma per poco: fino a quando non arriva anche per lui la cartolina per il servizio militare. Allora, Dadi racconta al padre regista la storia della sua classe e questi (Luciano Emmer) ci costruisce sopra un film.

 

Ugualmente bugiarda era stata la vita per le alunne di  Signori­nette, il film diretto da Luigi Zampa nel 1942. Tre di loro, in particolare, avevano fatto progetti ambiziosi sui banchi di scuo­la: avevano sognato successi nel canto, nella poesia, nei rapporti con gli uomini. Risultato? La prima muore precocemente, la seconda si intristisce, la terza si fidanza con un dentista.

 

Nel suo viaggio a ritroso, piovono delusioni anche per Dianne Cruise, la protagonista de Il compagno di scuola (Old Boyfriends) (1978) di Joan Tewkesbury. Psichiatra e con un matrimonio fallito alle spalle, la donna va da un posto all’altro degli States per ritrovare gli amori nati sui banchi di scuola e che le sembravano dovessero durare in eterno. Amaro viaggio: i giorni della spensie­ratezza sono tramontati per tutti (Jeff è diventato regista, Eric tarda a capire che anche per lui è definitivamente passato il tempo di fare il cascamorto con le donne, Lewis è morto in Viet­nam) e Dianne capisce che è meglio  lasciare che i ricordi restino ricordi e che non vadano a scolorire la realtà.

 

Fa bene, invece, Hans Schwarz, ebreo emigrato in America per sfuggire alla persecuzione nazista, a tornare in Germania dopo molti anni, giacché in tal modo – come ci racconta Jerry Schytz­berg nella trasposizione filmica del bel romanzo di Fred Uhlman  L’amico ritrovato (Reunion) (1989) – ha la possibilità di conosce­re tutta la verità sulla morte del suo amico Konradin von Hohen­fels, in un primo tempo nazista convinto  e poi giustiziato perché implicato nel complotto per uccidere Hitler.

 

Niente lacrime, ma solo amarezza tutta italiana in Compagni di scuola (1988) di Carlo Verdone. Un’intera classe, quindici anni dopo aver sostenuto gli esami di maturità, decide di ritrovarsi per passare insieme una serata in allegria. Abbracci, ricordi, battute di un tempo, scherzi; poi, la nostalgia e lo squallore. A quarant’anni non si può vivere con la spensieratezza dei ventenni; e anche la risata è un’altra.

 

Anche il goliardico party che, ne Gli amici di Peter (Peter’s Friends) (1992) di Kenneth Branagh, viene organizzato dal padrone della villa per ritrovare, dopo 12 anni, alcuni compagni universi­tari, si trasforma in una esplosione di crisi individuali e in un amaro capodanno, durante il quale cadono sulla testa di tutti la rivelazione del vero motivo dell’invito e la più amara delle notizie: Peter ha invitato i suoi amici perché, venuto a conoscen­za della sua sieropositività, aveva voglia di rivederli per l’ul­tima volta.

 

Diversa è, invece, l’amarezza del tempo passato nei ricordi dei docenti. Altre sensazioni la stemperano; come, per esempio, la consapevolezza di avere agito con coscienza, la gratitudine degli ex alunni, la constatazione di avere avuto un ruolo fondamentale nella formazione di un individuo e nella crescita della società.

La vecchia maestra, protagonista del film Echi di gioventù (Remem­ber the Day) (1941) di Henry King, ripercorre gli anni del suo insegnamento mentre attende di essere ricevuta da un suo ex alunno che ha fatto carriera e che è candidato alla presidenza degli Stati Uniti. Da giovane, lei era una bella donna e faceva innamo­rare di sè non solo i colleghi, ma anche i ragazzi. Ricordando quei giorni, ella rivive le lezioni di allora, gli sguardi elo­quenti che i suoi alunni (compreso il politico che tra poco do­vrebbe riceverla) le indirizzavano, la corte che le faceva il collega che sarebbe diventato suo marito,  il matrimonio, la prematura scomparsa del suo compagno, la vita fuggita via in un attimo.

 

Il tema della riconoscenza degli ex alunni è stato più volte trattato nel cinema, ma, se si deve pescare qualche nome nella galleria dei docenti amati, una citazione particolare spetta di diritto a Mr. Chips e a Miss Dove.

Il primo – sia in Addio Mr. Chips! (Goodbye Mr. Chips) (1939) di Sam Wood, che nella versione musicale Goodbye, Mr. Chips (1969) di Herbert Ross -, giunto ormai alla fine della sua esistenza, si abbandona ai ricordi, ripercorre la sua carriera di insegnante timido ma ligio al dovere e ha modo di constatare con soddisfazio­ne che la più bella ricompensa per il suo lavoro gli arriva dall’affetto dei suoi ex alunni.

 

La seconda, protagonista di Buongiorno Miss Dove! (Good Morning, Miss Dove) (1955) di Henry Koster, non può fare a meno di inorgo­glirsi e di commuoversi quando, ricoverata in ospedale, vede ai lati del lettino i suoi ex alunni che l’assistono a turno e sono ancora pieni di attenzione per lei.

 

Ma non tutti gli insegnanti si rassegnano ad avviarsi sul viale del tramonto.

Il protagonista di Madadayo – Il compleanno (Madadayo) (1993), un film tanto bello quanto poco conosciuto di Akira Kurosawa, è un vecchio docente che viene festeggiato dai suoi ex alunni. Durante la festa, come da usanza e per scaramanzia, gli alunni gli chiedo­no: “Sei pronto per lasciare questo mondo?” “Non ancora” (mada­dayo), risponde il vecchio; e solo quando perde il gatto che gli fa compagnia pensa seriamente alla morte.

 

Un anziano docente e un gatto sono anche i protagonisti di Harry e Tonto (Harry and Tonto) (1974) di Paul Mazursky. Vivono insieme da tempo senza scomodare nessuno ma, quando il proprietario della casa li sfratta, inizia per i due un’autentica odissea. Rifiutato dai figli, Harry è costretto a vagare da una casa all’altra e a chiudere malinconicamente la sua esistenza.

 

Scappa via di casa, invece, il professore protagonista di Compagna di viaggio (1996) di Peter Del Monte. Ha perso la memoria, o prende in giro la ragazza che, per incarico della figlia, si è improvvisata detective e lo segue da un capo all’altro dell’Ita­lia?

 

Un docente su tutti, però, emerge in questa ultima carrellata e, probabilmente, su tutti i film passati in rassegna. Ed è con lui che si vuol chiudere la galleria di nomi e di volti: si tratta di Isak Borg (nella splendida interpretazione di Victor Sjostrom), il professore di settantasei anni che, ne Il posto delle fragole (Smultronstallet) (1957) di Ingmar Bergman,

intraprende un viaggio per ricevere un’onorificenza. Il sogno premonitore del mattino, la discussione con la nuora che l’accom­pagna, gli incontri con una coppia in crisi e con tre giovani autostoppisti, la visita alla vecchissima madre, la sosta al “posto delle fragole” che gli evoca ricordi ed incubi, i festeg­giamenti, le sue riflessioni sulla vita e sulla morte meriterebbe­ro un’analisi più approfondita. Chi può rivedere il film o leggere la sceneggiatura (I. Bergman Quattro film, Einaudi) lo faccia; chi vive nella scuola si soffermi, soprattutto, sull’esame che il vecchio Borg sostiene in sogno, quando si addormenta nel giardino della sua gioventù. Bocciato per incompetenza professionale (lui che sta per essere insignito come luminare), accusato di indiffe­renza ed egoismo, condannato alla pena della solitudine, sembra chiedere pietà all’umanità intera e ripetere, con la saggezza di Socrate, di avere una sola certezza: sapere di non sapere.

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