Pubblichiamo l’intero opuscolo, curato dal prof. Cosimo Rodia e realizzato dall’Amministrazione Comunale di Lizzano (Ta), con i testi dei poeti intervenuti da ogni dove del Sud Italia, il 26 settembre 2025, per gridare l’opposizione alle violenze perpetuate a Gaza, specialmente quella sui bambini.

  

Nel NONDOVE la barbarie inabissa il Cuore

Poeti e coscienze per Gaza

Lizzano – Ta, 26 settembre 2025

 

 

Saluti

di Lucia PALOMBELLA

Sindaco di Lizzano

Cari lettori, la raccolta di versi che vi accingete a leggere è il risultato dell’impegno e della grande attenzione che il prof. Rodia riserva alle tematiche sociali più sentite del nostro tempo.

La poesia è uno dei mezzi più nobili per esprimere emozioni, pensieri, speranze che dovrebbero unirci come Comunità e parlo dell’unica Comunità possibile: quella fatta di persone, senza distinzione alcuna; persone che dovrebbero godere dello stesso inalienabile diritto alla vita, in ogni dove su questo nostro pianeta.

Eppure sembra esserci in questo nostro tempo un luogo a poche centinaia di km da noi in cui sopravvivere è diventata una scommessa quotidiana; a Gaza non basta sfuggire ai bombardamenti selvaggi e senza logica militare ma addirittura un popolo viene affamato ed è dichiaratamente vittima di una annunciata ed inumana strategia di sterminio.

Di fronte a una simile barbarie, siamo chiamati con ogni strumento ad esprimere una ferma condanna.

Con questi versi, i tanti poeti coinvolti, offrono uno sguardo intimo e profondo su questa orripilante realtà che sono certa contribuirà a risvegliare coscienze forse sopite e sempre più disabituate all’umanità.

Se il sapere e la conoscenza sono le chiavi della libertà, la poesia è la massima forma di espressione delle emozioni ed è proprio la condivisione di emozioni che può consentirci di guardare con umanità alla striscia di Gaza.

Alle ragazze e ai ragazzi auguro di far proprio e diffondere questo messaggio di attenzione verso il diritto alla vita: tutto ciò contribuirà a far crescere donne e uomini più consapevoli che l’umanità è proprio la parola chiave per uscire da quella barbarie che inabissa il cuore lì nel NONDOVE…

Con sincera gratitudine per la lodevole iniziativa e con il cuore colmo di speranza,

Il vostro Sindaco.

 

 

 Saluti

di Lucia CALÒ

Dirigente Scolastico dell’I.C. Manzoni di Lizzano (Ta)

Sono tempi bui, di barbarie, di tragedie umanitarie, di un genocidio spacciato per liberazione di un popolo e di fronte a tutto ciò non si può e non si deve restare indifferenti, silenti.

Con il reading Nel NONDOVE la barbarie inabissa il Cuore: Poesia da Gaza. Poeti e coscienze per Gaza si contribuisce a rompere il silenzio, il senso di impotenza e di annichilimento.

Dell’iniziativa ho apprezzato il desiderio di dare voce al dolore, alla speranza e alla dignità di un popolo ferito nel corpo e nell’anima, ma anche l’dea della poesia che diventa strumento di consapevolezza e impegno civile.

Come scuola – luogo della conoscenza, ma anche e soprattutto spazio in cui si formano le coscienze – non possiamo non sostenere tale iniziativa che narra, attraverso la poesia, l’orrore della perdita di umanità e la tragedia di un popolo schiacciato, non da ora, da logiche aberranti.

Noi, scuola che R1pud1a la guerra, partecipiamo con i nostri alunni e le nostre alunne all’iniziativa perché crediamo fermamente nell’importanza dell’educazione alla pace, al rispetto, alla solidarietà, al rifiuto di ogni forma di violenza e sopraffazione e riconosciamo il valore dell’impegno attivo e consapevole. Lavoriamo e continueremo a lavorare affinché i ragazzi e le ragazze imparino a riconoscere il male e le sue radici e a combatterlo attivamente, con la forza del pensiero, della parola e dell’azione.

Siamo fermamente convinti che sia necessario comprendere e non voltarsi altrove perché non può diventare normale che un bambino sia privato della sua infanzia, che una madre sia costretta a piangere un figlio, che un popolo sia privato della terra dei suoi avi e della propria identità.

L’educazione alla pace, al rispetto, all’uguaglianza resta il più efficace argine contro le derive dell’odio e dell’intolleranza, contro una violenza inaudita e inenarrabile che pensavamo di avere relegato nei libri di scuola e che oggi prepotentemente è riaffiorata, tra l’indifferenza e il cinismo di molti.

Che la scuola, la poesia e la memoria restino fiaccole accese in questi tempi bu

 

 

 Presentazione

di Cosimo RODIA

Direttore di Interzona news

 Il reading itinerante Nel NONDOVE la barbarie inabissa il Cuore: Poesia da Gaza. Poeti e Coscienze per Gaza, organizzato dalla casa editrice Milella e ideato dal prof. Carlo Alberto Augieri, è stato voluto per restituire eticità alla parola poetica, in un tempo tragico in cui le organizzazioni internazionali e i Media divulgano l’atrocità del disumano su civili e, principalmente, sui bambini.

Col sopravanzare della civiltà dell’opinione (De Rita) in cui ogni forma d’identità sembra superata o addirittura polverizzata, la poesia non può non avere risvolto morale. Quando trionfa il bellicismo, l’interesse economico, le minoranze bistrattate, l’ambiente svenduto, il poeta non può stare a guardare. Quando la casa brucia, egli non può rimanere isolato nella sua torre d’avorio. La coscienza ci inchioda alla responsabilità in quanto uomini. Ha scritto Claudio Magris in Danubio: «Quando la realtà sta venendo cancellata con la violenza, pensarla diventa un atto di Fede. Ma tutta la realtà, in ogni istante viene cancellata, anche se per fortuna non sempre con la sanguinosa scenografia delle bombe al fosforo».

La poesia non può allontanarsi dalla società e dalla storia, perché la storia è fatta dagli uomini e la poesia è un’operazione portata sull’uomo. Il problema è che rotoliamo verso un sordido pragmatismo,  diventiamo nel tempo breve soggetti in trasformazione, mitizzando fatti e persone sul modello televisivo; ora il poeta (l’uomo di penna e di pensiero) ha la responsabilità di opporsi al degrado morale del mondo; Paul Ricoeur diceva che non vi è peggior colpevole agli occhi dell’etica di colui che, destinato per talento e vocazione ad educare gli uomini ai principi più nobili, si compiace di alienarli, tradendo così non solo il proprio dovere ma la stessa buona fede di chi ingenuamente lo legge ad esempio da seguire.

E benché il poeta non abbia la capacità di cambiare il mondo, almeno potrebbe evitare che il mondo si disfaccia (Cfr. A. Camus, L’uomo in rivolta, 1990); così, è necessario porsi il problema di custodire il mondo, di garantire l’equilibrio, assicurando la sopravvivenza dell’uomo.

Ecco la ragione della totale adesione al progetto della casa editrice Milella, di un reading itinerante da concludersi a Santa Maria di Leuca, per redigere e sottoscrivere un documento di piena opposizione alla guerra, tradotto poi in arabo e inglese e inviato ad ambasciate e organi di stampa.

Forse le nostre voci non arriveranno a chi soffre realmente, ma almeno rompiamo il silenzio, esprimendo pubblicamente la solidarietà umana senza tentennamenti per chi soffre, seminando dei piccoli gesti educativi volti al rispetto, alla solidarietà e all’inclusione, aborrendo ogni forma di violenza e specialmente quella perpetuata sui bambini.

Ringrazio tutti coloro che hanno permesso la realizzazione della V° tappa di civiltà e di umanità: Lucia Palombella, Sindaco di Lizzano, Lucia Calò, DS dell’Istituto “A. Manzoni”, il suo Dipartimento di lettera (proff. Annamaria Saracino, Rita Castronovo, Tina Greco, Cristina Lupoli, Alberto Dati), la editrice Milella nella figura di Emanuele Augieri, l’infaticabile prof. Carlo A. Augieri, le famiglie e gli studenti della scuola secondaria, tutti i poeti partecipanti, solerti alla chiamata. A tutti sono grato.

Che sia la nostra manifestazione una semina di Umanità.

 

 

Carlo Alberto AUGIERI

già Ordinario di Critica ed ermeneutica del testo presso l’Università del Salento è un riferimento nell’ambito della critica letteraria italiana. È autore di numerose sillogi poetiche. 

 

Sono là… con le Dee materne

Madri arabe, nostre Dee materne,

abbracciano il dolore nel pianto

lacrimano parole vive inscritte

nei gesti che chiamano … / le braccia tese e

abbracciano e ritrovano ognuna sé nel volto

il pianto vi è fiume, il grido vi è graffio di suono e

nell’animo il cielo che romba/ e tuona nel disazzurro aereo

in stormo intelligente e/ barbaro …

piangono sbracciano inchinano

il grembo nel non sapere a Chi/ chiedere e guardano

carezzano il telo bianco da dove/ per mano riprendono

il figlio cullato abbracciato atteso

nella Forma, la toccano, carezzano, polpano

ritrovano/ il ritrarsi, là il fumo di macerie

intenso incenso in sacrificio

nel pianto e scorre nel solco dei seni …

poi il sudario ripreso è sul carretto

con l’asino in attesa, s’incammina

riviene l’andata in Egitto,

si ritorna nella terra dove i nonni e i nonni

dormono nella/ ninna nanna del vento,

i bambini tacciono, dormono magri.

Il pianto può asciugare e nel cuore

l’aurora predice/ presto per noi la venuta,

c’era una volta una pace/ e la pace scorrerà nel

deserto, per tappeto/ fiori cosparsi da mani

materne del cielo a/ invocare l’azzurro rivolto,

predice parla scuote/ umanizza le dune,

le tombe carezzate dal tempo/ nel vento … nell’avvento

di solo vento e sabbia in/ volo per l’aridità perenne

così … fino al prossimo giorno.

 

 

Alessandro CANNAVALE

Barese d’origine, risiede a Lecce ed è professore associato al Politecnico di Bari. Scrive per alcuni quotidiani, tra cui “Il Fatto Quotidiano”. Ha costituito il gruppo “Prossimità poetiche” e scrive poesie tendenzialmente civili.

 

Ho pianto per Gaza un mattino

per il vento che fa vorticare la sabbia

nella pancia di un piatto vuoto.

Ho pianto per la fame di un bambino

per l’aria gonfia di pianto e di spine.

Dicono che tornano bianche le colombe

dopo che passano gli aerei

prima di disfarsi, come nuvole qualsiasi.

Ho pianto perché torno e ritorno all’immagine di Amir che bacia

quella mano, prima di morire.

Diteci almeno fino a che punto

siete capaci di tollerare l’orrore.

Ho pianto per Gaza un mattino

per quel bambino

che ha baciato la mano alla morte.

 

 

Luca CRASTOLLA

è nato e risiede a Fasano (Br). Laureato in Scienze dell’educazione, coordina una struttura residenziale psichiatrica. Ha pubblicato diverse sillogi poetiche ed è presente su riviste online e su quella greca Extirion con traduzione a cura del poeta Sotirios Pastakas.

 

si vorrebbe neppure tornassero, Sulamith

al morbido arco d’ombra del fico, alla terra

dopo la mitraglia, dopo il genocidio

dopo i carri di fuoco manovrati dai topi

Alla terra che generò i petali del sumud

ridotta a striscia di rabbia e oggi rivalutata:

da regalìa a nuova frontiera per i mandriani

immobile da occupare. Ci sono al mondo

-fai un salto- ci sono nello stesso giardino

i senza fissa dimora e i senza fissa morale.

Con i primi il bastone, ai secondi la scacchiera.

Contro i primi le forze dell’ordine, ai secondi

l’ordine e il bestiario della forza. Fanne un altro:

ai primi i loculi d’aria; corona degli ariani ai secondi.

Ora fai una giravolta: che qui gli ultimi davvero

diventarono i primi. Cani nella neve dimenticando

La morte, piccola Sulamith, era un maestro di Germania

piccola Sulamith regina delle api. Di bellezza assira

 

Note:

Il riferimento a Sulamith – sposa nel Cantico dei Cantici, ovvero di quella che originariamente è una raccolta di poemi d’amore dell’area mesopotamica – e il penultimo verso citano Fuga di morte di Paul Celan. Carro di fuoco, si traduce in ebraico con “Merkavah”. Nel libro di Ezechiele, si trascrive una visione del profeta e si cita il Merkavah, ovvero un carro divino trainato da creature celestiali chiamate, ognuna con quattro ali e quattro volti (uomo, leone, aquila, bue). Questa visione è interpretata come una manifestazione della gloria di Dio e del suo potere. Ma Merkavah è anche il nome che l’esercito israeliano ha scelto per i propri carri armati. In parte della sua struttura, la poesia richiama una filastrocca tradizionale italiana “La bella Lavanderina” (La bella lavandaia che lava i fazzoletti / Per i poveretti della città. / Fai un salto,/ fanne un altro, / fa’ la giravolta,/ falla un’altra volta./ Tirati i capelli. / Suona le campane./Guarda in su, / guarda in giù, / dai un bacio a chi vuoi tu!).

 

 

Marilena CATALDINI

È avvocato e scrive poesie. Tra le ultime pubblicazioni ricordiamo: Il Forte Bionda, Spagine 2020; Armidia Modoni, ovvero La Viola, Macabor, 2024; coautrice di Verso Sud – Salento d’acqua e di terra rossa, Anima Mundi, 2008.

 

Per Gaza (agosto 2025)

Io mi accuso./ Mi accuso per la mia normalità

che è elezione di cura, una sorta

di toccasana sociale dove ha luogo la regola.

Mi accuso/ per i pasti quotidiani consacrati al sapore,

le ripetute architetture di zucchero

dentro cui seppellire la levità di un tormento.

Mi accuso per il mio ben pensare

sui conflitti civili, il nodo scorsoio alla libertà,

il peso ontologico alla determinazione.

Si arena sull’estremo margine

tutto quello che non ha valore: alberi,

uccelli ed acque, del cielo e anche del mare,

il sottosuolo con le sue memorie.

Di sicuro non avranno il giusto gli animali,

né le persone pietas, e mi accuso per questo.

Niente peso alla voce, nessun coraggio al gesto.

E mi accuso, perché non sono io che muoio

quando, chi non ha nome, muore

ed è ucciso o affamato,

consegnato all’ignoto, avvinto al lamento.

Io, appena appena, scrivo

allineando una serie di parole

che non hanno magia, che non salvano vite

e mi accuso per questo.

Io, appena appena, mi sforzo di immaginare

nuove calligrafie per riscrivere forti le storie,

le logiche non solo in bianco e nero

le luminose giustizie d’altro tempo.

 

 

Maria CURATOLO

È animatrice culturale di Corigliano-Rossano; ha pubblicato diversi libri di poesia ed è redattrice della rivista letteraria “La Vallisa”.

 

Gaza all’alba

Gaza all’alba affoga

tra fuoco e cenere

arriva l’odore pungente

arriva e ferma il battito

 

è dolore irrespirabile

è luce che acceca.

 

Grida l’universo

Grida e implora PACE.

 

 

Francesco D’ANGIÒ

è nato a San Vitaliano, in provincia di Napoli e risiede a Matera da diverso tempo.

Ha pubblicato tre libri di narrativa dal 1997 al 2022 e tre raccolte di versi dal 2020 al 2024.

 

Quieta penombra

Quieta penombra,

quieta saliera priva di sale,

le zigrinature di una sedia

danno conforto all’andatura

di uno spettro.

Si usa così nei giorni di magra

quando la donna curva

per il peso delle speranze vergini

veglia il viso di un uomo

e l’abbraccio di un figlio,

mai deflagrate le mani

in un corpo unico.

Alcuni cercano il proiettile

che li colpirà,

lo scrutano nell’aria

si appostano ricambiati,

ricevono la pazzia nella comprensione

di uno sputo,

passano il tempo

afferrando per i capelli

il sorriso dei muti, che sono

in tanti a dirti salvati

dopo averti ucciso.

 

 

Luisa DI FRANCESCO

È nato a Taranto dove vive, già docente, è presente sull’enciclopedia di WikiPoesia, nella Mappa Mondiale dei Poeti, su Alessandria Today.  Ha all’attivo cinque libri di poesie. 

 

Anime bianche

Tra echi di quiete nel mezzo del fango

scarni passaggi coperti di affanno.

Tra campi di ossa frantumi di lotta

giovani arbusti di vita distrutta.

Tra fiori spuntati su marmi divelti

fili di erba di sangue schiarita

ove s’espande linfa svanita.

Lacrime di pietra in giovani madri

piegate, sui corpi di figli. Mai nati.

Il silenzio annuncia l’orrore

del suono chiamato dolore.

 

Grido straziato di vinti innocenti.

Anime bianche, di puro lucenti.

 

 

Giovanni DI LENA

È nato a Pisticci (Mt) dove vive. Ha pubblicato diverse raccolte poetiche con predisposizione alla poesia civile. È attivo in associazioni culturali territoriali.

 

Settimana Santa 

Sangue Sangue Sangue

ancora bombe nelle terre devastate

e terrore negli occhi senza luce.

 

Alla vana attesa di tregue

e compromessi oltraggiosi

la Colomba non ha resistito e

stramazzata giace al suolo.

 

Tra gli Ulivi in fiamme

Cristo è di nuovo solo!

 

 

Rita GRECO

È nata a Mesagne (Br) dove vive; è attrice diplomata presso la Scuola d’arte drammatica della Puglia “Talìa”; è animatrice culturale e ha scritto sillogi poetiche.

 

Superstiti

Se l’uomo è polvere

uomini sono quelli

che attraversano la pianura.

(Apparizione, Octavio Paz)

 

Avevamo appena l’essenziale

qualche cencio, un tozzo di pane

le povere cose annodate sulla schiena

i nostri corpi a fare scudo ai corpi dei bambini;

 

avevamo appena l’essenziale

l’aria che a tratti smetteva di tuonare

il nodo del sole sciolto all’orizzonte

un fiore sorto in mezzo allo sfacelo;

 

avevamo appena l’essenziale

ancora un respiro, sangue vivo

un seme da piantare

ancora credere, sperare;

 

avevamo appena l’essenziale

superstiti sul bordo della terra da ricominciare –

e invece volammo con la cenere

e invece fummo polvere:

e la terra ricominciammo dalla polvere.

 

 

Leo LUCERI

È nato a Martano (Le) ed ha trascorso buona parte della sua vita lavorando e studiando all’estero. Nella sua poesia è presente il suo Salento, metafora dell’amata Spagna e del Mediterraneo.

 

Non ritrovo la strada/ dovrebbe essere questa/ due incroci dopo la scuola a sinistra/ La casa era qui te lo giuro/ tra la vetrina del parrucchiere/ e il negozio del pane/ Aveva una porta azzurra/ con la mano di Fatima per bussare

La mamma mi diceva sempre/ – bussa piano papà deve riposare -/ Io non volevo svegliarlo/ allora le chiedevo/ di lasciare la/ porta socchiusa

Poi è arrivato il grande rumore/ Quello che non passa più/ Quello che porta il buio per sempre

Papà dormiva/ La mamma in cucina/ aveva Haidar tra le braccia/ Aveva lasciato l’uscio socchiuso/ come ogni giorno perché non disturbassi/ Io spinsi lentamente la porta

La mia vita era qui te lo giuro

 

In griko

‘En vrisko plèo tin stra’/ tùi enn’àne/ dìo ‘nkròciu dopu ‘i skola stin mancìna/ To spiti ìstike ettù, ste lèo jalìssia/ amès tin vetrìna tu parrukkièri/ ce to furno/ Vàsta mìa porta azzùrra/ m’in chera tis Fàtima na tutsèfsi

E mana mu èle panta/ – tùtsa satìa ka o ciùri-su ènna plosi – / Evò ‘en ìtela na to ‘ssunnìso/ ja tùo tis jùrona/ na ‘fiki tin porta skarassài

Depòi èftase o mèa derràsso/ Cìo pu ‘en diavènni mai/ Cìo pu ferni to skotinò ja panta

O ciùri èplonne/ E mana ìstike stin kucìna/ m’on Haidar stu vrachiònu/ Ìche afìkonta ‘in porta skarassài/ kundu kài meri/ na min doko fastìddio/ Evò àmposa satìa satìa tin porta

E zoì-mmu ìane ettù, ste lèo jalìssia.

 

 

Dante MAFFIA

Ha scritto centinaia di libri tra poesia, romanzi e critica letteraria. Ha fondato riviste culturali e collabora con la rubrica dei libri di RAI e Radio 2; scrive su quotidiani nazionali; è tradotto in numerose lingue. La regione Calabria l’ha già candidato al Nobel per la letteratura.

 

A Gaza

A Gaza anche la luna piange,

e piange il mio mare,

anche la ginestra appena fiorita.

 

Tu, Presidente, ancora

non hai le ali, non hai gli occhi,

sei appena un lembo marcio di cielo.

l’ombra d’una menzogna.

 

Basta, basta, basta!

Se muoiono i bambini

il cielo s’oscura,

si ferma il divenire,

si fa buia anche la Parola.

 

E poi, lo sai,

la vendetta non è guerra,

ma condanna che puzza di razzismo.

 

 

Grazia MAREMONTI

È cantante ed autrice di testi musicali. Laureata in Lettere moderne lavora nell’ambito dei beni culturali. Ha scritto sillogi poetiche dal tono lirico civile.

 

Guardando Gaza

È fattore umano

questo odio che gronda

che sovrasta

e ingoia i corpi

Una ingordigia di male masticato sotto ossa

Una festa coi paramenti domenicali

dove ci sentiamo tutti assolti

C’è un gusto blasfemo che indugia

sul sangue

Lo gusta a tutte le ore

Abituati all’odore

pungente

acre

come un frutto andato a male

che non scioglie le lingue dal silenzio

Ci intingiamo dentro le dita

mentre spezziamo il pane a tavola

Mentre diciamo

Amen

scambiandoci un segno di pace.

 

 

Giorgia MASTROPASQUA

È redattrice della rivista “Il Caffè”. Collabora con “L’Unità” ed altri quotidiani. Suoi componimenti sono apparsi su “Ellin Selae”, “Suite Italiana” e “Pastiche”. Il suo ultimo di poesia è “Al mondo vuoto”.

 

E morire vicino. Cercare.

L’aspirazione a tenerti la mano

 

fino a settembre, nella pioggia/ la promessa dell’iris in fiore

rinnoverà la tua semenza/ di ghirlanda e di catena

 

Oggi il fortino del mare

lambisce la tua sete

lo stradario della polvere/ si manda a memoria.

 

Cuore del mio cuore! Dal giardino beato

dita celesti leggeranno il profilo

dell’unica gente/ e di un solo nido.

*

L’ipocondria funziona così:

 

un dolore allo sterno è crepacuore

se per amore lo hai tenuto in collo

 

e quando guidi dentro il temporale

per ogni arresto inventi lo schianto

 

lo sai, quest’ansia non è ancella

di una vita vissuta al riparo

 

ma il conflitto ti sorprende madre

di ogni creatura rapita al domani

 

umanità, resta sorda al colpo.

potessi curarla col tuo guasto.

 

 

Anna Rita MERICO

attualmente vive in Salento. Ha all’attivo diverse sillogi poetiche, ultimissime pubblicazioni: Gradiva, International Journal of Italian Poetry su Carla Lonzi; Metaphorica, Semestrale di Poesia Edmond Jabès.

 

Vedere il colpo di Abramo

Ho difficoltà a vedere questo inizio. Un fatto mi ha catapultata verso un occidenteorientale a me poco/ chiaro seppure Mediterraneo. 16-18 settembre 1982, periferia di Beirut: milizie cristiano falangiste/ entrano nei campi profughi palestinesi di Sabra e Chatila./ Che ognuno indichi un inizio preciso per sé./ Che ognuno indichi, per sé, quel millesimale momento in cui s’apre il proprio occhio sulla Palestina./ Inizia lì, per me, quel gioco di “saltacavalletta”[1]che abissa significato e obbliga ad un affondo nel ventre dell’origine della parola./ Lì, in un non-tempo e in un non-luogo, spalmati nella memoria, inizia quel Valzer con Bashir[2] ancora oggi non ultimato./ Lì il salto feroce nell’estraneità di una lingua, la mia, di colpo incapace di dire/ lì il bianco della morte il rosso del segreto il nero dell’abisso / lì il mistero avvolto nel corpo della scrittura / lì il segreto della storia muta di una rivoluzione/ lì il perdersi in pieno giorno/ lì l’onda di un duraturo impensabile fiotta l’osceno e la perdita/ lì continua nakba da arteria di insulsa impazzita di realtà/ lì ancora rimbomba il cratere di parole menzognere in cui oggi avvoltoliamo marce ragion di stato … non ebrei hanno massacrato non ebrei, che cosa c’entriamo noi?[3]/ lì   oggi   le monetine della pace messe sugli occhi dell’umanità

 

 

Roberta POSITANO

È donna del Sud, avvocato che ama la poesia, cerca equilibri e mediazioni e odia la guerra. Ha pubblicato libri di poesia, narrativa e haiku.

 

In una valigia

il grido soffocato

di bambini

che sanno

di non avere

un domani.

*

Occhi chiusi

orecchie tappate

lingue tagliate

mentre il sangue

si mescola alla terra

per costruire

un nuovo capitolo

di storia.

 

 

Cosimo RODIA

Ha all’attivo diverse dozzine di pubblicazioni tra saggi, articoli scientifici, racconti e sillogi poetiche. È redattore della rivista scientifica “PAGINE GIOVANI” e di quella letteraria “LA VALLISA”. Ha fondato e dirige portale di letteratura ed arte: INTERZONA NEWS.

 

Preghiera per i bambini di Gaza

Continua la ragion di Stato a barattare i respiri

e difendere le case abusive, fermando anche il carico di pane

maledetto, mentre la fame lacera le pance vuote: Tanti volti

di pietà distillano le forze per una scodella di riso!

 

Siamo allineati tutti sotto la croce spettatori passivi

di fronte agli Erode sordi allo strazio di corpi sepolti;

poi di tanto in tanto appaiono due occhi

smarriti che cercano la madre dai seni rinsecchiti.

 

O Dio, ascolta i pianti degli innocenti? Come consegnerai

loro il regno dei cieli dopo tanto martirio?

Il cuore duro dei farisei crede che un fazzoletto di terra

valga più di un sorriso o di una stretta di mano.

 

Quanti sono i peccatori dalle mani scarlatte?

 

Signore fa che i cani selvatici non abusino ancora

degli agnelli innocenti e venga l’alba del perdono

e della riconciliazione.  Sarà pure possibile dopo tanti lutti!

 

Preservaci dal male Signore!  Il mondo è un imbuto

in questo odore ferroso di sangue infantile.

 

E continuano a scorrere le immagini feroci sullo schermo

mentre sono seduto su questo divano di spine!

 

 

Andrea SIANO

È nato a Mesagne (BR) nel 1997 ed è compositore, pianista e performer, dopo gli studi accademici al Conservatorio “N. Piccinni” di Bari e all’Accademia Nazionale Santa Cecilia di Roma. Le sue esperienze spaziano dalla poesia, alla musica elettronica, allo sperimentalismo.

 

Madres. Storie di donne ed altri fantasmi[4]

Orrido, i corpi ardono

folgore il tuono

si spacca il suolo al suono,

nel profondo frano

di corpi, viscere pregne

di figli e madri orfano

colti in aureo velluto.

Puntuale nefasto messaggero

il vento consegna

le grida strazianti del profeta caduto.

 

Culle già tombe

senza né sudari né fasce

giacciono su terre brulle.

I fischi sordi delle bombe

scavano l’avello nella pietra.

Squilli di trombe,

ululano sirene, nell’aria

romba una voce,

il profeta canta

una triste elegia.

 

 

Simona VOLPE

È nata a Molfetta il 2 giugno del 1973 ed è residente a Martina Franca; è laureata in Giurisprudenza e scrive poesie; con Bertoni ha pubblicato tre raccolte poetiche e dello stesso editore, dal gennaio 2024 dirige la collana “Poesia Mundi”.

 

Io sono Sumaya

Io sono Sumaya.

Ho sette anni — forse otto.

Volevo

essere una nuvola. Invece sono

diventata silenzio. Ho visto il cielo

bruciare

Ho visto la mamma con

le mani tremanti

spingermi sotto il letto

come si spinge un fiore

dentro la terra, per salvarlo dal gelo.

“Mamma, cos’è la guerra?”

“È quando gli uomini dimenticano di essere figli.” mi ha

detto guardando lontano./ Io non dimentico, ricordo tutto

soprattutto di notte:/ la voce del mio fratellino e

le sue dita che avevano imparato

a disegnare il sole anche senza colori. Ora lui

dorme, ma non come prima.

Dorme come un seme, dentro la terra.

Com’è possibile che chi semina fuoco pensi

di raccogliere pace?

Com’è possibile che l’uomo — l’uomo! — ha

fatto del cielo un posto che cade?/ E tu non dirmi: non puoi capire. Non

dirmi: è complicato!/ Anche se sono una bambina di 7

anni — forse otto/ che guarda in alto e non vede più nessun

Dio./ Mi chiamo Sumaya ho

gli occhi spalancati/ non sanno più chiudersi Sogno la

pace

come si sogna la mamma che torna col

pane e il cuore ancora intero.

 

 

Giuseppe ZILLI

è nato a San Donato di Lecce, dove vive e lavora. Pittore e scultore da sempre, ha partecipato a numerose mostre sul territorio nazionale e alla 54^ Biennale di Venezia. Da alcuni anni pubblica poesie.

 

e cadono come diamanti

sbagliati, inceneriscono il buio,

imbiancano cieli assopiti

la paura apre le finestre

dell’impossibile. il dolore

unisce chi rimane, chi da nuvole

di polvere riesce

ancora

a vedere il silenzio di un tempo,

quel tempo negato,

quel tempo che ha il sapore acre del terrore.

quel tempo che non appartiene,

che accarezza il vissuto,

quel tempo di ipocrisie,

quel tempo senza compromessi,

quel tempo,

proprio quel tempo

diseredato, infranto, che taglia

il fiato, perché è la guerra,

quel tempo che richiama il nostro essere uomini,

e non importa dove siamo, se accarezza

riccioli di detriti e li fa volare

come coriandoli.

quel tempo impazzito, incapace

di accontentare, accontentarsi,

che scavalca sudari, li mette in fila

e non c’è calcolatrice che può contarli

perché nessun uomo è un numero.

 

 

 

 

[1] Gioco menzionato da Jean Genet (1910-1986) tra le strade del Campo profughi di Sabra e Shatila a nord di Beirut, da questa visita, condivisa con la giornalista palestinese Leila Shahid, nascerà il testo Quattro ore a Shatila

[2] Valzer con Bashir del regista Ari Folman, film del 2008

[3] Menahem Begin (Premio Nobel per la Pace, 1978; nel 1982 ordina invasione del Libano) al Knesset, Parlamento israeliano, dopo gli avvenimenti di Sabra e Chatila

[4] Due decine da Madres. Storie di donne ed altri fantasmi, Hobos edizioni.

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